“Non avevamo notizie di trafficanti a bordo”. “Avremmo concesso il Pos di lì a poco”. “Abbiamo agito sempre garantendo la vita umana”. “Una politica chiara e condivisa da tutto il governo”. Sono alcune delle frasi che meglio riassumono le dichiarazioni rese in aula oggi da Matteo Salvini, imputato a Palermo per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per il caso dei 147 migranti rimasti a bordo della Open Arms, al largo di Lampedusa per 20 giorni dall’1 al 20 agosto del 2019. L’udienza di oggi nell’aula bunker del carcere Ucciardone ha visto sul banco dei testimoni lo stesso imputato, il ministro dei Trasporti, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno, che ha reso dichiarazioni spontanee prima di essere interrogato dalle parti.

Fogli in mano, post-it gialli a segnare gli argomenti, il leader del Carroccio ha iniziato ad esporre gli argomenti a sua difesa alle 10.20: “Io ringrazio da un certo punto di vista perché mi sono riletto centinaia di pagine che dopo 4 anni e mezzo non mi erano freschissime, ho ricostruito quello che mi pare fosse un percorso operativo e politico chiaro con la gestione uguale, prima, durante e dopo”. Così ha esordito e per un’ora ha reso dichiarazioni su quel che avvenne nell’agosto del 2019, citando date, una lunga lista di altri sbarchi, soprattutto citando dichiarazioni e post passati di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Lontano dai toni battaglieri che lo contraddistinguono nell’agone politico, Salvini ha sottolineato, però, le ragioni tutte politiche che lo hanno portato a non concedere il Pos, il place of safety, cioè il porto di sicurezza dove sbarcare in Italia, impedendo dunque l’ingresso in territorio italiano alla Open Arms: “Il presidente Conte ha accompagnato tutte le scelte in termine di politica migratoria tranne quella di Open Arms” col resto del governo, è stata la sua difesa.

Non si poteva, dunque “concedere il Pos prima di aver chiuso l’accordo con gli altri paesi europei sulla redistribuzione, era una sorte di pressione, e grazie al nostro operato finalmente l’Europa è diventata solidale. In ogni caso, in caso di emergenze urgenti, lo sbarco poteva essere disposto anche in assenza di assegnazione di Pos da altre autorità, come è avvenuto ad esempio nel caso della Mare Ionio”, ha sostenuto il vicepremier. Che ha spiegato come in seguito il clima politico sia mutato completamente: “Le comunicazioni con Conte erano state tutte tramite telefono, poi il 14 agosto il presidente iniziò una comunicazione epistolare, noi rispondiamo il 17 perché è chiaro che questo comportamento epistolare rappresenta una sfiducia politica figlia di una crisi politica che in quel ferragosto aveva i presupposti per la nascita del governo successivo”.

I 147 migranti furono dunque tenuti in mare per fare pressioni sull’Europa perché avviasse una redistribuzione in altri paesi dell’Ue e l’imminente crisi di governo, questo emerge dalle dichiarazioni spontanee rese dal leader della Lega oggi all’Ucciardone. Una linea di difesa che era già emersa durante le precedenti udienze durante le quali sono stati ascoltati anche Giuseppe Conte, Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, all’epoca rispettivamente presidente del consiglio, ministro dei Trasporti e ministro della Difesa. Al termine delle sue dichiarazioni è poi iniziato l’interrogatorio del procuratore aggiunto, Marzia Sabella. Ed è stato alle domande dell’accusa che il ministro leghista, che ha sempre sostenuto sui media di avere difeso i confini del Paese, ha detto che i natanti in transito nelle acque italiane sono giudicati non inoffensivi solo grazie “ad una valutazione automatica solo perché ci sono migranti a bordo”, nessun altro motivo, basta la presenza dei migranti e questo, secondo quanto riportato dal ministro, era condiviso dal governo Conte. “Avevate informazioni specifiche di terroristi a bordo della Open Arms?”, ha dunque chiesto Sabella. “No” è stata la risposta secca del ministro. Mentre dopo la sentenza del Tar che aveva giudicato illegittimo il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane della Open Arms, Salvini ha ribadito che il nuovo decreto non fu firmato da Conte e dagli altri ministri competenti perché “era cambiato il clima”. Mentre se non fosse intervenuta la procura di Agrigento “il Pos sarebbe stato rilasciato in imminenza perché come già detto erano in fase avanzata le discussioni a livello internazionale per la redistribuzione”, sebbene a Bruxelles “il 20 agosto non c’è il clima operativo che c’è a marzo”, ha detto il ministro.

La situazione della Open Arms, per il ministro era “sotto controllo, non c’erano emergenze a bordo, da Piantedosi ricevevo rassicurazioni. Noi non ci siamo opposti quando c’erano situazioni sanitarie allarmanti. Ero continuamente rassicurato sulle condizioni a bordo”. “Il fatto che dei migranti si fossero gettati in mare non è molto rassicurante”, ha annotato il presidente del tribunale Roberto Murgia che al termine dell’interrogatorio delle parti ha voluto rivolgere alcune domande al leader della Lega: “Gli elementi che avevamo è che non ci fossero situazioni a rischio”. “Vi erano motivi di dubitare che i migranti fossero stati soccorsi in mare perché in condizioni di difficolta?” ha chiesto ancora Murgia. “No” è stata la risposta di Salvini che a più riprese ha citato “l’amico Piantedosi” all’epoca dei fatti capo gabinetto del ministero da lui guidato e la cui testimonianza è prevista per la prossima udienza del 16 febbraio.

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