Il cantautore, nel suo disco più bello ad oggi, invita a chi lo ascolta a pensare un po' di più a se stessi e ad andare oltre gli schemi della società, a costo anche di non essere compresi. Libertà è amore per se stessi e può e deve diventare un nuovo inizio
Un inno alla libertà, soprattutto di pensiero. È la rivoluzione di Biagio Antonacci con il suo album “L’inizio”, che arriva a cinque anni dal precedente “Chiaramente visibili dallo spazio”. “Mi sono preso del tempo – racconta Antonacci a FqMagazine -, avevo a disposizione 35 pezzi alla fine, poi sono arrivato a 14 inediti da inserire nel disco. Molti spunti sono nati di notte, mi sono chiuso in bagno di nascosto per non svegliare nessuno per incidere le melodie a bassa voce sul telefonino. Ho scritto tanto perché ho avuto tanto tempo”. I quattordici inediti (segnaliamo su tutti “L’inizio”, il singolo “A cena con gli dei”, “È capitato”, “Lasciati pensare”, “Dimmi di lei”, “Bastasse Vivere”, “Non diamoci del tu, “Seria e “Non voglio svegliarti”) con in più la nuova versione di “Sognami” del 2007, incisa con Tananai e Don Joe, sono una riflessione sui rapporti umani, sulle nuove generazioni, sull’amore, le guerre dentro e fuori di noi. Antonacci, nel suo disco più bello ad oggi, invita a chi lo ascolta a pensare un po’ di più a se stessi e ad andare oltre gli schemi della società, a costo anche di non essere compresi. Libertà è amore per se stessi e può e deve diventare un nuovo inizio.
Cosa rappresenta per te un nuovo inizio?
Il cambiamento e il cambiamento per me rappresenta nuova energia, vitalità, nuovi orizzonti da raggiungere.
Quali sono gli obbiettivi da raggiungere?
Anzitutto un nuovo senso di libertà. Ho sempre pensato prima agli affetti e poi a me. Oggi ho una nuova libertà e lo dico anche alla mia famiglia: ‘Non vi mancherà nulla, ma quando voglio fare una cosa la faccio. Guardatemi ma non giudicatemi’. Poi in senso largo, nella società di oggi, il cambiamento diventa un atto di coraggio.
Perché?
La società non incoraggia il cambiamento se pensiamo ai mutui di 30 anni o anche al giurare l’amore eterno, come da tradizione cattolica-cristiana. La sicurezza è pericolosa, ci vogliono più egoismo e libertà. È comodo stare in un posto per noi familiare perché per noi è sicuro, ma quella sicurezza può rivelarsi pericolosa perché ci fa perdere tanta bellezza. Così come la dipendenza emotiva rende schiavi, ci impedisce di guardare avanti verso nuovi inizi.
Il tuo è un invito a rompere gli argini?
Certo. Vengo dalla periferia, da Rozzano. So benissimo cosa vuol dire il mito del posto fisso. Per nove anni ho lavorato come geometra perché non potevo vivere di musica…
Come hai resistito?
Per me è l’attesa la chiave di tutto. Aspettare e lavorare affinché qualcosa di bello arrivi. Oggi ho meno paura di essere accettato per quello che sono perché oggi sono libero, grazie a dio. Sono libero di fare un disco, anche dopo cinque anni.
La libertà come si può applicare, invece, a chi fa un lavoro “comune”?
Il Covid ci ha insegnato che si può benissimo lavorare da casa, senza problemi a livello di resa e produzione. Le aziende, invece, hanno richiamato tutti negli uffici per avere tutti sotto controllo. Trovo sia un peccato e penso, ad esempio, alle mamme lavoratrici. Lavorando da casa le donne possono seguire anche i figli e la famiglia. Nel Nord Europa tutto questo è già realtà da anni. Peccato non seguirne l’esempio.
I social limitano la libertà?
Lo racconto in ‘Non voglio svegliarti’. Partiamo dalla premessa che dobbiamo prenderci cura della persona amata, proteggerla dal mondo esterno. I social appartengono a questo mondo, così come la tv ha segnato la nostra esistenza dalla pubblicità ai film osè nelle ore notturne. La differenza è che mentre in tv c’erano gli attori, nei social ci siamo noi tutti. Noi siamo lo specchio dei social e sempre riflessi. Ma gli specchi prima o poi si romperanno e chi saremo noi? Dove saremo? Me lo chiedo.
Ti sei dato una risposta?
Usare i social è bello, soprattutto Instagram per postare delle belle foto. Non dobbiamo dimenticare la nostra umanità e la nostra essenza ‘analogica’. Con l’intelligenza artificiale c’è il pericolo di diventare replicanti, ma dobbiamo invece fare in modo che alle redini ci sia sempre l’essere umano. Solo così si può arginare qualsiasi pericolosa deriva.
“Evoco” chiude il disco e parli anche del rapporto con tuo padre. Hai fatto pace con lui?
Non sono mai riuscito a dirgli ti voglio bene ed è un rimpianto, anche se probabilmente per come era fatto lui nemmeno ne sentiva il bisogno. Ma anche qui, grazie alla figura angelicata di una donna che canto in questo brano, esprimo la voglia di un nuovo inizio: non commettere gli stessi errori con mio figlio.