Braccio di ferro tra il gruppo industriale Danieli e la Regione Friuli Venezia Giulia a causa del referendum che qualche mese fa ha portato alla raccolta di 24mila firme di cittadini contro la realizzazione di un’acciaieria a Porto Nogaro, nella Laguna di Marano. Si trattava di uno stabilimento progettato assieme alla Metinvest ucraina, collegato alle esigenze belliche del paese in guerra con la Russia e alla conseguente perdita della acciaieria Azovstal di Mariupol. La mobilitazione popolare aveva indotto la Regione presieduta dal leghista Massimiliano Fedriga a fare un passo indietro, negando la disponibilità a spianare la strada all’importante investimento, che aveva trovato a Ferragosto anche un assist governativo. In un decreto omnibus di mezza estate era stato inserito un emendamento per consentire, in caso di grandi investimenti, l’abolizione delle autorizzazioni richieste, in nome del preminente interesse strategico nazionale.

In realtà anche il mondo politico friulano, oltre ai cittadini, non vedeva positivamente l’ipotesi che un mostro industriale sorgesse a ridosso delle spiagge di Lignano Sabbiadoro, Grado e Bibione. Molti sindaci si erano opposti e quindi l’amministrazione regionale non aveva potuto che prenderne atto. Adesso il gruppo Danieli (che ha deciso di costruire l’impianto a Piombino) ha chiesto al governatore Fedriga i nomi dei firmatari della petizione. La Regione ha detto di no e Danieli ha presentato ricorso al Tar.

Tenzone alquanto singolare. Nasce dalla richiesta di accesso agli atti presentata da Gianpietro Benedetti, presidente della Danieli (oltre che di Confindustria Udine). Agli avvocati incaricati di seguire la procedura è stata fornita la documentazione riguardante la petizione promossa dai comitati riuniti sotto il nome “Salviamo la Laguna”, ma non tutti i nomi dei singoli firmatari. L’avvocato Mauro Bordin, leghista, presidente del consiglio regionale, aveva motivato la decisione con la tutela della privacy dei firmatari e con la prassi seguita dalla Regione di non fornire l’identità dei firmatari di petizioni pubbliche. Dalla Danieli è partito allora il ricorso al Tar, chiedendo che venga annullato l’atto dell’amministrazione regionale, così da ottenere i nomi.

A che cosa potrebbe servire conoscere l’identità dei firmatari? Secondo una prima ipotesi a presentare una denuncia per diffamazione, che non può che essere individuale, visto che la Danieli sostiene che l’acciaieria non sarebbe stata inquinante, come invece scritto nel testo della petizione. Se questo possa configurare una diffamazione è tutto da verificare. I comitati avevano denunciato un rischio ambientale, considerando anche l’ecosistema lagunare e la presenza nelle vicinanze di spiagge a vocazione turistica. Il gruppo industriale aveva sostenuto la perfetta sostenibilità ecologica dell’impianto, le cui dimensioni gigantesche avrebbero comunque avuto un impatto sul territorio. C’è poi un profilo civilistico. Danieli ritiene di aver subito danni all’immagine e di tipo economico, a seguito della decisione di cambiare il sito dell’investimento, individuato in un’altra regione italiana, la Toscana.

Il gruppo di Butrio ha diramato una nota. “Il gruppo Danieli è da sempre attento al territorio in cui l’azienda è nata e rispettoso delle sensibilità della sua popolazione. Anche per questo a seguito della volontà della giunta regionale di interrompere la procedura riguardante l’autorizzazione per l’insediamento del Digital Green Steel Project, ha inteso raccogliere informazioni per comprendere le ragioni di questa decisione. Essendo Danieli un’azienda quotata tale richiesta è finalizzata anche a dare ai propri azionisti motivazioni e informazioni complete rispetto alla decisione di indirizzare l’investimento su un altro territorio”. Sembra respingere, quindi, il sospetto di ricorsi alla magistratura contro i firmatari. “Il Gruppo ribadisce che la richiesta è stata fatta al solo fine di avere un quadro informativo completo dal punto di vista amministrativo. L’ipotesi di una causa ai quasi 22mila cittadini è frutto di ricostruzioni giornalistiche fantasiose e destituite di ogni fondamento”. In realtà nel ricorso al Tar è contenuto il riferimento alle accuse di supposto danno ambientale, ritenendole “false e lesive” del buon nome di un gruppo di livello mondiale. Ma c’è anche un riferimento critico alla Regione che inizialmente aveva definito “strategico” l’investimento, salvo poi modificare la propria posizione quando si è vista recapitare oltre 24mila firme di cittadini.

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Nella foto in alto | Il presidente della Danieli Gianpietro Benedetti e il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga

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