Ambiente & Veleni

Le Dolomiti e il mega-impianto a fune, il piano neve del Veneto diceva: “Effetti negativi, non si può fare”. E ora la Regione vuole modificarlo

“Accertate le conclusioni negative della valutazione dell’incidenza, non è possibile realizzare gli interventi previsti dal piano per il collegamento Civetta-Giau, in quanto le informazioni acquisite attestano che effetti negativi sono possibili a carico degli habitat costituenti la Rete Natura 2000 dei siti SIC IT3230017 Monte Pelmo-Mondeval-Formin, nonché a carico delle specie animali e vegetali”. Basterebbe questa conclusione, lapidaria e apparentemente definitiva, per bloccare qualsiasi velleità di realizzare un impianto a fune in alta quota, per portare gli sciatori dal Civetta alle Cinque Torri. Il fatto è che il giudizio appartiene al Piano Neve decennale, scaduto a fine 2023 e che la Regione Veneto sta cercando di modificare. L’intenzione è sicuramente meritoria, nonché imposta dalle norme che prevedono verifiche nel tempo, per adattare gli strumenti di gestione del territorio alle mutate esigenze ambientali. Eppure in alta quota la situazione naturalistica in dieci anni è sicuramente peggiorata e l’esigenza di conservare le aree di maggior pregio, tutelate anche dall’Unione Europea, si è rafforzata.

UN IMPIANTO LUNGO 6,7 CHILOMETRI – La “Valutazione di incidenza appropriata” riguardante il collegamento Civetta-Giau è contenuta nell’Allegato F della Valutazione di Incidenza Ambientale del Piano Neve ancora in vigore. A redigerla è stato il dottore forestale Graziano Martello, che aveva ricevuto l’incarico dalla Regione Veneto, in quanto in possesso delle competenze in campo biologico, naturalistico e ambientale. Il Piano fu approvato il 26 febbraio 2013 e teneva conto anche del divieto di realizzazione di nuovi impianti da sci previsto dal decreto Pecoraro Scanio del 2007 che dettava norme per le Zone speciali di conservazione (Zsc) e le Zone di protezione speciale (Zps). In quel caso Martello esaminò il progetto di una infrastruttura della lunghezza di 6,7 chilometri, tutti in provincia di Belluno, che interessava i comuni di Colle Santa Lucia e Selva di Cadore, che confinavano con Zoldo Alto, San Vito di Cadore, Borca di Cadore, Cortina, Colle Santa Lucia e Pieve di Livinallongo del Col di Lana.

L’INTOCCABILE RETE NATURA 2000 – Diversi gli strumenti di tutela ambientale, anche se il principale è la Rete Natura 2000 che ha identificato il sito Monte Pelmo-Mondeval-Formin con il codice IT3230017. Lo studio degli effetti del piano aveva considerato un’area buffer di raggio di 1.000 metri dal collegamento Civetta-Giau. Nell’area aveva individuato tutti gli “habitat comunitari”, censendone in particolare 13: si andava dalle formazioni erbose alpine e subalpine, alle foreste montane e alpine di larici e pino cimbro, dalle pareti rocciose calcaree con vegetazione alle formazioni erbose con un substrato di silicio, dalle praterie montane da fieno a ghiaioni calcarei e silicei, dai faggeti ai valloni. In una parola, boschi, pascoli e rocce dove erano state individuate circa 500 specie vegetali, 11 tipi di anfibi, un’ottantina di uccelli (tra cui l’aquila reale e il falco pellegrino), una cinquantina di mammiferi e una decina di specie di diversi rettili.

“TUTTE LE SPECIE VULNERABILI” – Il giudizio complessivo non lasciava dubbi: “Si tratta di un ambiente dolomitico di eccezionale interesse, comprendente foreste di conifere, praterie alpine, ghiaioni e cime sopra i 3000 metri, con presenza di siti mesolitici (Mondeval), emergenze paleontologiche (orme di dinosauri), iscrizioni rupestri preromaniche. La flora è ricca di specie rare e di elevato interesse biogeografico”. Degli habitat esaminati, due erano in condizioni di conservazione eccellenti, sette in condizioni buone, in due casi medio-ridotte. Passando alla fauna era stata calcolata la vulnerabilità delle specie, base necessaria per misurare l’impatto di un impianto a fune, che determina la riduzione dello spazio fisico per gli animali e la frammentazione degli habitat di interesse comunitario. Un’alta vulnerabilità della specie era stata individuata negli uccelli (coturnice, aquila reale, piviere tortolino, pernice bianca, ortolano, averla piccola, picchio cinerino, gallo cedrone, upupa), negli anfibi (ululone dal ventre giallo, salamandra del Lanza), nei rettili (marasso) e nei mammiferi (stambecco, lince euroasiatica, martora, puzzola, muflone, camoscio, cinghiale, orso bruno).

Conclusione senza appello. “Nel collegamento Civetta-Giau le due stazioni sono esterne dal perimetro del sito Natura 2000, tuttavia la parte centrale del collegamento stesso interferisce con il sito Natura 2000 e coinvolge habitat comunitari tra cui alcuni habitat comunitari prioritari. Si ritiene che il Piano Regionale Neve (post 2007) per il collegamento Civetta-Giau manifesta incidenze significativamente negative sugli habitat comunitari presenti e sulle specie faunistiche potenzialmente presenti. Si attribuisce un giudizio di incidenza ‘medio’ su tutti gli habitat presenti nell’area buffer con raggio di 1.000 metri”. Sembra uno sbarramento insuperabile, eppure la Regione adesso ripropone il collegamento in una delle aree più belle del Veneto.