A metà dicembre i cinque giorni di sciopero deliberati dall’assemblea. Ora, con la fine del 2023 e l’inizio dell’anno nuovo, una mail inviata dal Cdr (Comitato di redazione) a tutte le giornaliste e a tutti i giornalisti per rimarcare quanto direzione e proprietà si stiano – e si siano – allontanati dall’identità (e dalla cultura) costruita nel tempo da Repubblica e dal suo gruppo editoriale. Alle spalle, la storia più recente, con la strada segnata dalla famiglia Elkann: nel 2020 la vendita de il Tirreno, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio e la Nuova Ferrara, l’anno successivo quella di MicroMega; nel 2022 la vendita della storica rivista che per decenni ha dato il nome al gruppo, l’Espresso; nel 2023 la cessione delle sei testate del Nord-Est (Corriere delle Alpi, il Piccolo, Messaggero Veneto, la Nuova Venezia, Il mattino di Padova e la Tribuna di Treviso) e le voci, sempre più insistenti, sul passaggio di Radio Capital al re delle cliniche ed editore Antonio Angelucci.
“L’anno che si chiude è stato sofferto e difficile, assai deludente per tutti noi” scrivono i cinque componenti del Cdr. “Il nostro giornale continua a perdere copie, abbonamenti e non riesce a trovare una strada nel digitale. E questo, a nostro avviso, per la mancanza di una chiara strategia di investimenti, marketing, obiettivi, collocazione nel panorama editoriale. Nonostante gli sforzi titanici di tutti noi. La difesa dell’identità di Repubblica (che sembra importare solo a noi giornaliste e giornalisti che amiamo questo quotidiano e il lavoro che facciamo) ci ha impegnato in un anno che ha segnato la per noi traumatica disgregazione di quello che era il più importante gruppo editoriale del nostro Paese, smembrato e dismesso da un editore il cui progetto resta per noi incomprensibile, oltre che frutto di preoccupazione”. A deludere i giornalisti – e non solo – nel 2023 c’è stato il caso relativo a Zerocalcare (e, più in generale, alla gestione della guerra in Medio Oriente) e quello relativo al padre dell’editore, Alain Elkann.
Poi, nella lettera mandata ai circa 350 dipendenti, il riferimento a ciò che accadrà a breve: la redazione attende dal direttore Maurizio Molinari il nuovo piano editoriale (a cui, con buone probabilità, sarà collegato un piano di esuberi): “Come sappiamo nel futuro prossimo ci sono ancora tagli, riduzione del perimetro giornalistico, mortificazione di competenze e professionalità […] il 2024 si preannuncia un anno di dura battaglia a difesa del nostro posto di lavoro, del nostro nome, della nostra professionalità. Dovremo affrontarla tutte e tutti insieme, perché da questa caduta rovinosa non si salva nessuno […] Vedere Repubblica che viene abbandonata come una nave che affonda è motivo di particolare amarezza in questi mesi. Ma dobbiamo pensare a noi che restiamo e al futuro del giornale, certi che solo l’unione in questo frangente può fare la forza”.