Era il 6 gennaio del 1907 quando Maria Montessori, nel quartiere San Lorenzo, uno dei più poveri di Roma, apriva la sua prima scuola, in via dei Marsi al civico 58: la “Casa dei bambini”. Fu lei stessa a convincere l’allora sindaco della capitale Ernesto Nathan a dare vita, in quella zona abitata dalla classe operaia, ad una sperimentazione che risultò vincente al punto tale da essere ancora oggi attuale.

Quando nel 1906 iniziò a lavorare a San Lorenzo dove – si diceva – che le persone “perbene” passassero di lì solo da morte per andare al cimitero del Verano – non aveva come obiettivo l’elaborazione di un nuovo metodo. Ad aiutarla in questa mission fu la sinergia – com’è raccontato nel libro Maria Montessori, una vita per i bambini di Martine Gilsoul, edizioni Giunti – con Edoardo Talamo, direttore dell’istituto romano dei Beni Stabili che si mise in testa una campagna di modernizzazione per la salubrità degli edifici. Lì a San Lorenzo Maria Montessori allestì una grande stanza con mobili su misura per i bambini, piante, cornici con fotografie, piccoli animali da compagnia, scelse una maestra e una direttrice. Dopo qualche settimana di sperimentazione, nel giorno dell’Epifania, ci fu il taglio del nastro. In poco tempo, in molti si incuriosirono per quell’asilo per i poveri. Il primo a visitarla fu l’ambasciatore argentino. Il 7 aprile nacque, nello stesso quartiere, una seconda “Casa” e il 18 ottobre ne fu inaugurata una a Milano.

Da allora non si è più smesso di parlare di quell’esperienza. A ricordarci i punti focali di quello che è diventato il metodo Montessori è Paolo Mazzoli, già direttore generale dell’Invalsi e membro del direttivo dell’Opera nazionale Montessori. “Il principio cardine del lavoro della dottoressa è il fatto che il bambino ha tutte le risorse per svilupparsi da solo. Non servono nemmeno gli insegnanti; essi sono solo persone che arricchiscono l’ambiente. In quest’ottica cambia tutta la prospettiva, si creano situazioni in cui il bambino si fa delle domande ma si cercano insieme le risposte”.

Il secondo punto riguarda proprio l’ambiente. “La Montessori convinse quell’illuminato sindaco – dice Mazzoli – a realizzare un asilo proprio in un luogo dove nessuno avrebbe mai investito. Questo a dimostrazione che una buona scuola con un metodo giusto è necessaria anche e soprattutto per chi ha bisogno. In quegli spazi valeva la giustezza del materiale: tavoli e sedie all’altezza dei bambini così gli interruttori. Tutto era coerente in modo che il fanciullo agisse da solo”.

Il terzo punto del metodo – secondo Mazzoli – riguarda proprio l’approccio “scientifico” della Montessori che da medico aveva gli strumenti per comprendere il processo di sviluppo del bambino “che passa dalla fase della massima creatività tra 0-6 anni, a quella della latenza a quella della preadolescenza in cui è un neonato sociale. Per lei era tutto chiaro”.

Infine, quarto principio è quello – attualissimo – dell’educazione alla pace: “Maria Montessori era una fanatica dell’educazione logico matematica, dell’alfabetizzazione ma era solita dire che nulla sarebbe servito senza quella che lei definiva l’educazione cosmica ovvero vedere il mondo nella sua complessità”.

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