Il 20 dicembre scorso, con l’approvazione di un emendamento inserito all’interno del bilancio di previsione 2024, il Consiglio Regionale dell’Umbria ha modificato il Testo unico regionale delle foreste (L.R. 28/2001) precisando che nel caso di sentieri, mulattiere, viali parafuoco e piste di esbosco e di servizio ai boschi e pascoli, il divieto di circolazione sussiste solo in presenza di appositi cartelli indicanti il divieto di transito.
Per il firmatario dell’emendamento, il consigliere della Lega Manuela Puletti, «Le montagne e le colline umbre diventano libere di essere vissute, ovviamente nel rispetto dell’ambiente e delle normative vigenti. Finalmente verranno meno le incertezze che hanno portato a ingiuste sanzioni nei confronti di cacciatori, cercatori di funghi e appassionati di motocross»; l’intervento legislativo va a modificare una normativa «che limitava fortemente le potenzialità delle nostre montagne e colline».
Evidentemente prima non c’era libertà, ora invece sì: non a caso la stessa Federazione Motociclistica Italiana (FMI) non concorda sull’idea che la montagna sia realmente godibile solo a chi la scopre a piedi, propugnando il cosiddetto “escursionismo motorizzato”.
In realtà il passaggio dei mezzi motorizzati sui sentieri, nonostante l’esistenza di regole locali e nazionali che prevedono precise limitazioni, è già consuetudine soprattutto in Appennino ma anche sulle Alpi; sono infatti tanti i contravventori che approfittano della carenza di controlli e dell’anonimato che per le moto viene garantito dai caschi e dall’assenza di contrassegni di riconoscimento.
Nella sola Umbria si contano 444 sentieri gestiti dalle sezioni locali del Club Alpino, per un totale di oltre 3600 km, ai quali si devono aggiungere altre migliaia di km di tracciati montani di servizio; considerando che la voce di bilancio prevede un impegno economico di 10mila euro all’anno per tre anni, di fatto i cartelli saranno talmente pochi che il divieto di accesso sarà pressoché inesistente. A livello nazionale, i “sentieri CAI” assommano a 65.000 km mentre l’intera rete sentieristica e le aree fuoristrada si stimano in circa 110.000 km.
Nel 2021 un decreto nazionale di applicazione del Testo Unico delle foreste equiparava le norme di tutela della viabilità agro-silvo-pastorale (VASP) a quelle del bosco, vietandone il traffico ordinario non autorizzato sia sulla proprietà privata che sui terreni demaniali. La contrarietà del FMI ha costretto il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ad emettere un comunicato stampa per precisare che la competenza primaria in materia spetta alle regioni; per l’eterna legge dello scaricabarile la Regione Lombardia ha addirittura rimarcato che “la legge lombarda prevede che il transito sulle strade agro-silvo-pastorali sia disciplinato da regolamenti comunali”, salvo poi – con un emendamento a novembre 2022 – equiparare sentieri e mulattiere alla VASP, anche in questo caso per mano di due consiglieri della Lega che in un’intervista parlano di “boschi della droga”, «i Comuni potranno così trasformare le ‘strade del degrado’ in percorsi per e-bike, monopattini off-road, motorini o moto fuoristrada, allontanando i ragazzi dalle cattive tentazioni».
Che la deriva intrapresa da diverse amministrazioni locali sia questa appare evidente. In Veneto un testo presentato lo scorso settembre da nove consiglieri della Lega ha ampliato il numero delle categorie alle quali è possibile concedere deroghe al divieto di circolazione sulla VASP, estendendolo a “soggetti privati gestori della fauna selvatica, conduttori di cani da recupero, soggetti per il contenimento di specie invasive”; di fatto, si tratta per lo più di cacciatori. Nella provincia di Chieti in Abruzzo, dal 5 al 7 gennaio 2024, nel cuore del Parco Nazionale della Majella, è previsto un motoraduno alla sua prima edizione, “un equilibrio perfetto tra avventura e comodità, per un’esperienza piacevole e senza pensieri”.
Alcuni territori hanno schizofrenicamente scelto come propria vocazione sia quella di promozione turistica per gli appassionati di motori – pensiamo alle valli bergamasche, all’Oltrepò pavese o all’Appennino toscoromagnolo, ora anche l’Umbria – che quella di attrazione per il cosiddetto “turismo dolce”, come se le due opzioni potessero coesistere con facilità si vuole investire su entrambi i fronti. Intanto oggi sui sentieri di montagna sta diventando problematica anche la convivenza con le biciclette.