Animali meravigliosi i cani: indispensabili per l’uomo per tanti motivi e a volte capaci di dare addirittura l’immortalità. Si pensi a Pavlov, ad esempio, e ai suoi studi sul riflesso condizionato condotti proprio grazie all’ausilio di cani: il campanello suona prima di dare la pappa al cagnolino ed ecco che lo stesso suono farà venire inequivocabilmente l’acquolina al cane. Uno studio che al medico russo garantì il premio Nobel. Rimanendo al riflesso condizionato si provi a sostituire la pappa con un pallone, facendoci giocare il cagnolino: quale campanello suonerà in un appassionato di calcio italiano che abbia almeno 40 anni? Sì, inevitabilmente “…gioca meglio di Perdomo”, con tante grazie a Vujadin Boskov, che Dio lo abbia sempre in gloria, capace con le sue massime pittoresche di dare l’immortalità non solo a se stesso ma anche a Josè Batlle Teixiera Perdomo, meteora uruguaiana degli anni ’80, forse proprio grazie a Vuja la più luminosa delle meteore.
Perché se diventi il protagonista di una delle frasi più famose dell’allenatore più celebre della storia per le sue frasi o l’autore di un gol (inutile) che provoca un terremoto allora la tua stella, o meteora che sia, è destinata obbligatoriamente a brillare. Perdomo è nato a Salto, al confine dell’Argentina: stessa città che ventidue anni dopo avrebbe dato i natali a Edinson Cavani ma con caratteristiche ben diverse rispetto all’atletismo superomistico dell’attaccante. Josè è un centrocampista grintoso e capace a impostare, con un gran destro che spesso gli è utile per le punizioni. Tifa Penarol e coi carboneros diventa professionista nel 1983, ponendosi presto come pilastro di quella squadra che vincerà il campionato nell’85 e nell’86 e poi la Libertadores nel 1987. Un anno magico per Perdomo il 1987, visto che si prende la nazionale segnando anche una doppietta all’esordio in amichevole contro l’Ecuador, ma soprattutto vincendo la Copa America, seppur rimediando un rosso in finale contro il Cile, uno dei tanti della sua carriera.
Naturale che finisca nel mirino del grande calcio, assieme a tutta quella generazione di campioni uruguayani: Gutierrez, Herrera, Ruben Paz, Bengoechea e ovviamente Ruben Sosa ed Enzo Francescoli. In Sudamerica va di persona il professor Franco Scoglio per provare a portare talenti al suo Genoa neopromosso in A: è il 1989, e se ci sono già il Milan degli olandesi e l’Inter dei tedeschi può esserci pure il Genoa degli uruguaiani. Sì perché se nel mirino dei rossoblù già c’erano Pato Aguilera e Ruben Paz, come faro del centrocampo viene individuato proprio Perdomo. Un colpo, vista anche la prestazione di Perdomo a Verona, in amichevole contro l’Italia: una gara che finirà uno a uno e che vedrà Josè giocare una partita sontuosa, tanto da impressionare anche un profondo conoscitore di calcio come Sandro Ciotti.
Ma i ritmi della Serie A sono altra cosa, e si sa che il calcio è lingua universale, ma proprio l’italiano mostra che poi ci sono tante varianti, dialetti, sfaccettature: e allora Josè non convince, e finisce su uno striscione della tifoseria amica “Si scrive Perdomo, si legge Perdemmu”, che in dialetto genovese è abbastanza chiaro. Scoglio però ci crede e lo manda in campo sempre, ma Josè non esce mai dall’anonimato, se non per i cartellini gialli, che arrivano uno dietro l’altro. E a cosa servono i derby se non per rompere l’anonimato? Quello della Lanterna poi… Soltanto che per Josè non è un gol, un assist o una giocata a cambiare le sue stelle. No, è l’allenatore avversario, Vujadin Boskov: il derby d’andata era finito 2 a 1 per la Samp grazie a Vialli e Mancini, al ritorno a inizio febbraio, coi blucerchiati in corsa per quello Scudetto che sarebbe arrivato l’anno dopo, Vuja prova ad alzare la tensione. Quando gli chiedono cosa pensa di Perdomo risponde: “Penso che mio cane gioca meglio di Perdomo”, riferendosi al suo Buf, uno splendido bovaro delle Fiandre. Una frase che naturalmente fa rumore, portando alla multa di Mantovani al suo tecnico e alla querela dello stesso Perdomo. Insomma: in tutto a Boskov la vicenda porterà via una trentina di milioni di lire, ma tra la frase originale e il boskoviano tentativo di rettifica (“Io non dire che mio cane gioca meglio di lui, io dire che lui può giocare solo in parco di mia villa con mio cane”) Perdomo entra di diritto nel firmamento calcistico italiano, col ruolo di meteora e la luce riflessa della bizzarria di Boskov, ma tant’è.
L’esperienza di Perdomo in Italia si chiude lì, senza gol, con tante ammonizioni e con l’aneddoto ormai cucito addosso, ma Josè di certo non è il tipo da rassegnarsi al brillare di luce riflessa. Messa in archivio la stagione in rossoblu firmerà uno dei gol più iconici della storia dell’Uruguay: a Wembley su punizione decreterà la vittoria della celeste sull’Inghilterra, seppur in amichevole. E poi due anni dopo, quando l’avventura in Europa dopo esperienze negative al Coventry e al Betis sarà terminata, in Argentina farà anche di meglio: nel derby platense, con la maglia del Gimnasia segnerà all’Estudiantes con una punizione da trenta metri, provocando una gioia tale nei tifosi che l’Osservatorio di Mar del Plata registrerà in quel momento esatto una scossa di terremoto pari al sesto grado della scala Richter. Diventerà l’iconico “gol del terremoto”. L’importanza di quella rete? Nulla: Estudiantes e Gimnasia viaggiavano a metà classifica senza più alcuna ambizione. In fin dei conti è un po’ la storia di yin e yang di Perdomo: il gol più importante, ma in amichevole, un gol che provoca un terremoto, ma inutile, una frase di scherno…che mette d’accordo soprattutto i tifosi teoricamente scherniti…e chi ha vissuto quel calcio condannato al riflesso condizionato ogni volta che vedrà un cane impegnato con un pallone. Pavlov ci mise qualche anno di ricerche: a Boskov e Perdomo è bastato un derby.