Riciclaggio di beni culturali. È questo il reato per cui il sottosegretario Vittorio Sgarbi è indagato a Macerata dopo l’inchiesta del Fatto e di Report sul quadro di Rutilio Manetti rubato nel 2013 e riapparso a Lucca nel 2021 come inedito di proprietà del critico-politico. A confermare l’iscrizione nel registro degli indagati è stato direttamente il Procuratore di Macerata Giovanni Fabrizio Narbone, dopo che in mattinata il sottosegretario aveva provato a difendersi a modo suo, attaccando il Fatto Quotidiano che ha dato la notizia dell’indagine a suo carico. Nel frattempo si è mossa anche la politica, con il Movimento 5 stelle, il Pd e Verdi-Sinistra che hanno chiesto la revoca del sottosegretariato. “Se confermate le notizie che stanno uscendo, la vicenda confermerebbe la ‘gravità’ della posizione del sottosegretario che ‘lede l’onore delle istituzioni’ e non può mantenere il suo incarico”, hanno spiegato i pentastellati. Chi non si espone e prende tempo è il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “Non faccio il magistrato. Se la magistratura arriverà a una conclusione ne prenderemo atto, ma i processi si fanno nei tribunali”, ha detto a ‘Zapping’ su Radio1. “Ricordo che, quando si è evidenziato un problema dei comportamenti di Sgarbi, sono stato io a mandare gli atti all’autorithy competente e loro si sono presi fino a febbraio per decidere. In funzione di quello che decideranno ci muoveremo”.
L’indagine a Macerata – È stato trasmesso qualche giorno fa alla Procura di Macerata il fascicolo nel quale il sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi è indagato per il reato di riciclaggio di beni culturali di cui all’articolo 518-sexies del codice penale in merito al caso del dipinto attribuito a Rutilio Manetti, trafugato dal Castello di Buriasco nel 2013. Non solo. Sgarbi è rischia il rinvio a giudizio nell’indagine partita a Siracusa nel 2020 e trasferita dalla Procura di Imperia in merito alla vicenda riguardante l’esportazione, ritenuta illecita, di un quadro all’estero attribuito al Valentin De Boulogne, anche questo poi riprodotto come “clone” nel laboratorio di Correggio dove ieri sono stati i carabinieri per ascoltare i due titolari come persone informate sui fatti.
L’inchiesta, coperta dal segreto istruttorio, è confermata dal procuratore Alberto Lari. Lo stesso magistrato ha fatto sapere che riguardo al caso del dipinto attribuito a Rutilio Manetti non è stata aperta alcuna inchiesta a Imperia e gli atti ricevuti dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale nel dicembre scorso sono stati subito trasmessi alla Procura di Macerata per competenza, perché Sgarbi dichiara il domicilio a San Severino Marche, di cui fu sindaco nel 1992, luogo da lui stesso designato per gli interrogatori. Esattamente come ha raccontato il Fatto Quotidiano.
Sgarbi attacca (a modo suo) – Vittorio Sgarbi, però, ha reagito a modo suo dopo la rivelazione del Fatto Quotidiano riguardo all’indagine che lo riguarda aperta a Macerata. “Ancora una volta Il Fatto mente, utilizzando informazioni riservate e del tutto ignote a me e al mio avvocato. Io non ho ricevuto nessun avviso d’indagine. Né saprei come essere indagato di un furto che non ho commesso”, sostiene il sottosegretario alla Cultura. “Da questa notizia risulta una palese violazione del segreto istruttorio, l’unico reato di cui ci sia evidenza”, dice ancora il critico d’arte e politico. “Quello che sappiamo è quanto letto sulla stampa e già questo è singolare”, afferma invece il suo avvocato Giampaolo Cicconi che assiste Sgarbi in altri procedimenti. “Ad oggi – conclude l’avvocato – non siamo in grado di commentare alcunché e se mai dovesse arrivare la notifica dalla procura, spetterà al sottosegretario Sgarbi decidere a chi affidare l’eventuale assistenza”.
Sgarbi, quindi, sostiene che l’opera in suo possesso “è in buone condizioni e con una stesura pittorica ben conservata e uniforme”. Qualunque valutazione, continua, “va fatta sull’opera di cui quella rubata è manifestamente una copia, come tutte quelle conservate in quel castello di cui nessuno si è preoccupato. Né credo sia un reato fare eseguire la fotografia di un’opera di cui tutti gli esperti hanno visto l’originale esposto a Lucca”. L’inchiesta era stata aperta a Imperia e poi girata a Macerata per competenza territoriale, visto che Sgarbi è domiciliato in un piccolo paese della Provincia dove fu sindaco negli Anni Novanta: “È una notizia che potrebbe avere un senso, se , come la legge prevede, io ne fossi a conoscenza. Ma così non è – conclude il sottosegretario – Dovrebbe infatti essere un magistrato, non un giornalista, a stabilire su cosa indagare e sulle complicità di restauratori e fotografi, accusatori improvvisati, ma che potrebbero rivelarsi complici di più gravi reati e omissioni”.
Quanto alla versione del critico, anche ieri ospite senza contraddittorio della trasmissione di Nicola Porro e l’indomani all’Aria che tira con David Parenzo, è sempre la stessa salvo il cambio in corsa di significativi “dettagli”. Già in precedenza, aveva sostenuto il che il dipinto non era stato consegnato al suo restauratore di fiducia, Gianfranco Mingardi, pochi mesi dopo il furto. Poi lo ha invece ammesso, ma dicendo che aveva fatto “un pessimo restauro” (mai contestato).
Sulla provenienza del dipinto, sostiene ancora di averlo trovato nel sottotetto della sua Villa Maidalchina acquistata nel 2000 dalla madre, poi in un’intercapendine e infine in un sottoscala. Non torna neppure la versione dichiarata nella scheda della mostra a firma di Sgarbi e del professor Ciampolini: per accreditare la presenza del dipinto nella villa cita un inventario del 1649 custodito all’archivio di Stato di Viterbo. Che effettivamente cita un “San Pietro”, ma “con l’ancilla”, vale a dire una figura femminile che non c’è nel dipinto della controversia, ma soprattutto è riferibile a una scena biblica antecedente, cioé il “giudizio di San Pietro” e non la cattura. Sgarbi ha però sostenuto che l’ancilla ben potrebbe essere il giudice che si erge dal pulpito, salvo attribuire a quella scena la prima traccia nella storia di un tribunale che rispetta il gender.