Quello che sta succedendo a Gaza in questi ultimi tre mesi è indicibile. Sotto gli occhi di tutti e tutte sono state assassinate oltre 20.000 persone di cui oltre 10.000 bambini. Gli ospedali non funzionano più ed ogni giorno tra i bambini sopravvissuti ve ne sono dieci che subiscono un’amputazione. Le scene di violenze gratuite dell’esercito israeliano sulla popolazione civile palestinese non si contano più. Ministri israeliani hanno parlato esplicitamente dei palestinesi come di bestie e le strategie militari poste in essere sono fondate sulla violenza da infliggere alla popolazione civile. Parte integrante di questa strategia militare è basata sulla distruzione delle case di abitazione e delle infrastrutture civili in modo da rendere impossibile la vita agli abitanti di Gaza e di porre le condizioni per una deportazione di massa della popolazione palestinese. Siamo, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, al genocidio deliberato e pianificato finalizzato alla pulizia etnica e alla deportazione della popolazione palestinese.
Mentre scrivo inorridisco, perché i crimini posti in essere con tragica e regolare pianificazione, sono puro orrore che accade alla luce del sole. Inorridisco e penso che molti di voi lettori smetteranno di leggere oppure non avranno nemmeno cominciato l’articolo perché infastiditi da questo orrore: quante persone non riescono più a reggere il livello di violenza che quotidianamente entra nelle nostre case attraverso gli schermi televisivi… Perché quanto sta accadendo a Gaza accade sotto i nostri occhi, accade in diretta, tra un pubblicità e l’altra. La banalità del male dei campi di concentramento nazisti è venuta alla luce pienamente dopo la guerra: si è saputo dopo, quando non erano più. A Gaza la banalità del male va in onda in contemporanea e mentre guardiamo il telegiornale delle 19 sappiamo che il domani sarà uguale, carico di orrore disumano come ieri. Tutto ciò è inaccettabile.
Qualche giorno fa, il giornalista Raffaele Oriani, che si è congedato da Repubblica, per protesta contro la linea editoriale del giornale, ha scritto: “Questo massacro ha una scorta mediatica che lo rende possibile. Questa scorta siamo noi.” Io penso che queste parole, che ringrazio Oriani di aver scritto, non valgano solo per i giornalisti. Valgono per tutte e tutti noi occidentali: perché questo orribile massacro, che accade sotto gli occhi di tutti, non determina in Italia, un vero scandalo, una vera indignazione? Questa passività di fronte al fatto che nostri simili vengano massacrati segnala un problema su cui dobbiamo riflettere e operare. Tanto più perché senza la piena e totale complicità occidentale, dagli Usa all’Unione Europea, Israele non potrebbe compiere il genocidio che sta facendo. Così come senza la passiva accondiscendenza delle opinioni pubbliche occidentali i nostri governi non potrebbero continuare ad appoggiare Israele nella sua barbara azione di massacro.
La nostra condanna dell’antisemitismo è totale, così come nessuno mette in discussione l’esistenza dello stato di Israele. A partire da questi punti fermi occorre condannare e agire per fermare le pratiche terroristiche e naziste poste in essere dal governo israeliano. La sacrosanta denuncia del governo sudafricano alla corte dell’Aia del governo israeliano per genocidio, non può rimanere isolata, deve diventare una campagna di massa affinché anche l’Italia si unisca a questa denuncia. La campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, mirate nei confronti di imprese, istituzioni israeliane e internazionali coinvolte nelle violazioni dei diritti del popolo palestinese deve diventare un modo concreto di azione quotidiana.
Potrei proseguire nell’elenco ma il punto fondamentale è inserire queste azioni all’interno di un discorso che sveli e smonti i luoghi comuni su cui si fonda una certa tolleranza verso gli indicibili orrori che l’esercito israeliano infligge alla popolazione palestinese.
Il fascismo israeliano, che ha continuato a rafforzarsi in quella società, non è un incidente di percorso ma il frutto degenere di una ideologia che si fonda sul proprio diritto ad occupare la terra degli altri “perché gli altri non ci sono”. Gli altri vengono negati, cancellati, disumanizzati. Del resto questo problema è stato sottolineato già nel 1948 da Einstein, Hanna Arendt ed altri intellettuali ebrei statunitensi quando denunciavano che “fra i fenomeni più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello relativo alla fondazione, nel nuovo stato di Israele, del Partito della Libertà (da cui è nato il Likud di Netanyahu), un partito politico che nell’organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e nell’azione sociale appare strettamente affine ai partiti nazista e fascista.”
Il punto è che nel corso degli anni quello che nel 1948 era un pericolo, è diventata una realtà: gli esiti concreti sono le pratiche naziste dell’esercito sionista e solo la loro radicale condanna e sconfitta può aprire la strada alla pace tra eguali. “Il frutto della giustizia sarà la pace” recita il profeta Isaia: mai frase fu più corretta.
La legittimità dello Stato israeliano non può quindi essere fondata – in primo luogo nelle nostre teste – in un qualche diritto divino o sull’ideologia sionista o in una presunta superiorità morale degli israeliani, ma nella pura e semplice realtà dei fatti determinatasi – con gravissimi errori e responsabilità delle potenze occidentali – dopo la seconda guerra mondiale. Così com’è evidente che il diritto al ritorno riguarda in primo luogo le popolazioni palestinesi sparse in tutti i continenti in questi decenni di repressione.
Di tutto questo e molto altro discuteremo giovedì sera 11 gennaio, alle ore 21 con la presentazione del numero Free Palestine della rivista Su la testa a cui parteciperanno Elena Basile, Angelo d’Orsi, Rania Hammad, Raul Mordenti, Simona Suriano. Il dibattito , introdotto da Nando Mainardi e concluso dal sottoscritto potrà essere seguito sulle pagine FB “sulatestarivista”, “rifondazione.comunista” oppure “pferrero.prc”.