Cultura

La fantascientifica “biopulitura” della Sagrestia Nuova di Michelangelo, in un libro la storia del restauro

di Marco Ferri

La sera del 6 gennaio del 1537 il Duca di Firenze, Alessandro de’ Medici, fu trovato morto nella sua camera, a Palazzo Medici Riccardi di Firenze, con la gola recisa. Il suo corpo non fu imbalsamato ma, secondo alcune fonti, fu subito gettato nel cassone della vicina Sagrestia Nuova del complesso monumentale di San Lorenzo, sormontato dalle sculture raffiguranti il Crepuscolo e l’Aurora, opera di Michelangelo Buonarroti. Purtroppo la decomposizione del cadavere fu assorbita dal marmo dell’arca, le cui superfici inferiori si coprirono di macchie scure sin da subito, come testimonia un testo del 1552.

Quei segni ritenuti indelebili, sono rimasti visibili per quasi 470 anni, cioè fino al momento in cui, al termine di un intervento di restauro complessivo della Sagrestia Nuova durato ben sette anni, sono state rimosse grazie a un’operazione di “biopulitura” ai confini della realtà, di cui diede notizia al mondo niente meno che il New York Times, con un articolo uscito il 30 maggio del 2021: in pratica dei microrganismi invisibili, in poco tempo si erano letteralmente “mangiati” quelle macchie organiche, rendendo al marmo gran parte del suo naturale candore.

Quasi a contravvenire alle regole del giornalismo culturale, dove fa notizia una nuova evidenza o scoperta, nel caso dell’arca ripulita nella Sagrestia Nuova fu proprio la sparizione, l’assenza di un segno del tempo a far drizzare le antenne di tutti gli esperti e amanti dell’arte, michelangiolesca in particolare.

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