Irene Sgambaro, 35 anni, insegnante, all’Italia ha dato due possibilità: una quando è andata via molto giovane, e l’altra quando ha pensato di tornare con un figlio. L’Italia però non le ha offerto nessuna prospettiva, così è rimasta all’estero. È partita 21enne per finire la laurea triennale in Antropologia all’Université libre de Bruxelles con un progetto Erasmus. Quel viaggio ha dato il via a un percorso professionale e personale che dura da 13 anni. Oggi insegna francese e italiano a Madrid, ha un dottorato in Etnografia preso all’Università di Strasburgo, un marito spagnolo conosciuto in Belgio e un figlio di sette anni che parla tre lingue. Quando, dopo un decennio di vita in Francia, con la famiglia ha deciso di rientrare, per loro sembrava non esserci nulla. “Abbiamo cercato lavoro in Italia entrambi – racconta a Ilfattoquotidiano.it – lui come insegnante nelle scuole internazionali e io come ricercatrice post-doc. C’erano diverse proposte interessanti, ma poi niente andava mai a buon fine. E di tutte le porte a cui abbiamo provato a bussare nessuna riusciva davvero ad aprirsi. Così siamo andati in Spagna, perché ci dava più possibilità”.

Fondamentale per le scelte di Irene è stato l’Erasmus in Belgio. “Fino a quel momento non avevo mai voluto lavorare all’estero – spiega – Quando ho fatto la mia prima esperienza fuori mi si è aperta la mente”. Quel viaggio è stato per lei come guardare il futuro da un cannocchiale, ha visto come poteva essere e le è piaciuto. “Le distanze si sono rimpicciolite – dice – tutto mi è sembrato più fattibile e ho cominciato ad avere un’altra visione”. Finita la laurea triennale, ha iniziato la magistrale in Scienze delle religioni e società in una scuola tra le più prestigiose d’Europa, l’École des hautes études en Sciences sociales di Parigi, a numero chiuso e con rigidi criteri di selezione. Ha fatto ricerca sul rapporto tra cibo e religione e ha collaborato a un progetto europeo con base a Parigi e Torino sulle mense scolastiche.

Dopo la laurea ha intrapreso un dottorato di ricerca a Strasburgo. Conduceva uno studio etnografico sulle comunità monastiche, ma era un percorso senza borsa e per vivere Irene ha iniziato a lavorare come insegnante di italiano per stranieri. Questo piano B è diventato il suo posto ideale. “All’inizio mi appagava perché fare lezione portava risultati immediati e visibili. Con il tempo, ha cominciato a piacermi sia per il mestiere in sé sia per le relazioni che si creano con gli studenti che apprendono una lingua straniera”. È così che il suo lavoro è stato il mezzo per sentirsi a casa ovunque. “Nel momento in cui erano 12 anni che vivevo in Francia e la proiezione futura rimaneva fuori dall’Italia – racconta – insegnare lingua e cultura italiane a stranieri è diventata anche parte della mia identità. Mi ha permesso di mantenere le mie radici, e di far conoscere il mio Paese”.

Mentre lavorava e studiava, lei e il suo compagno, conosciuto negli anni dell’Erasmus, hanno avuto un figlio. Erano ancora molto giovani ed entrambi lontani dalle famiglie di origine. “Fare il dottorato con un bambino piccolo è stata una bella sfida – dice – possibile solo perché potevamo contare su tre nonni che dalla Spagna o dall’Italia venivano a darci una mano”. È anche per avvicinarsi a queste radici che hanno pensato di tornare nel paese natale di uno dei due. “Ho imparato tanto dai francesi – racconta – ci sono alcuni diritti e doveri che per loro sono irrinunciabili. Ma lì sia io che mio marito saremmo stati per sempre due stranieri”.

Oggi, oltre a insegnare, Irene sta avviando insieme a una socia un’impresa che propone attività linguistiche e culturali in Spagna. Quando ha voluto dare una seconda chance all’Italia, ha ricevuto risposte negative o vaghe. “Dalle realtà professionali con cui siamo entrati in contatto ci venivano fatte intravedere delle opportunità ma poi nessuna si concretizzava, così abbiamo deciso di andare a Madrid”, la città natale di lui. “La Spagna è simile all’Italia per molte cose – racconta Sgambaro – anche se i miei ricordi sono legati all’Italia e alla Francia”. In questo mix di culture, da quando era in gravidanza, Irene Sgambaro e suo marito si sono allenati per trasmettere al figlio tutto quello che avevano imparato, tra cui italiano, spagnolo e francese. Soprattutto, stanno cercando di trasmettergli l’apertura verso il mondo e le abitudini straniere. “Ogni lingua ha una mimica distinta, degli intercalari distinti, un modo di interagire e un’ironia diversi. Sono convinta – spiega – che conoscere tante culture straniere aiuti a tirare fuori degli aspetti di sé differenti, e alla fine insegni tanti modi di essere sé stessi in lingue e in culture diverse”.

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