C’è un altro fermato nell’indagine per individuare chi ha teso un cavo d’acciaio attraverso la strada di viale Toscana a Milano nella notte tra il 3 e il 4 gennaio. Nella serata di venerdì si è presentato alla questura di Monza uno dei complici di Alex Baiocco, il 24enne milanese che è il primo ad essere stato identificato. Il suo presunto complice è un ragazzo di 18 anni, si chiama Michele Di Rosa: si è rivolto alla polizia accompagnato dal suo legale. Sono stati allertati i carabinieri di Milano che si stanno occupando del caso e nel mentre il giovane è stato fermato e portato in carcere a Monza. Proseguono gli accertamenti dei carabinieri e le indagini per risalire all’identificazione di un terzo complice. Di Rosa era già stato identificato dalle forze dell’ordine, da qui la scelta di presentarsi in questura. Secondo la ricostruzione dei carabinieri il 18enne avrebbe noleggiato uno scooter elettrico della Cooltra con cui, dopo aver teso il cavo, si è allontanato assieme all’altro ragazzo, Emanuele (come risulta dagli atti), il quale sta per essere rintracciato.
Baiocco e Di Rosa devono rispondere dell’accusa di blocco stradale. Il gip Domenico Santoro ha fatto cadere gli altri reati contestati in un primo momento dai pm, cioè strage e attentato alla sicurezza dei trasporti. Secondo il giudice la condotta (che il gip definisce “assurda“) non integra il reato di strage che consiste “nel fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità”, ma in questo caso “non è dato evincere che quella condotta sia stata accompagnata dal fine di uccidere” nel senso richiesto dalla giurisprudenza. Lo stesso vale anche per l’attentato alla sicurezza dei trasporti. Non per l’accusa di blocco stradale: “Allo stato degli atti – scrive il giudice per le indagini preliminari – non appare dubitabile che il pericolosissimo congegno abbia oggettivamente avuto finalità di ostacolare la libera circolazione” stradale.
Le decisioni del giudice arrivano dopo le dichiarazioni del giovane che ha definito le sue azioni un “gioco senza regole“. “Non c’era un’altezza prestabilita alla quale intendevamo mettere il cavo – ha spiegato Baiocco davanti al magistrato – In generale non c’è stata una programmazione della cosa”. Nel suo interrogatorio ha ricostruito le dinamiche della serata, ha ammesso che quella sera era triste e ha pensato che uscire di casa gli avrebbe fatto bene. Definisce il gesto una “idea stupida” venuta perché si stavano annoiando, avevano bevuto e intorno alle due hanno tirato la fune. “Eravamo molto scherzosi – ha continuato il 24enne nell’interrogatorio – continuavamo a ridere, io ho ritenuto di seguire il gruppo“, ma poi “ci siamo resi conto che qualcuno ci osservava dalla finestra, ci siamo spaventati e siamo corsi via. Questo è quello di cui io mi pento maggiormente perché mi sono reso conto che andava tolto il cavo dalla strada, ho detto cavolo devo tornare indietro a togliere il cavo”; conclude che solo “in cella, ho riflettuto e capito che qualcuno poteva morire“.
Come riporta il giudice, più volte il giovane ha dichiarato di non avere intenzione di non voler fare male a nessuno e di non essersi reso conto del pericolo e ha anche affermato che lui stava facendo “il pagliaccio per assecondare i miei amici che ad esempio mi avevano chiesto di entrare a casa mia dalla finestra. Quando stendevo il cavo che loro avevano ancorato da una parte, mi sentivo partecipe del gruppo ed avevo bisogno di approvazione“.