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Ddl concorrenza, Mattarella promulga ma richiama governo e Camere: “La proroga delle concessioni per gli ambulanti va contro il diritto Ue e la Carta”

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a richiamare il governo e i presidenti delle Camere. A poco meno di un anno dalla durissima lettera inviata dopo la ratifica del Milleproroghe 2022, il capo dello Stato ha promulgato la legge annuale sulla concorrenza 2022 ma ha accompagnato la firma con una missiva di osservazioni spedita all’indirizzo della premier Giorgia Meloni, del presidente del Senato Ignazio La Russa e del presidente della Camera Lorenzo Fontana nella quale sottolinea “profili di contrasto con il diritto europeo” e rileva come siano “indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento”. Stavolta nel mirino c’è la deroga alle gare per le concessioni degli ambulanti: l’articolo 11 della legge dispone infatti che l’assegnazione avvenga attraverso procedure selettive, ma subito dopo conferma, per quelle in essere e per le quali “le procedure di rinnovo non siano ancora state concluse per qualsiasi causa”, il rinnovo per 12 anni già previsto dal decreto Rilancio del 2020.

“Suscitano rilevanti perplessità di ordine costituzionale le disposizioni che intervengono sulle concessioni in essere e ne dispongono proroghe a vario titolo” contenute nell’articolo 11 della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022. Perplessità “analoghe“, ricorda Mattarella, a quelle relative alla disciplina “delle concessioni demaniali marittime, introdotta con la legge di conversione” del decreto milleproroghe del 2022, “oggetto di una mia precedente lettera del 24 febbraio 2023, inviata ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio dei ministri, ove evidenziavo i profili di contrasto di quella disciplina con il diritto europeo e, quindi, con il dettato costituzionale”.

“Il contesto che viene a determinarsi”, rimarca il capo dello Stato, “presenta caratteristiche molto simili a quello oggetto della mia lettera del 24 febbraio scorso. I profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo, determinando la necessità di garantire la certezza del diritto e l’uniforme interpretazione della legge da parte di tutti i soggetti coinvolti. Così come ho osservato riguardo alla vicenda delle concessioni demaniali, ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento“.

“Mi è stata sottoposta per la promulgazione la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 – scrive il Presidente in premessa -. Il provvedimento rappresenta uno dei traguardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da conseguire entro il quarto trimestre del 2023 e pertanto, al fine di adempiere all’impegno assunto in sede europea, è necessario procedere con sollecitudine alla promulgazione. Ritengo, tuttavia, doveroso richiamare l’attenzione del Governo e del Parlamento sull’articolo 11 della legge, in materia di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche, che, oltre a disciplinare le modalità di rilascio delle nuove concessioni, introduce l’ennesima proroga automatica delle concessioni in essere, per un periodo estremamente lungo, in modo che appare incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di apertura al mercato dei servizi”. Secondo il Capo dello Stato, “inoltre, i criteri generali per il rilascio di nuove concessioni, secondo quanto affermato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, appaiono restrittivi della concorrenza in entrata e favoriscono, in contrasto con le regole europee, i concessionari uscenti“.

La disciplina del commercio su aree pubbliche, “come affermato anche dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 291 del 2012, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (cd. “direttiva servizi”). La direttiva è autoapplicativa, con la conseguente necessità della disapplicazione delle norme interne incompatibili, con l’obbligo di una procedura di selezione “qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”, escludendo procedure di rinnovo automatico. La necessità di disapplicare le norme interne in contrasto con tale obbligo è stata ribadita di recente, con riferimento alla disciplina delle concessioni demaniali marittime, dal TAR Lazio, con sentenza n. 19051 del 15 dicembre 2023, e dalla Corte di Giustizia, con sentenza del 20 aprile 2023.

Mattarella ricorda che “l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rispetto alla proroga disposta dal decreto legge n. 34 del 2020, aveva già rilevato, nel parere del 15 febbraio 2021, l’incompatibilità con la direttiva servizi, invitando i Comuni a disapplicare le norme di legge. Appare paradigmatica la vicenda del Comune di Roma che ha, quindi, proceduto a disapplicare il citato comma 4-bis e ha avviato le procedure per la messa a gara delle concessioni. Il Consiglio di Stato ha affermato la legittimità della disapplicazione da parte del Comune di Roma di tale disposizione interna, in quanto incompatibile con la direttiva servizi” confermando la sentenza di primo grado che aveva indicato per il commercio su aree pubbliche e per le concessioni del demanio marittimo il limite massimo del 31 dicembre 2023, raggiunto il quale le concessioni cesseranno di produrre effetti, “nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E. e fermo restando che, nelle more, l’amministrazione ha il potere/dovere di avviare le procedure finalizzate all’assegnazione della concessione” (Tar Lazio, sentenza n. 530/2022)”. La proroga di dodici anni prevista dalla legge sulla concorrenza “appare, alla luce di questi orientamenti giurisprudenziali, eccessiva e sproporzionata. Va rilevata inoltre l’incongruenza di prevedere una proroga automatica di durata superiore (12 anni) a quella delle nuove concessioni (10 anni)”.