di Carmelo Sant’Angelo

Meno 3, meno 2, meno 1, LICENZIATI! Così il nuovo anno ha salutato 3.166 assistenti tecnici ed amministrativi della scuola. Fedeli al precetto della premier, avevano tutti trascorso un Natale “di serenità ed orgoglio”, ma ciò non è stato sufficiente. “Serenità”, perché avevano ricevuto ampie rassicurazioni sulla proroga del loro contratto di lavoro fino al 30 giugno prossimo; “orgoglio”, perché impegnati a progettare la scuola del futuro, attraverso i fondi del Pnrr. Invece così non è stato.

Nemmeno il tempo di festeggiare “pozzolanamente”, con due spari in aria, che su di loro si è abbattuta la nota n. 3919 del 28 dicembre u.s. del Ministero dell’Istruzione nonché del Merito (MIM). Indubbiamente il Ministero era armato (in senso metaforico) delle migliori intenzioni, attesa la premessa della nota che ravvisava la necessità di non interrompere l’azione di supporto svolta dal personale “ATA organico Pnrr” ed “organico Agenda Sud”. Ma si sa, di buone intenzioni è lastricato l’inferno ed il maligno si nasconde nei dettagli.

Nel caso della suddetta nota, esiziale è stato un distinguo: i contratti dei collaboratori scolastici saranno prorogati fino al 15 aprile 2024, come previsto dalla legge di bilancio, mentre per il personale tecnico ed amministrativo “le istituzioni scolastiche impegnate nell’attuazione degli interventi del Pnrr possono attingere agli incarichi temporanei del personale amministrativo e tecnico già attivati”. Che cosa significa? Nel primo caso è un obbligo di legge, nel secondo una facoltà rimessa alle singole istituzioni, che potrà essere esercitata attingendo ai fondi Pnrr assegnati, nel limite del 10% dei costi indiretti. Beninteso i fondi ci sarebbero: “60 milioni di euro annui per ciascuno degli esercizi 2024 e 2025 e 36 milioni di euro per l’esercizio 2026”. Quello “scialacquatore” di Conte è tornato carico di cornucopie! Nonostante ciò, la quasi totalità degli istituti scolastici ha scelto di non rinnovare i contratti del personale ATA.

Diverse le criticità riscontrate: 1) fino al 31 dicembre 2023 il personale ATA era retribuito direttamente dal MEF, adesso la gestione contrattuale, fiscale e previdenziale graverebbe per intero sulla scuola. 2) I fondi del Pnrr assegnati alle singole scuole sono insufficienti o già impegnati per altre attività. 3) Sussiste una diffusa incertezza normativa, alla quale la nota promette di rimediare in un secondo tempo: “con successiva comunicazione all’indirizzo istituzionale di posta elettronica delle istituzioni scolastiche beneficiarie dei finanziamenti, sarà indicato l’importo massimo complessivo utilizzabile nei limiti previsti dalla norma. Le istituzioni scolastiche avranno cura di verificare l’effettiva disponibilità di detto importo rispetto ad eventuali impegni già assunti”.

Nel prosieguo la nota si rivolge esclusivamente agli iniziati alla rendicontazione dei fondi comunitari: “si precisa che tale quota massima di risorse utilizzabili per la suddetta finalità rientra nell’ambito delle opzioni semplificate di costo e, pertanto, è riconoscibile solo sulla base delle attività effettivamente svolte, che saranno poi oggetto di certificazione da parte delle scuole, e purché nel rispetto di tutte le milestone e i target del relativo investimento e secondo le regole di gestione e rendicontazione previste per i fondi del Pnrr”. Di fronte a questo florilegio di subordinate, le scuole hanno preferito sciogliere questo nodo gordiano lasciando a casa, dal 2 gennaio, gli assistenti tecnici e amministrativi.

Ma questa transizione non poteva essere governata per tempo? Erano così “pronti” da farsi sorprendere dal calendario! Sapendo di toccare le intime corde della destra di governo, mi chiedo: “Ma come può un orgoglio arginare il MIM. Anche se è una nota, l’Ata è in alto mare”.

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