Un imprenditore edile, pregiudicato per reati di camorra e sotto inchiesta con l’accusa di aver picchiato fino a farlo svenire un ambientalista per vendetta alle sue denunce, chiede e ottiene che il parroco benedica i veicoli della sua azienda sul sagrato della Chiesa. I cinque camion arrivano in paranza tra lo stridore dei clacson, paralizzando il traffico cittadino, e parcheggiano sulla pubblica piazza antistante. Il prete scende e somministra una rapida benedizione mentre l’imprenditore annuncia davanti alle telecamere di una testata web locale richiamata lì dal gran frastuono, che “siamo molto cattolici”, che il 2024 sarà l’anno “in cui aumenterò il fatturato del 50%”, infine elenca le regioni in cui estenderà gli affari e riceve dal cronista gli auguri.
Sembrano cronache d’altri tempi quando i signorotti più o meno in odore di mafie esibivano beneficenza e amicizia col clero del posto, e godevano di una diffusa benevolenza. E’ invece accaduto appena pochi giorni fa, il 30 dicembre, a Sant’Agnello (Napoli), pochi minuti a piedi da Sorrento. In un territorio che le mappe semestrali della Direzione Investigativa Antimafia non indicano tra quelli inquinati dalla presenza di clan, che si fermano a Castellammare di Stabia. Secondo un magistrato anticamorra interpellato da ilfattoquotidiano.it, “l’episodio assomiglia a quegli inchini delle processioni religiose che si fermano in segno di rispetto quando passano davanti alle case dei boss”.
A rendere più sgradevole il tutto è la circostanza che la parrocchia dove don Francesco Iaccarino si è prestato alla benedizione poi rilanciata dal video della testata web si trova ad appena duecento metri dal luogo in cui l’imprenditore avrebbe colpito a pugni e calci a fine marzo il presidente della sezione locale del Wwf, Claudio D’Esposito. Una vicenda che richiamò l’attenzione dell’ex procuratore nazionale antimafia, il deputato M5s Federico Cafiero De Raho. Il parlamentare ne riferì alla Camera, ricordando i precedenti penali dell’aggressore e ricostruendone il movente nelle vecchie denunce dell’ambientalista che avrebbero ostacolato alcune speculazioni edili – ed in particolare un parcheggio realizzato in un agrumeto di Sorrento – compiute dall’aggressore negli anni scorsi.
Le parole di Cafiero De Raho diedero il là a iniziative e marce di legalità a Sorrento, organizzate da una dozzina di associazioni culturali e ambientaliste, con l’aiuto e il supporto del parroco don Carmine Giudici. Appena nove mesi dopo è singolare osservare che mentre la parrocchia di Sorrento si è schierata in sostegno all’aggredito, la parrocchia di Sant’Agnello ha benedetto in pubblica piazza l’azienda dell’aggressore. Il Vescovo di Castellammare di Stabia, monsignor Francesco Alfano, è stato informato di tutti i dettagli dell’accaduto, video compreso. Per ora non è intervenuto pubblicamente. A proposito del video dell’intervista: è rimasto visibile sulla testata web dal 30 dicembre fino alla sera del 31, poi è stato rimosso.
Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria relativa all’aggressione, Claudio D’Esposito, assistito dall’avvocato Gianni Pane, ha formalizzato una denuncia e l’inchiesta della Procura di Torre Annunziata – procuratore capo Nunzio Fragliasso, sostituto Antonio Barba – dovrebbe essersi quasi conclusa. Poche settimane fa il pm ha sentito un paio di testimoni, che avrebbero confermato il narrato della vittima. Il suo aggressore sarebbe un imprenditore domiciliato a Sant’Agnello, già condannato a 4 anni e mezzo per illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso e concorso esterno in associazione camorristica, pena espiata, con gli sconti di buona condotta e di prassi, nel penitenziario di Pescara. La sentenza diventata definitiva in Cassazione il 13 febbraio 2015 ha stabilito che l’uomo aveva imposto sul mercato le forniture di calcestruzzo della sua impresa attraverso il potere intimidatorio del clan camorristico Esposito, operante sui Monti Lattari.
Fatta salva la doverosa presunzione di innocenza riguardo al pestaggio di D’Esposito, e il suo diritto a ricostruirsi una vita e un lavoro dopo aver espiato la condanna per reati con l’aggravante camorristica, è difficile non percepire una luce sinistra sulle modalità di benedizione religiosa della sua impresa. A molti osservatori, infatti, sono apparse come un segnale di ostentazione di potere sul territorio. E pur non intravedendosi elementi di reato, la procura di Torre Annunziata ha chiesto notizie sull’accaduto: le stanno raccogliendo i carabinieri, presto sarà pronta una annotazione.
Il sindaco di Sant’Agnello, Antonino Coppola, non ha nascosto la sua indignazione. Ha voluto spiegazioni al comandante dei vigili urbani, si è fatto relazionare sulle prassi di concessione della piazza davanti alla Chiesa (pubblica, ma per consuetudine in uso esclusivo alla parrocchia che di solito la apre solo per i veicoli in uso ai matrimoni e ai funerali). Poi è andato a trovare il parroco e ne ha ascoltato la sua versione. Dopo aver ricevuto tutte queste informazioni, Coppola ha diramato un comunicato per prendere le distanze dall’episodio: “La perplessità che ha generato – afferma il sindaco – è dovuta, più che all’atto in sé, alle modalità, alla decisione di farlo in pubblica piazza e non in un parcheggio privato, ai possibili significati ulteriori attribuibili. In alcuni casi la forma è sostanza. E la scelta del sacerdote è stata quanto meno incauta e inopportuna”. Di qui la chiosa: “È doveroso sgomberare il campo da ogni equivoco, assumere posizioni chiare, come già accaduto e accade in altre situazioni. Da parte di questa amministrazione c’è sicuramente la volontà di stigmatizzare prassi ed episodi che non rispecchiano i valori del nostro paese”.