Simone Fontecchio can really play!
In principio – correva la stagione 1995/1996 – furono Stefano Rusconi con la casacca dei Phoenix Suns e Vincenzino Esposito in maglia Toronto Raptors. L’Italia era sbarcata in NBA. Era un’epoca totalmente diversa. C’era (enorme) diffidenza verso i giocatori europei. Gente come Drazen Petrovic, Toni Kukoc o Šarūnas Marčiulionis – talenti di categoria extra lusso – dovettero faticare non poco prima di avere il permesso di “sedersi a tavola” con i migliori. Poi, per il nostro Paese, ecco gli anni d’oro. Andrea Bargnani scelto alla 1 nel Draft del 2006 da Toronto. L’anno successivo, Marco Belinelli ai Warriors come diciottesima scelta assoluta. E Danilo Gallinari, nel 2008, ai New York Knicks con la numero 8. Tre scelte al primo giro in tre NBA Draft consecutivi, a cui poi sarebbero seguiti gli esordi di Gigi Datome e di Nicolò Melli. E adesso? Adesso c’è Simone Fontecchio (al suo secondo anno in NBA). C’è solo lui, con Gallinari, a rappresentare l’Italia nel campionato di basket più forte del mondo. Come se la sta cavando? Nelle ultime dieci gare in modo estremamente incoraggiante, tirando da tre con il 41.3% (ottimo) e mettendo a referto oltre 10 punti di media. Al di là delle cifre, Fontecchio sta dimostrando di essere un giocatore NBA vero. Di poterci stare benissimo al piano di sopra (malgrado un anno da rookie in chiaroscuro, con problemi di spazio in rotazione). Intendiamoci, non sarà mai una stella a quei livelli. A 27 anni non ha più chissà quali margini di miglioramento. Però può diventare una pedina davvero solida in squadre con ambizioni playoff. Grintoso, motivato, senza paura. Atleticamente molto sobrio, senza per questo essere esplosivo alla Zach LaVine, Fontecchio è in grado di poter dire la sua – senza essere necessariamente smentito – in varie fasi del gioco. In attacco, tira molto bene sia in uscita dai blocchi che in pick and pop (allargandosi sul perimetro dopo aver portato un blocco). In entrata predilige andare verso destra, battere il proprio uomo sul primo passo e concludere anche in traffico in modo dinamico, sfruttando la tabella. Quando è lontano dalla palla è particolarmente attivo, sa tagliare molto bene verso canestro e capisce come occupare gli spazi in modo lineare. Duro mentalmente, Fontecchio è uno che in difesa non si risparmia (anzi) ed è dotato di buon occhio per i recuperi (anche in aiuto). Bene, Simone. Continua così.

Lo scambio tra Knicks e Raptors
Sul finire del 2023, i New York Knicks hanno mandato a Toronto RJ Barrett e Immanuel Quickley, per prendere OG Anunoby (con Achiuwa e Flynn). Dalle prime partite, sembra ci abbiano guadagnato entrambe le squadre. Attenzione, nessuna rivoluzione in corso. Hanno semplicemente scambiato delle pedine, pensando fossero più funzionali in base ai rispettivi roster. I Knicks prendono finalmente un 3&D (tiro da tre e difesa) di ottimo livello. Anunoby, infatti, è un’ala dotata di eccellente mobilità laterale, fisico e senso della posizione anche per marcare il primo violino degli avversari. Può stare dietro alle guardie sul perimetro e non andare sotto fisicamente contro giocatori più grossi se portato spalle a canestro. Poi, nell’altra metà di campo, tira da tre con il 37.5% in carriera (40% nelle prime due partite a NY). Sembra, inoltre, più adatto a stare accanto a gente come Jalen Brunson e Julius Randle, noti “dominatori” della sfera, rispetto a uno come RJ Barrett che – incerto al tiro da fuori – creava maggiori problemi di spacing (oltre a non disdegnare anche lui le situazioni on-the-ball). Aspettiamo e osserviamo nelle prossime gare. Ma non è che ora le due squadre improvvisamente siano candidate al Titolo, eh…

Gli Orlando Magic ritirano la maglia di Shaquille O’Neal
I Magic compiono 35 anni (fondati nel 1989) e decidono di ritirare la maglia numero 32 di Shaquille O’Neal. Non avevano mai fatto una cosa del genere per nessun altro giocatore prima d’ora. Capirai, qui si tratta di Shaq. E prima di Shaq, i Magic erano conosciuti (forse) dai soli abitanti di Orlando e non in tutti i quartieri (si fa per dire…). Dopo di lui, ogni ragazzino aveva su una canotta della squadra in qualsiasi versione e colore. The Diesel. The Big Aristoteles. The Big Hall of Famer. Ha travolto la lega, ha piegato canestri, ha scritto la storia. C’era chi credeva che Shaq fosse grande solo perché grosso. Niente di più sbagliato. Shaq era davvero grosso, enorme. Ma era anche estremamente dinamico, sapeva muoversi in modo eccellente spalle a canestro, aveva un bellissimo jump-hook. Piedi veloci e grande mobilità. Sul perno era una trottola di 140 kg. Nessuno riusciva a fermarlo quando prendeva posizione, si girava sul perno verso la riga di fondo e andava a prendere il lob un metro sopra il ferro per piazzare uno dei suoi leggendari alleyoop. Uno dei migliori di sempre.

That’s all Folks!

Alla prossima settimana.

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