Il saluto romano è reato solo se alimenta “in concreto” il rischio di un ritorno del partito fascista? O basta il pericolo “astratto” insito nell’inneggiare a un’ideologia violenta e discriminatoria? Intorno a questo dilemma ruota il destino giudiziario dei militanti di estrema destra che ogni anno tendono il braccio e gridano “presente!” alle commemorazioni delle vittime nere degli anni di piombo. Molto spesso, infatti, le indagini e i processi aperti per i loro show finiscono in archiviazioni e assoluzioni. E il motivo sta nell’ipotesi di reato contestata il più delle volte dai pm: l’articolo 5 della legge Scelba, “Manifestazioni fasciste”, che punisce chi “con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista“. Sembra la descrizione perfetta delle braccia tese, ma l’orientamento dei giudici su questo tema è restrittivo: poiché la legge del 1952 attua il divieto costituzionale di rifondazione del partito fascista – è il ragionamento – le manifestazioni nostalgiche sono reato soltanto se aumentano il pericolo concreto che quella rifondazione avvenga. Una prova, va da sè, assai difficile da raggiungere. Più facile, invece, arrivare a condannare i “camerati” sulla base di un’altra norma, applicata però fino adesso solo in una minoranza di casi: l’articolo 2 della legge Mancino del 1993, che vieta “manifestazioni esteriori, emblemi o simboli” propri di movimenti portatori di idee “fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico“.

Ma qual è la soluzione corretta sul piano giuridico? Per una coincidenza temporale, la Cassazione lo deciderà una volta per tutte nei prossimi giorni, proprio mentre si infiamma la polemica politica sulle centinaia di saluti romani in via Acca Larentia a Roma (video). Il 18 gennaio, infatti, le Sezioni unite – lo speciale collegio che risolve i contrasti interpretativi interni – si riuniranno per affrontare la questione: il caso specifico oggetto del processo riguarda otto militanti del movimento neofascista CasaPound, denunciati per violazione della legge Mancino a causa delle braccia tese in cui si erano esibiti il 29 aprile 2016 durante la commemorazione di Sergio Ramelli, il 19enne missino ucciso a Milano nel 1975. In primo grado il Tribunale li aveva scagionati sostenendo che non potessero rendersi conto dell’illiceità della condotta, in quanto alcuni loro compagni di militanza, finiti sotto processo per gli stessi saluti romani alla commemorazione del 2014, erano stati assolti in via definitiva dall’accusa di aver violato la legge Scelba. La Corte d’Appello però ha ribaltato il verdetto – condannandoli ciascuno a due mesi di carcere e duecento euro di multa – perché le imputazioni dei due processi si basavano su due leggi diverse: in uno la Scelba, nell’altro la Mancino. Così, una volta che il fascicolo è arrivato in Cassazione lo scorso settembre, i giudici della Terza sezione penale hanno investito del dilemma le Sezioni unite per avere una risposta definitiva.

Nell’ordinanza di rimessione, il consigliere estensore Alessandro Centonze riassume i due diversi orientamenti della Suprema Corte sul tema. Quello maggioritario presuppone che la norma da applicare sia il divieto di “manifestazioni fasciste” previsto dalla legge Scelba, ritenuto il più specifico. La previsione, però, non sanzionerebbe “le manifestazioni del pensiero e dell’ideologia fascista in sé“, garantite dall’articolo 21 della Costituzione, “ma soltanto quelle manifestazioni che determinino il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all’ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell’ordine democratico e dei valori a esso sottesi”. In base all’orientamento di minoranza, invece, il saluto romano è semplicemente “una manifestazione tipica dei gruppi che perseguono finalità discriminatorie, che non necessitano di alcun collegamento, anche solo indiretto, con organizzazioni di ispirazione fascista”. Il braccio teso, quindi, è punibile in base alla legge Mancino sui crimini d’odio. Per questo, si legge nel provvedimento, sussiste “l’esigenza di assicurare l’uniformità dell’interpretazione“. La decisione delle Sezioni unite potrebbe un effetto pratico notevole: se a prevalere sarà la “tesi Mancino” è probabile un aumento del numero di condanne, mentre l'”opzione Scelba” garantirebbe l’impunità nella maggior parte dei casi. I “salutatori” di tutta Italia attendono.

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