“Mentre gli italiani si ritrovano nella calza della befana solo cenere e carbone, grazie alla manovra infausta di Meloni, per i balneari arriva in pacco dono una rivalutazione al ribasso del 4,5% dei già irrisori canoni di concessione”. Il deputato M5S Giorgio Fede ha così commentato la notizia del Corriere della Sera sul ritocco dei canoni per le spiagge previsto dal ministero dei Trasporti a fine anno.
“Non bastava il caos generato dal governo, che di fronte alle indicazioni di Bruxelles ha saputo solo impartire ai sindaci il diktat di rinnovare per un anno le concessioni in scadenza, l’esatto contrario di ciò che da anni auspica l’Ue. Ci ritroviamo dunque con comuni che stanno formulando le delibere per le gare, e altri che invece rinnovano le concessioni in essere – ha detto Fede -. Una baraonda assurda, che scaraventa il settore in un baratro di incertezza ancora più indecifrabile. Col rischio oltretutto di una pioggia di ricorsi per questi irricevibili prolungamenti. Non pago di questo vergognoso afflato corporativo, Salvini ha pensato bene con una circolare del suo ministero anche di rivedere all’ingiù i canoni. Che restano nell’ordine di qualche migliaia di euro, a fronte di fatturati medi che si avvicinano ai 300mila euro annui ad attività. La gestione delle concessioni demaniali di Meloni e compagni è una farsa senza fine. E ci porterà dritti dritti allo scontro con l’Ue”.
Secondo il decreto di fine anno del Mit, i canoni delle concessioni balneari, nel 2024, saranno in calo del 4,5% dopo il balzo del 25% del 2023 (aumento sospeso dal Consiglio di Stato). Il decreto, come da norma, tiene conto degli indici Istat sull’inflazione. Nella circolare del ministero si ricorda che “che con decreto numero 389 in data 18 dicembre 2023, in corso di registrazione, è stato fissato nella misura di -4,5% l’adeguamento delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime ovvero l’aggiornamento delle stesse per l’anno 2024”. E ancora, “la misura minima di canone è stata adeguata nella di misura di 3.225,50 euro a decorrere dal primo gennaio 2024″, spiega il decreto. Per gli stabilimenti balneari tuttavia questa cifra non tiene conto di altri indicatori quali la presenza manufatti di difficile o facile rimozione che portano a importi più elevati.
“Ci mancavano solo gli sconti di fine anno. Senza alcuna vergogna, nel decreto di aggiornamento dei canoni dello scorso 18 dicembre, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha tagliato del 4,5% il costo del canone versato allo Stato annualmente dai proprietari di concessioni balneari: dai 3.377,50 euro del 2023 ai 3.225,50 euro del 2024, con un risparmio per i proprietari degli stabilimenti di 152 euro. La spudorata linea di difesa di questo governo a una piccola lobby contro la stragrande maggioranza degli italiani sta provocando un danno erariale ormai inestimabile. Ciò che è insopportabile è che dopo il danno, arriva la beffa. Che però non accettiamo: presenteremo un esposto alla Corte dei Conti per le mancate entrate che deriveranno da a questo ennesimo regalo e dalla mancata applicazione della direttiva Bolkestein”, ha rincalzato il segretario di Più Europa, Riccardo Magi ricordando che la stessa Corte dei Conti che ha già stigmatizzato il fatto che “i canoni attualmente imposti non risultano, in genere, proporzionati ai fatturati conseguiti dai concessionari attraverso l’utilizzo dei beni demaniali dati in concessione, con la conseguenza che gli stessi beni non appaiono, allo stato attuale, adeguatamente valorizzati. Quindi diminuire i canoni non appare solo folle ma si palesa anche come un evidente danno erariale”.
Intanto, sempre dalle pagine del Corriere in edicola il 6 gennaio, il Governatore del Veneto, Luca Zaia, fa un salto in avanti. In Veneto, spiega in un’intervista al quotidiano, stanno partendo le concessioni, e Zaia la definisce “una questione spinosa. Da un lato il punto di vista europeo ha un principio comprensibile. Dall’altro, l’Europa non è tutta uguale: la connessione tra canoni demaniali e turismo non è la stessa da noi e in nord Europa. Il peccato originale della direttiva Bolkestein è che non è un abito sartoriale probabilmente non lo potrà mai essere”. In Veneto, “in accordo con i Comuni della costa tra cui Venezia, utilizzando la legge regionale 33 del turismo del Veneto, abbiamo fatto in modo di bandire le gare cercando il rispetto della Bolkestein: chi si aggiudica la concessione, deve riconoscere quello che è stato fatto da chi c’era prima di lui”.