Presidi in tutte le Regioni e uno sciopero generale dell’informazione, che per il momento rimane soltanto evocato. È la protesta dei giornalisti contro il bavaglio, cioè l’emendamento approvato dalla Camera il 19 dicembre scorso che prevede il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. “Una mobilitazione progressiva e attenta che porti all’obiettivo finale e condiviso dello sciopero“, è il percorso indicato durante la riunione della Conferenza dei Comitati e fiduciari di redazione che si è svolta oggi alla presenza della segretaria generale Alessandra Costante e dei componenti della Giunta esecutiva della Federazione nazionale della stampa, il principale sindacato dei giornalisti.
Nei prossimi giorni e fino alla calendarizzazione della legge di delegazione europea al Senato, prevista per la seconda metà di gennaio, Fnsi e Associazioni regionali di Stampa promuoveranno presidi in tutte le Regioni, davanti alle prefetture, per riunire la categoria sui temi della dignità della professione, dal contratto alla crisi dell’informazione, e contro ogni censura. Ogni Associazione regionale deciderà in autonomia tempi e modi delle iniziative sul territorio.
La Federazione nazionale della Stampa, con il coinvolgimento dei rappresentanti delle Assostampa, “organizzerà assemblee nelle redazioni per sensibilizzare i colleghi sui rischi che incombono sulla professione, dalle restrizioni al diritto di cronaca agli stati di crisi che impoveriscono il settore, dal precariato senza futuro al mancato rinnovo del contratto di lavoro”, si legge in un comunicato. “Se il Parlamento deciderà di andare avanti con la modifica dell’articolo 114 del Codice di procedura penale che renderà non pubblicabili le ordinanze di custodia cautelare fino al termine delle indagini preliminari ovvero all’udienza preliminare (come prevede l’emendamento Costa alla legge di delegazione europea), i giornalisti italiani scenderanno nuovamente in piazza a Roma contemporaneamente alla discussione in Senato della norma”, prosegue il sindacato, i cui vertici non parteciperanno per protesta alla conferenza stampa di Giorgia Meloni, prevista per il 4 gennaio.