“Un ruolo più significativo di Sicilia e Calabria nel progetto Ponte sullo Stretto”. Lo aveva chiesto già nel 1985 l’allora governatore democristiano siciliano Rino Nicolosi a un senatore Dc, partito di maggioranza del governo guidato da Craxi. Da tanti anni la chimera del collegamento tra le due sponde dell’Italia è al centro del dibattito politico e sociale del nostro paese. Rispolverato dal ministro leghista Matteo Salvini, che oggi ne fa il suo baluardo nella quotidiana propaganda politica, anche quarant’anni fa quello del ponte era uno degli argomenti caldi tra i banchi di Camera e Senato.
In una lettera indirizzata al senatore democristiano Vincenzo Rosario Carollo, con un passato da governatore, deputato e assessore regionale, Nicolosi lo informa che il 17 dicembre 1985 c’era stato “un incontro con i rappresentati regionali calabresi” per un “esame congiunto delle problematiche connesse alla realizzazione di un collegamento stabile tra Sicilia e il continente”. Nel carteggio tra governatore e senatore, ritrovato nell’archivio personale di Carollo dal ricercatore e biografo Giuseppe Spallino, emerge l’interesse di una partecipazione attiva della regione, nei confronti di un progetto che sembra calato dall’alto.
Era da poco nata la società “Stretto di Messina Spa”, creata nel 1981 come concessionaria di Stato, con azionista di maggioranza l’Istituto per la Ricostruzione Industriale al 51%, e la partecipazione di Anas, Ferrovie dello Stato e della Sicilia e Calabria. Aveva un capitale iniziale di 900 milioni di lire, portato nel 1982 a 20 miliardi. Il premier dell’epoca, il socialista Bettino Craxi, si era pronunciato a favore della rapida realizzazione del ponte, e già a fine 1985 la società Stretto di Messina aveva definito una convenzione con Anas e Fs.
Sei mesi dopo, la Stretto di Messina aveva reso pubblico un nuovo studio che confrontava tre tipologie di soluzioni possibili per la realizzazione del ponte. Quella “subalvee”, con due gallerie viarie e una ferroviaria a due binari scavate sotto i fondali marini, con la previsione di completare l’opera in 17 anni. La versione “alvee” che prevedeva una galleria immessa in acqua, che sarebbe stata completata in 11 anni, e infine la soluzione “aeree”, con un ponte sospeso a campata unica da completare in circa 8 anni. Quest’ultimo progetto era ritenuto quello tecnicamente più realizzabile ed economicamente conveniente. Anche l’allora presidente dell’Iri, Romano Prodi considerava l’opera una priorità e prevedeva addirittura il termine dei lavori fissato al 1996.
All’incontro di cui parla Nicolosi nella sua lettera, partecipano “le forze politiche locali, i rappresentanti della società Stretto di Messina, e gli esperti e tecnici”, e il governatore segnala al senatore Corallo “l’esigenza di integrare opportunamente l’iniziativa legislativa” del parlamento in relazione al disegno di legge 1216, in “modo che il ruolo delle due regioni più direttamente interessate, Sicilia e Calabria, diventi più significativo”.
Il ddl a cui si riferisce Nicolosi, era stato proposto dall’allora ministro dei trasporti Claudio Signorile, nel gennaio 1984, per garantire alla società Stretto di Messina, dopo l’approvazione del progetto di massima, 220 miliardi per elaborare il progetto esecutivo, consentendo alla presidenza del Consiglio di poter l’accelerazione l’iter burocratico. Con la stessa lettera, Nicolosi forniva al senatore Carollo due “emendamenti al disegno di legge” in questione, proprio per rendere più attivo il ruolo delle due regioni. I termini e gli obiettivi della 1216, vennero approfonditi dalle commissioni lavori pubblici e trasporti con diverse audizioni, ma il dibattito in aula naufraga, come il progetto per il ponte, visto che il governo “pentapartito” di Craxi si interrompe bruscamente nell’aprile 1987, con il rimpasto affidato al democristiano Amintore Fanfani e le successive elezioni nell’estate dello stesso anno.
Politica
Ponte sullo stretto, la lettera del 1985 del presidente siciliano al senatore Dc: “Date un ruolo più significativo a Sicilia e Calabria”
“Un ruolo più significativo di Sicilia e Calabria nel progetto Ponte sullo Stretto”. Lo aveva chiesto già nel 1985 l’allora governatore democristiano siciliano Rino Nicolosi a un senatore Dc, partito di maggioranza del governo guidato da Craxi. Da tanti anni la chimera del collegamento tra le due sponde dell’Italia è al centro del dibattito politico e sociale del nostro paese. Rispolverato dal ministro leghista Matteo Salvini, che oggi ne fa il suo baluardo nella quotidiana propaganda politica, anche quarant’anni fa quello del ponte era uno degli argomenti caldi tra i banchi di Camera e Senato.
In una lettera indirizzata al senatore democristiano Vincenzo Rosario Carollo, con un passato da governatore, deputato e assessore regionale, Nicolosi lo informa che il 17 dicembre 1985 c’era stato “un incontro con i rappresentati regionali calabresi” per un “esame congiunto delle problematiche connesse alla realizzazione di un collegamento stabile tra Sicilia e il continente”. Nel carteggio tra governatore e senatore, ritrovato nell’archivio personale di Carollo dal ricercatore e biografo Giuseppe Spallino, emerge l’interesse di una partecipazione attiva della regione, nei confronti di un progetto che sembra calato dall’alto.
Era da poco nata la società “Stretto di Messina Spa”, creata nel 1981 come concessionaria di Stato, con azionista di maggioranza l’Istituto per la Ricostruzione Industriale al 51%, e la partecipazione di Anas, Ferrovie dello Stato e della Sicilia e Calabria. Aveva un capitale iniziale di 900 milioni di lire, portato nel 1982 a 20 miliardi. Il premier dell’epoca, il socialista Bettino Craxi, si era pronunciato a favore della rapida realizzazione del ponte, e già a fine 1985 la società Stretto di Messina aveva definito una convenzione con Anas e Fs.
Sei mesi dopo, la Stretto di Messina aveva reso pubblico un nuovo studio che confrontava tre tipologie di soluzioni possibili per la realizzazione del ponte. Quella “subalvee”, con due gallerie viarie e una ferroviaria a due binari scavate sotto i fondali marini, con la previsione di completare l’opera in 17 anni. La versione “alvee” che prevedeva una galleria immessa in acqua, che sarebbe stata completata in 11 anni, e infine la soluzione “aeree”, con un ponte sospeso a campata unica da completare in circa 8 anni. Quest’ultimo progetto era ritenuto quello tecnicamente più realizzabile ed economicamente conveniente. Anche l’allora presidente dell’Iri, Romano Prodi considerava l’opera una priorità e prevedeva addirittura il termine dei lavori fissato al 1996.
All’incontro di cui parla Nicolosi nella sua lettera, partecipano “le forze politiche locali, i rappresentanti della società Stretto di Messina, e gli esperti e tecnici”, e il governatore segnala al senatore Corallo “l’esigenza di integrare opportunamente l’iniziativa legislativa” del parlamento in relazione al disegno di legge 1216, in “modo che il ruolo delle due regioni più direttamente interessate, Sicilia e Calabria, diventi più significativo”.
Il ddl a cui si riferisce Nicolosi, era stato proposto dall’allora ministro dei trasporti Claudio Signorile, nel gennaio 1984, per garantire alla società Stretto di Messina, dopo l’approvazione del progetto di massima, 220 miliardi per elaborare il progetto esecutivo, consentendo alla presidenza del Consiglio di poter l’accelerazione l’iter burocratico. Con la stessa lettera, Nicolosi forniva al senatore Carollo due “emendamenti al disegno di legge” in questione, proprio per rendere più attivo il ruolo delle due regioni. I termini e gli obiettivi della 1216, vennero approfonditi dalle commissioni lavori pubblici e trasporti con diverse audizioni, ma il dibattito in aula naufraga, come il progetto per il ponte, visto che il governo “pentapartito” di Craxi si interrompe bruscamente nell’aprile 1987, con il rimpasto affidato al democristiano Amintore Fanfani e le successive elezioni nell’estate dello stesso anno.
Articolo Precedente
Abuso d’ufficio, Travaglio a La7: “Negli altri paesi corrono dietro ai delinquenti, qua corriamo dietro ai magistrati”. Scontro con Sechi
Articolo Successivo
Doggy bag obbligatoria nei ristoranti: la proposta di legge di Forza Italia contro lo spreco alimentare
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
“Risoluzione Usa all’Onu non cita l’integrità ucraina”. Rubio: “Semplice e storica”. Mosca: “Una buona idea”. Voci al fronte: “Non sarà giusta, ma almeno sarà pace”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
“Vendo io le borse Hermès false a Santanchè”. Perché ora la ministra del Turismo rischia davvero
Cronaca
Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Teheran, 22 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov visiterà Teheran nei prossimi giorni per incontrare il suo omologo iraniano Abbas Araghchi e discutere "degli sviluppi regionali e internazionali". "La visita sarà effettuata nel quadro delle consultazioni in corso tra la Repubblica islamica dell'Iran e la Federazione Russa sulle relazioni bilaterali e sugli sviluppi regionali e internazionali", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Esmaeil Baqaei.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.