Le intercettazioni, le due confessioni, il Dna, la testimonianza del sopravvissuto, gli appunti su una Bibbia. In attesa dell’udienza dibattimentale, quando i giudici della Corte d’appello di Brescia discuteranno le istanze di revisione del processo per la strage di Erba, vale la pena rileggere gli atti del processo che ha portato alla condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi all’ergastolo per il massacro, con una spranga e coltelli, di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouk, della madre Paola Galli, della vicina di casa Valeria Cherubini e per il ferimento del marito Mario Frigerio. Le prove, che in questi giorni, appaiono ad alcuni il frutto di suggestioni da smontare sono state raccolte durante il dibattimento nel contraddittorio delle parti.

Le intercettazioni – Per i giudici del Tribunale di Como, la cui sentenza è stata confermata in appello e in Cassazione, le intercettazioni dei due coniugi, finiti immediatamente nel mirino degli investigatori, “esprimevano un pensiero che suonava quasi come una confessione“. È il 20 dicembre 2006 sono passati nove giorni dal massacro, moglie e marito sono in macchina perché già pensano di essere sotto osservazione e dicono: “Perché non mettono sotto torchio lui ed i suoi amici marocchini …. Però quando noi andavamo dai carabinieri che dicevamo quello che succedeva … va se alzavano il culo e venivano giù … eh se loro alzavano il culo non succedeva …. “. Per i magistrati – che hanno individuato negli scontri condominiali tra i coniugi e Raffaella il movente degli omicidi premeditati – Bazzi e Romano spiegano già con quelle parole di aver agito e perché. Il giorno prima del fermo, eseguito l’8 gennaio, i due erano convocati e la donna dice: “… è andata male eh?” … non hai paura? … ” aggiungendo “… io ho paura… come quella sera che siamo andati a Como … “.

La traccia di Dna – Alla base del fermo c’è la traccia di Dna rilevata nella Seat Arosa della coppia e la testimonianza di Mario Frigerio. Il sangue, non visibile a occhio nudo, venne repertato sull’auto sul battitacco del conducente insieme ad altre tre tracce che non erano sangue. Una “traccia di alta qualità, perché il Dna di quella traccia è strato tratto da sangue vicino al sangue puro, senza particolari fattori degradanti” scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado citando le parole del perito. Era sangue di Valeria Cherubini, la moglie di Frigerio che fu trovata morta al secondo piano, dopo essersi trascinata. Come era finita quella traccia di sangue puro nell’auto dei coniugi? Il processo ha risposto anche a questa domanda: non per contaminazione come ipotizzato, ma semplicemente perché era sul corpo di Olindo Romano che sul punto aveva risposto al pm che gli chiedeva del sangue: “Ma non dai piedi, per me ce l’avevo in testa. Sì, perché il resto mi ero cambiato tutto. Io quella sera … ho cambiato anche le calze, e quelle macchie … erano sotto le calze e sotto i pantaloni, e quindi le cose che ho perso in macchina, le ho perse sicuramente dai capelli… “.

I giudici sottolineano come non sono state trovate tracce residue di sangue nel cortile subito dopo la strage, il fuoco (i due appiccarono anche un incendio), l’acqua utilizzata dai vigili del fuoco intervenuti “ha reso vano ogni tentativo di rinvenire orme, impronte digitali o tracce ematiche a partire dal portoncino di ingresso della palazzina del ghiaccio … Ed allora non resta che concludere che gli imputati possono essere stati contaminati da quella traccia di sangue solo la notte stessa della strage, e solo per essere stati proprio sulla scena del delitto, e questo prima che il fuoco e gli interventi dei primi soccorritori devastassero l’ambiente”.

Le due confessioni complete di particolari e la “ritrattazione” – Appena fermati marito e moglie negano, ma il 10 gennaio confessano e poi confermano due giorni dopo davanti al giudice per le indagini preliminari. “Io vi racconto tutta la verità adesso, poi qualche piccolo particolare poi dopo, lo rivediamo magari dopo perché … Niente quella sera lì eravamo in due, e io ero fuori che fumavo e mia moglie era in casa. Quando è arrivata la Castagna con la macchina del padre e la figlia e il nipote, io ero già fuori. Mia moglie è uscita, le abbiamo lasciate salire e nell’andare in là abbiamo messo i guanti, tutti e due, i guanti di tela bianca … Siamo entrati prima io e mia moglie penso che ce l’avevo subito dietro, ho colpito la Raffaella subito, ho colpito la madre subito e mia moglie è corsa dal bambino. Poi, mia moglie è ritornata e mi ha dato una mano a finire la mamma della Raffaella, poi siamo passati sulla Raffaella ed abbiamo finito anche lei …. ” racconta Olindo Romano ripercorrendo poi le fasi successive con l’aggressione a Frigerio con “la stanghetta di ferro” per poi usare il “coltellino”.

“L’ho colpito alla gola e poi io mi ricordo che è rimasto lì per terra ecco. Poi c’era mia moglie lì da parte sulla signora Valeria, e so che sono andato là con il coltellino a dargli una o due coltellate sulla testa, adesso non so se era una o se erano due. Ecco, e questo è quello che mi ricordo io…”. Rosa racconta, rispondendo alle domande del pm, come ha preso il bambino, come l’ha colpito mentre era sul divano dopo avergli stretto la faccia in una mano. Perché l’ha ucciso? “Perché piangeva e mi dava fastidio, mi aumentava il mal di testa quando sentivo … , e allora l’ho preso”. I colpi? “Uno” da sinistra a destra alla gola da lei che è mancina.

“Dunque non una, ma due confessioni assolutamente spontanee, in nessun modo coartate – scrivono nelle motivazioni i giudici – impossibili da concertare nei dettagli eppure assolutamente complementari, confessioni rilasciate ai Pubblici Ministeri a soli due giorni dal fermo, in data 10.1.2007. Ma non è tutto, perché sia Romano Olindo che Bazzi Rosa, ad ulteriori due giorni di distanza, davanti al Gip, il 12.1.2007, ancora una volta entrambi, senza avere peraltro avuto modo di consultarsi, ribadiscono le rispettive ammissioni di colpa. Ed anche questa volta, val davvero la pena di sottolinearlo senza fare assolutamente alcun accenno alle presunte pressioni subite”. A fronte di racconti particolareggiati e perfettamente complementari ai risultati delle indagini, all’inizio dell’udienza preliminare il 28 febbraio 2008, Romano con una breve dichiarazione, Bazzi con 29 parole su un foglietto scritto a mano dicono di essere innocenti e di aver confessato per non essere separati.

I cuscini e l’aggressione alla Cherubini – I due coniugi avevano confessato circostanze ancora non verificate dagli investigatori e conoscevano particolari che solo chi aveva portato a termine la strage poteva sapere. Entrambi hanno raccontato come è morta Valeria Cherubini. Gli stessi inquirenti all’inizio pensavano che l’aggressione alla donna si fosse conclusa nel suo appartamento dove era stata ritrovata. Mentre sono stati i due coniugi a rivelare, “cosa che poi è stata confermata da tutte le risultanze processuali – scrivono i giudici in sentenza – che l’aggressione si era conclusa sul pianerottolo del piano sottostante e che, quindi, era stata la donna da sola a riuscire a trascinarsi sino al suo appartamento”. C’è il particolare dei cuscini ritrovati vicino i corpi di Raffaella e della madre, usati per soffocare i lamenti. Particolare che non erano noto a nessuno e che all’inizio neanche gli inquirenti avevano preso in considerazione, eppure Rosa Bazzi ne parla e dice come e perché li ha usati.

La Bibbia e la lettera al sacerdote – È agli atti del processo una lettera che nell’aprile del 2007 la coppia fece arrivare a un religioso: “Non ci siamo ancora resi conto di ciò che
abbiamo fatto. Il perdono, il pentimento, si contrappongono all’odio e alla rabbia, alle umiliazioni subite in questi anni, la nostra colpa, la responsabilità di chi poteva evitare tutto questo e non lo ha fatto”. Ci sono poi gli appunti di Romano sulla Bibbia che gli fu regalata dal cappellano del carcere durante i primi mesi di detenzione. Anche questi scritti sono agli atti “… accogli nel tuo regno il piccolo Youssef, la sua mamma Raffaella, sua nonna Paola e Cherubini Valeria a cui noi abbiamo tolto il tuo dono, la vita … ” e poi ” … oggi a colloquio con la mia vita mi ha raccontato che sono alcune notti che vede Raffaella davanti alla branda come quella sera col sangue che le scende sul volto ed i colpi che gli ho inferto quando l’uccidemmo … ” e sotto il commento:” … stiamo scontando la nostra pena per causa tua e della tua famiglia … “. In altri appunti il rancore verso le vittime, verso il padre di Raffaella Castagna “… Dio lo ha punito, un uomo che si rifugia in chiesa, cattolico per interesse. Sapeva tutto e non ha fatto niente per evitare una strage annunciata … “; verso Mario Frigerio e Valeria Cherubini: “… dovevano farsi i cazzi suoi … “.

Il silenzio – Romano ha commentato la notizia dell’ammissibilità delle istanze di revisione, che di fatto apre il processo, dicendo che non vedere l’ora di “affrontare un vero processo” . Vale la pena ricordare che entrambi hanno rifiutato di farsi interrogare durante il dibattimento quando avrebbero potuto spiegare e fornire le loro nuove versioni dei fatti. Solo brevi dichiarazioni spontanee. “La scelta di smentire tutto a distanza di molti mesi è stata, con tutta evidenza, una scelta processuale di comodo, un disperato tentativo di cancellare una verità che ormai si era processualmente imposta” scrivevano i giudici in motivazione citando le parole del pm che in requisitoria aveva detto: ‘Signori della Corte, da parte di Olindo Romano e Rosa Bazzi vi fu piena e consapevole confessione: la tardiva ritrattazione fu dettata da condizionamenti provenienti da abbagli di promesse di campagne di stampa innocentiste …‘”.

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