“L’inferno” del Cpr di Palazzo San Gervasio: psicofarmaci ai migranti e due casi di pestaggi. La procura di Potenza: ‘Trattati come scimmie’
“C’erano tante situazioni, era un inferno là dentro, e solo chi si trovava a viverlo di persona lo può capire. Di episodi sgradevoli ce ne sono stati tantissimi, tanti. tanti, tanti. Contusioni, ematomi su tutto il corpo, si presumeva probabilmente anche una frattura, perché lui lamentava tanto dolore ad un arto superiore, ad un braccio, per non contare poi le manganellate sulla schiena, c’erano dei veri e proprio segni… rimasero”. È il 13 febbraio 2023 quando un’infermiera risponde così agli inquirenti di Potenza – che stanno indagando sul Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio (Potenza) – se è a conoscenza di episodi di pestaggio all’interno della struttura. La donna, prima di raccontare, dice: “Che ci sono tante situazioni che ho fatto fatica a dimenticare e speravo di averle dimenticate, che ti devo dire?”. Il racconto riguarda una sommossa e la violenza subita da un ragazzo. La donna avrebbe voluto chiamare il 118 ma le sarebbe stato impedito.
Coinvolto anche un indagato per il Cpr di Milano – Le indagini sul Cpr – c
he hanno portato ai domiciliari un poliziotto e all’interdizioni imprenditori e medici – erano iniziate nel 2019 perché un cittadino algerino, arrestato per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, aveva risposto al pm che lì nel centro ai migranti venivano imposti, anche con l’inganno, farmaci e tranquillanti. E l’inchiesta ha svelato come nella struttura – gestita da
Alessandro Forlenza indagato anche dalla
Procura di Milano a inizio dicembre per
turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture nella gestione del Cpr di via Corelli – agli stranieri venivano dati, a volte imposti, farmaci antipsicotici e anti depressivi, da cui in alcuni casi diventavano dipendenti, per mantenere l’ordine pubblico. Gli imprenditori sono accusati di non aver fornito i servizi concordati con la prefettura o averli forniti in maniera carente, i medici e poliziotti di maltrattamenti e violenza privata anche se la procura aveva contestato la tortura a due poliziotti e un medico.
Le violenze su un tunisino e un gambiano – Un 40enne tunisino – il 30 novembre del 2021 – secondo l’accusa fu “immobilizzato ai polsi e alle caviglie” con “crudeltà” e “abuso dei suoi poteri” con delle “fascette di contenimento” per costringerlo a “ingerire contro la sua volontà dosi di farmaci antipsicotici e di farmaci tranquillanti di derivazione benzodiazepinica” come “Seroquel, di Rivotril e di Tavor”. L’uomo fu anche minacciato di non essere liberato nel caso non avesse assunto il farmaco. In un altro caso un gambiano di 31 anni, che aveva dato in escandescenza durante l’udienza davanti al giudice di pace il 10 marzo 2022, era stato sedato con una fiala di Valium intramuscolo mentre aveva le caviglie e i polsi legati e si trovava in terra nel piazzale del Cpr bloccato dagli agenti. Per il giudice delle indagini preliminari Antonello Amodeo, che ha disposto gli arresti domiciliari per un ispettore e misure interdittive per gli altri indagati tra cui un medico – “risulta evidente che… le forze di polizia intervenute… ben avrebbero potuto procedere ad arrestarli, adottando cosi provvedimenti che, proprio perché restrittivi della libertà personale dell’individuo, contemplano al tempo stesso, in omaggio ai principi costituzionali… una serie di garanzie per l’arrestato”. La procura contestava la tortura (agli ci sono anche dei file video), ma il giudice ha ritenuto di valutare gli episodi come violenza privata. Per il procuratore Francesco Curcio chi “dava problemi… veniva trattato come una scimmia”.
I casi di maltrattamenti sono 35 – L’indagine ipotizza che tra il 2018 e 2022 almeno 35 casi di maltrattamenti, un “sistema” basato su “l’indebita somministrazione anche occulta e/o forzata e in ogni caso senza che fosse acquisito il consenso informato di psico-farmaci anticonvulsivi” per “modificarne i comportamenti”. Ai migranti sarebbe stato indotto “uno stato di prostrazione ed una continua sedazione coatta” con “menomazione della dignità umana ed una lesione della libertà morale delle vittime” oltre al “rischio concreto di indurre fenomeni di farmacodipendenza” senza che fosse stata diagnosticata alcuna “sindrome convulsiva o epilettica“. Ma perché i migranti venivano sedati? Come racconta un’infermiera gli inquirenti: “Gli ospiti apparivano infatti molto provati proprio dal contesto in cui si trovavano a vivere. Come ho detto prima, dopo qualche settimana di permanenza, alcuni di loro cominciavano a sviluppare comportamenti ossessivi come il camminare in cerchio”.
Appalti per 3 milioni – Anche perché la struttura non offriva che il vuoto, nessun servizio. La società Engel aveva vinto appalti per 3 milioni garantendo alla Prefettura tutta una serie di servizi sanitari, linguistici e logistici ai migranti trattenutivi in attesa di espulsione che non venivano erogati oppur e lo erano in misura insufficiente. Ed è lo stesso gip che riflette che la gestione del centro “risultata orientata a sopperire ai livelli insufficienti sotto il profilo qualitativo e quantitativo delle condizioni strutturali funzionali e dei servizi alla persona con modalità anomale di sedazione degli ospiti mediante l’uso di farmaci psicotropi spesso all’insaputa degli ospiti o addirittura in modo coattivo senza ricorrere alla procedura del Tso laddove ve ne fosse stato effettivo bisogno per contenere situazioni emergenziali”.
La frode e le carenze – I servizi del Cpr erano carenti, le ore lavorate e il personale molto inferiore a quello previsto: da qui l’ipotesi di frode. L’ambulatorio allestito all’interno di uno dei moduli abitativi presenti nella struttura, come racconta un infermiere, non aveva acqua corrente, non c’era il registro dei farmaci, né i contenitori per la differenziazione dei rifiuti speciali, non c’era strumentazione medica come l’elettrocardiogramma e le aste da fleboclisi. “Inoltre – racconta – gli operatori sanitari non avevano servizi igienici e uno spogliatoio a loro riservati e gli infermieri agivano in buona sostanza in assenza di protocolli”. In altri termini, per il giudice, “le situazioni di degrado e di non conformità al rispetto della persona umana e dei diritti i cui si trovavano a vivere gli ospiti del Cpr i Palazzo San Gervasio venivano lenite anziché mediante l’erogazione di servizi adeguati alle prescrizioni contrattuali dall’uso inappropriato di farmaci sedativi volti a rendere gli ospiti innocui e quindi neutralizzare ogni loro possibile lamentela per le condizioni disumane in cui spesso si trovavano a vivere condizioni in relazione alle quali sono stati raccolti plurimi elementi indiziari”.
La droga dei poveri il farmaco più utilizzato – Ed è così che il Rivotril, chiamato anche “la droga dei poveri”, era diventato il farmaco più utilizzato nel Cpr: un antiepilettico che veniva procurato grazie anche a ricette intestate a migranti che avevano già lasciato il centro: da qui l’accusa di falso. Dalle ricerche dei Nas risultano che erano state prescritte a pazienti ospiti della struttura ben 1.315 confezioni di Rivotril in gocce e compresse nel periodo da gennaio al dicembre 2018 e ben 920 confezioni dal gennaio all’agosto 2019. Per il giudice “…l’uso del medicinale … prescindeva del tutto dalla volontà del paziente, ma corrispondeva alla specifica necessità di controllare illecitamente l’ordine pubblico interno da parte della Engel”.
Il “farmaco veniva acquistato sistematicamente in quantità tali da non rimanere mai senza copertura perché se fosse mancato … sarebbe stata la rivolta” perché alcuni ospiti erano ormai assuefatti e dipendenti. Tanto che quando la spesa era diventata eccessiva la decisione della Engel, secondo una teste, era stata quella di far diluire il farmaco. Anche se erano stati gli stessi infermieri a chiedere di limitarne l’uso. “Notavamo, infatti, che la somministrazione del farmaco produceva nei ragazzi uno stato di intontimento che ci spingeva a chiedere ai medici di diminuire le dosi e di non continuare a somministrare il farmaco. Tuttavia non si è mai smesso di somministrare il farmaco anche a dosaggi elevati, fino a 40 gocce per volta, anche tre volte giorno …”. Mentre il Serenase, un antipsicotico, veniva aggiunto nel latte la mattina.