Quasi ovunque è vietato accettare i regali, soprattutto se superano il valore di uno stipendio mensile come avviene in Ungheria. Ma è vietato anche avere incarichi retribuiti di qualsiasi tipo in aziende private durante il mandato: una violazione punita con la decadenza in Belgio ma anche con una pesante multa o addirittura con la detenzione in Francia. Sono alcune delle leggi sui conflitti d’interesse per i parlamentari, i ministri e i funzionari pubblici nei Paesi dell’Unione europea. A elencarle è studio non ufficiale, compiuto qualche tempo fa dall’Associazione dei Public policy Advocates (esperti di politiche pubbliche) accreditati a Bruxelles, che però restituisce una panoramica sul quadro normativo in vigore nei principali Paesi comunitari in tema di trasparenza dei decisori pubblici.
Un tema che dovrebbe essere di stringente attualità anche in Italia. Ancora nel luglio scorso, infatti, la Commissione Ue sottolineava nell’ultima Relazione sullo Stato di diritto come nel nostro Paese non fosse ancora stata “adottata una legislazione globale sul conflitto di interessi“. E in effetti la normativa italiana per regolare gli impegni e i guadagni extra dei parlamentari sembra tra le più blande: non sono previste norme o sanzioni per gli eletti che portano avanti impieghi per società private o addirittura estere, parallelamente al loro incarico pubblico.
In Italia liberi tutti – Solo per fare un esempio: in molti Paesi dell’Ue non potrebbe esistere il caso di Matteo Renzi, senatore in carica, leader di partito e allo stesso tempo consulente retribuito da società e Stati esteri. Ma non potrebbe esistere neanche il caso di un parlamentare che ha una sua società privata di consulenza: l’esempio è sempre quello di Renzi, che ha fondato la Ma.Re. Consulting. In alcuni dei più importanti Paesi Ue è vietata anche una situazione simile a quella di Maurizio Gasparri, senatore e presidente di Cyberealm, società attiva nella cybersicurezza. Un incarico che recentemente è stato considerato “compatibile col mandato parlamentare” dalla Giunta delle immunità di Palazzo Madama. Questo perché l’Italia è l’unico grande Paese dell’Unione Europea a non avere una legge chiara sul conflitto d’interessi per i componenti di Camera e Senato.
In Francia si rischia il carcere – In Francia, invece, i deputati non possono avere incarichi di alcun tipo in imprese private: a stabilirlo è il Codice elettorale del 1964, modificato nel 2015 e la legge sui diritti e gli obblighi dei funzionari del 1983, aggiornata nel 2016. In caso di violazioni si rischiano pene fino a tre anni di reclusione e una multa fino a 200mila euro. I parlamentari rischiano anche la decadenza se la situazione di conflitto di interessi non viene eliminata dopo apposito iter di segnalazione. Sono previste poi ulteriori multe se si usano i poteri conferiti dal mandato per favorire una determinata azienda. In Germania, invece, la legge sui ministri federali risale al 1953 (modificata nel 2015): vieta ai componenti del governo di avere impieghi retribuiti per società private. Nel 2009 è stata approvata una norma sui civil servant che vieta ai funzionari pubblici di accettare doni e ricoprire incarichi in agenzie governative o finanziate dal governo mentre si svolge una funzione legislativa.
Divieto di accettare doni – In Spagna la modifica delle legge elettorale del 2016 vieta ai parlamentari di avere qualasiasi incarico diretto o indiretto in società private. In Austria esiste un’apposita commissione per le incompatibilità che può concedere a ministri e parlamentari di avere interessi nel settore privato o in imprese statali: vuol dire dunque che ogni caso viene analizzato e discusso. In Belgio per evitare conflitti d’interessi tutti i parlamentari non possono mantenere una posizione retribuita in società private durante il mandato. Inoltre non si possono accettare regali. Ministri, parlamentari e funzionari pubblici che violano le leggi sul conflitto d’interesse rischiano sanzioni che vanno dalla decadenza dalla carica alla reclusione.
Nessun secondo lavoro – Non possono ricoprire funzioni in imprese private anche i componenti del Parlamento della Repubblica Ceca. La stessa cosa avviene in Danimarca, dove una modifica della Costituzione del 2015 ha vietato ai ministri e ai membri del Parlamento di ricevere consulenze da società private. In Finlandia il codice penale, che risale al 1889 ma è stato modificato nel 2016, vieta a ministri, parlamentari e funzionari pubblici di accettare regali. In caso di violazione si rischia una multa o la reclusione fino a due anni. Anche in Ungheria è vietato accettare regali per i Parlamentari, ma solo se superano il valore di uno stipendio mensile. Lo stesso divieto vale anche in Irlanda, a Malta, in Polonia (dove la violazione è punita con la decadenza) e in Estonia, dove i componenti del governo e del Parlamento non possono ricoprire incarichi in società private. In Slovenia la legge impedisce al capo dello Stato, ai ministri e ai membri del Parlamento di accettare doni e avere qualsiasi altro impiego che genera reddito.
Quello che ci chiede davvero l’Europa – Insomma il quadro è chiaro. “Tutte le grandi democrazie europee hanno nel loro ordinamento delle leggi che regolano i conflitti d’interesse”, dice Sabrina Pignedoli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. La deputata fa notare come a chiedere una legge sul conflitto d’interesse all’Italia sia da tempo la Commissione Ue. “Nel rapporto 2022 sulla condizione dello Stato di diritto – dice – è stato evidenziato come la pratica di incanalare le donazioni ai partiti attraverso fondazioni e associazioni politiche rappresenta un serio ostacolo alla responsabilità pubblica, dal momento in cui le transazioni sono difficili da tracciare e la corruzione è sempre più utilizzata per infiltrarsi nell’economia legale”. Anche nell’ultima relazione sullo Stato di Diritto, a luglio 2023, la commissione Ue ricordava che in Italia “i precedenti tentativi di adottare una legislazione globale sul conflitto di interessi per i titolari di cariche politiche, compresi i parlamentari, sono in sospeso da anni. Il regime relativo al conflitto di interessi rimane finora frammentato”. Bruxelles ha fatto il punto sulla situazione nei due rami del Parlamento: “La Camera dei deputati si era accinta a inserire formalmente il proprio Codice di condotta nel suo Regolamento interno, ma non ha terminato il lavoro nella legislatura precedente e ha ripreso le discussioni in proposito nell’attuale legislatura, senza fissare un termine per il completamento. Il Senato ha adottato un Codice di condotta per i propri membri il 26 aprile 2022, ma il testo non è disponibile al pubblico e non sono state ancora pubblicate linee guida dettagliate. Come l’anno scorso, non si sono registrati ulteriori sviluppi per quanto riguarda la pubblicazione obbligatoria delle dichiarazioni patrimoniali dei membri della Camera dei deputati e del Senato, che rimane soggetta a un regime frammentario”.