Un portellone di uscita che esplode, un maxi buco nella fusoliera, le maschere di ossigeno che scendono, abiti risucchiati via dal vento. Tutto l’immaginario dei disastri aerei è riassunto nell’incidente – finito incredibilmente senza feriti – a bordo di un Boeing 737 Max 9 dell’Alaska Airlines, costretto ad un atterraggio di emergenza in Oregon 20 minuti dopo il decollo. Grande paura tra i 177 a bordo, compresi i 6 dell’equipaggio. Ora la Federal Aviation Administration, l’agenzia degli Stati Uniti che si occupa di sicurezza aerea ha annunciato di aver ordinato la messa a terra temporanea di 171 velivoli in tutto il mondo, disponendo ispezioni immediate prima che possano tornare in volo. Altre autorità aeree di diversi Paesi – dalla Gran Bretagna alla Cina – stanno valutando come procedere.

Il volo 1282 era partito dall’aeroporto Internazionale di Portland alle 17.05 locali per Ontario, in California. Ma poco dopo il decollo, l’equipaggio in cabina ha segnalato un “problema di pressurizzazione“. Dalle foto dei passeggeri, sembra si sia strappato un pannello che poteva essere utilizzato come una porta di uscita posteriore opzionale nella parte centrale della cabina. La porta extra viene generalmente installata dalle compagnie aeree low cost che utilizzano posti extra per i quali sono necessari più percorsi per l’evacuazione. Tali porte, tuttavia, sono permanentemente “tappate”, o disattivate, sui jet dell’Alaska Airlines.

Al momento dell’incidente, l’aereo aveva toccato i 4876 metri di quota, prima di scendere per l’atterraggio di emergenza a 3000 metri, sotto la cui soglia la respirazione è considerata possibile per persone sane senza ossigeno extra. Come spiega l’agenzia Ansa, Kyle Rinker, un passeggero sul volo, ha raccontato che un oblò si è staccato poco dopo il decollo. “È stato davvero improvviso. Appena siamo saliti in quota, l’oblò col pannello è semplicemente saltato via e non ce ne siamo accorti fino a quando le maschere dell’ossigeno non sono scese”. Un’altra passeggera, Vi Nguyen, ha riferito di essere stata svegliata da un forte rumore durante il volo: “Apro gli occhi e la prima cosa che vedo è la maschera dell’ossigeno proprio davanti a me. Guardo a sinistra e un pezzo di parete dell’aereo è scomparso. La prima cosa che ho pensato è stata ‘sto per morire'”. Evan Smith, un giovane passeggero seduto vicino al portellone di sicurezza volato via, si è visto sfilare di dosso la camicia, volata fuori per il potente risucchio da depressurizzazione. Solo per merito della buona sorte il posto accanto al pannello strappato non era occupato.

L’aereo era stato certificato idoneo al volo in ottobre ed era stato appena consegnato. “Un evento raro”, ha commentato Alaska Airlines, prima di annunciare che “ogni aeromobile sarà riportato in servizio solo dopo una manutenzione completa e ispezioni di sicurezza”, prevedendo che i controlli saranno conclusi in pochi giorni. La compagnia, ha riferito l’amministratore delegato Ben Minicucci, sta “collaborando con Boeing e con le autorità di regolamentazione per capire cosa è successo”.

Boeing ha avuto difficoltà negli ultimi anni con problemi tecnici e di controllo della qualità legati ai suoi modelli 737 Max, entrati in servizio nel 2017 in sostituzione del 737 Next Generation. Il 737 Max è tuttora utilizzato da decine di compagnie aeree in tutto il mondo. Si tratta di un velivolo tra i più diffusi della Boeing e la maggior fonte di ricavi del gruppo. La compagnia americana United Airlines ne conta 78 nella sua flotta seguita appunto dalla Alaska Airlines con 65 apparecchi che costituiscono il 29% della sua flotta e, a seguire, solo per citarne alcune, la panamense Copa Airlines (29 velivoli) e Aeromexico (19).

In passato questo tipo di aereo, capace di trasportare fino a 200 passeggeri, ha subito degli stop in seguito a diversi incidenti: nel 29 ottobre 2018 ci fu il disastro del volo Lion Air 610, in Indonesia, che provocò 189 morti. L’anno dopo, l’11 marzo 2019 cadde un aereo della Ethiopian Airlines 302, con 157 vittime. Ambedue gli incidenti, avvenuti a pochi minuti dal decollo, erano dipesi dal cattivo funzionamento di un software di pilotaggio automatico per il quale i piloti non avevano ricevuto una formazione adeguata. Subito dopo il disastro della compagnia etiope alcuni Paesi decisero di chiudere lo spazio aereo a tutti i 737 Max. In particolare, l’Europa decise il blocco dei modelli di 737 Max 8 e 737 Max 9 nel suo spazio aereo. Negli Stati Uniti lo stop arrivò subito dopo, il 14 marzo 2019. Una misura che si estese immediatamente a tutto il mondo ed ebbe gravi effetti per l’immagine e per i conti dell’azienda produttrice. Qualche mese dopo, il 16 dicembre, la stessa Boeing annunciò la sospensione “temporanea” della produzione del velivolo, per poi riprenderla ad un ritmo graduale, il 27 maggio 2020. Il 18 novembre 2020 la Faa, l’agenzia federale Usa, annunciò di aver autorizzato il 737 Max a tornare in servizio, solo dopo che la compagnia ha apportato modifiche al proprio sistema di controllo di volo.

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