Mentre i mezzi di informazione si occupavano dell’ennesimo incendio agli impianti romani di trattamento rifiuti e che porterà Roma nell’ennesima emergenza, il TAR del Lazio ha pubblicato una sentenza (n. 19675/2023 del 29.12.2023) che potrebbe essere fondamentale nella vicenda dell’inceneritore di Roma. C’è un inceneritore che il Lazio di sicuro non avrà: quello di Aprilia, una cittadina a pochi chilometri dal sito dove dovrebbe sorgere (forse) il cosiddetto termovalorizzatore di Roma.

Riassumiamo la vicenda.

Il Lazio ha già un impianto di trattamento termico per i rifiuti e recupero di energia, a San Vittore, in provincia di Frosinone, da 300.000 tonnellate annue, e che potrebbe essere esteso fino alla capacità di 600.000 tonnellate. Quello di Roma dovrebbe essere di 600.000 tonnellate, e quello proposto ad Aprilia era di 400.000 tonnellate. La gerarchia dei rifiuti indicata dall’Unione Europea prevede che questi dovrebbero innanzi tutto essere ridotti, poi riusati, eventualmente riciclati e solo per una quota residuale dovrebbero essere inceneriti (solo se possibile il recupero energetico) o portati in discarica.

Disattendendo tutto questo, nel Lazio si è partiti con l’illusione di risolvere il problema rifiuti con “bruciamo tutto”, incenerendo quindi oltre la metà di 3 milioni di rifiuti prodotti nella regione.

Ricordiamo che il compito dei sindaci è di provvedere alla raccolta dei rifiuti, mentre è la Regione l’istituzione che decide quali impianti costruire e dove portare la spazzatura. Il piano rifiuti della Regione Lazio è stato approvato nel 2020, e non prevede la costruzione di nuovi inceneritori, individuando quello di San Vittore come sufficiente. Per Roma si è verificata una situazione assolutamente anomala. Il premier Draghi decise nel 2022, dopo una conferenza stampa del Sindaco Gualtieri nella quale annunciava la costruzione di un nuovo inceneritore, di concedergli i poteri commissariali per realizzarlo, superando quindi il piano rifiuti regionale. Questa posizione non concordata con le forze politiche causò la caduta del governo Draghi e le elezioni anticipate stravinte dalla destra.

Nei mesi successivi i mezzi di informazione si sono trasformati in mezzi di propaganda sulla questione, limitandosi (tranne alcune eccezioni, ad esempio sul Fatto) a riportare in modo acritico quanto raccontato dal sindaco Gualtieri.

Gualtieri in campagna elettorale aveva esplicitamente escluso la costruzione di nuovi impianti di incenerimento, in accordo con il piano rifiuti regionale. Perché nessuno gli ha chiesto come sia stato possibile aver cambiato idea in modo così radicale? Per non parlare di che cosa è stato raccontato in termini di impatto sulla salute: tra i documenti da presentare per questo impianto c’è la dichiarazione di “industria insalubre” e infatti sarà costruito più lontano possibile da Roma. E Gualtieri non ha ritenuto utile nemmeno utile spiegare perché avrebbe decantato le presunte virtù dell’impianto di “teleriscaldamento” che da progetto ha l’insignificante potenza di 1MW. E quelle sull’impianto “sperimentale” di cattura della CO2, che se tutto andasse bene ne catturerà meno dello 0.1% di quella emessa, cioè la miseria di 400 tonnellate annue, un quarto di quella emessa in un solo giorno.

L’unica certezza al momento è di una gara da 7.5 miliardi di euro, soldi che i privati anticiperanno, ma che i romani ripagheranno nei prossimi 33 anni senza alcuna certezza che un simile impianto possa davvero risolvere il problema di rifiuti di Roma. E che per il Giubileo del 2025 non ci sarà alcun impianto per il trattamento termico dei rifiuti a Roma, visto che il cronoprogramma del bando di Gara prevede di iniziare le operazioni a marzo 2028 (se tutto andasse bene).

L’idea che ci si possa svegliare la mattina e visto che non riesce ad affrontare il problema rifiuti a Roma (che esiste davvero) si possa proporre una soluzione miracolistica e propagandistica è (per fortuna) contraria non solo al buon senso, ma anche alle leggi vigenti.

Sull’inceneritore di Aprilia, la quinta sezione del Tar Lazio ha adottato semplicemente l’approccio razionale: se c’è un documento tecnico (piano rifiuti) del Lazio che non prevede la costruzione di nuovi inceneritori nella regione, questo piano non si può semplicemente ignorare. La strada corretta sarebbe stata di rivedere eventualmente questo piano nel 2027, prima di fare mirabolanti annunci in conferenza stampa e coinvolgere il governo centrale causandone la caduta e regalando il Paese alle destre.

Quali potrebbero essere le conseguenze di questo pronunciamento sull’analogo ricorso presentato al consiglio di Stato contro l’inceneritore di Gualtieri? Ricordiamo che a luglio di quest’anno il Tar aveva respinto i ricorsi di comuni e comitati. Che però sono andati avanti ricorrendo al consiglio di Stato. L’appiglio per una sentenza diversa sono stati i cosiddetti “EGATO”. Infatti, uno degli atti dell’allora giunta Zingaretti è stato di emanare una legge regionale nella quale il Lazio stabiliva che Roma Capitale dovesse chiudere il ciclo rifiuti all’interno della città e non più a livello regionale (ATO Roma Capitale).

Tuttavia, la giunta Rocca (che pure è favorevole alla costruzione dell’inceneritore) ha abrogato questa legge a ottobre 2023. A questo punto non si capisce come senza nemmeno l’appiglio della legge sugli EGATO il Consiglio di Stato possa ancora avallare la follia dell’inceneritore e il superamento di un documento tecnico tramite conferenza stampa. Se la stampa non fa il suo dovere di informare i cittadini e le cittadine per proteggerli dalla propaganda politica, non rimane che attendere con fiducia la sentenza dei giudici.

Questo post è stato scritto in collaborazione con l’avv. Carla Canale, consigliera del IX municipio di Roma della lista civica “Virginia Raggi”

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