Che la guerra in Ucraina viva da mesi una fase di minore intensità adesso lo dicono non solo le scarse conquiste territoriali dei due fronti, ma anche i numeri. Secondo il Wall Street Journal, la Russia in questo momento spara in media 10-12mila colpi di artiglieria al giorno contro i 2mila dell’Ucraina e, secondo fonti estoni, il vasto paese euroasiatico disponeva, nell’estate 2023, di quasi 4 milioni di proiettili, ricevendone, secondo i media, anche 1 milione dalla Corea del Nord. Numeri enormi a una prima analisi, ma uno sguardo sommario non ci dice tutto. Per esempio, dobbiamo ricordare che dall’inizio della guerra fino alla battaglia di Severodonetsk, nel giugno 2022, le truppe di Mosca avevano sparato spesso 60mila colpi al giorno, contro i 10mila di oggi, e che ai ritmi attuali 4 milioni di munizioni da 155 mm sono appena sufficienti per un conflitto a bassa intensità della durata di un anno. A questo si aggiunge che, quindi, le forniture di Pyongyang sono abbastanza per sparare per poco meno di tre mesi. Ai ritmi della primavera 2022 i proiettili del Regno Eremita sarebbero stati consumati in meno di venti giorni.
Il fatto è che una volta che la Russia si è dichiarata pronta a combattere “per anni” si è dovuta porre la domanda: con quale intensità? Tornare a sparare 50-60 mila colpi al giorno come all’inizio della guerra comporterebbe un consumo di 18-22 milioni proiettili nei dodici mesi, insostenibile persino nel medio-breve termine: tutte le risorse disponibili verrebbero drenate in due mesi, magari per conquistare una o due cittadine di confine, senza che esistano capacità produttive in Russia o tra i Paesi “amici” per star dietro a una simile bulimia di munizioni. Sempre secondo l’intelligence estone, la Russia sarà in grado di mantenere l’attuale ritmo di fuoco dell’artiglieria di 10-12mila colpi al giorno fino alla fine del 2024. Poi, probabilmente, dovrà ridurlo. Continuare al ritmo attuale – circa 4-4,5 milioni di proiettili all’anno con lo spostamento del fronte verso Kiev di 1-2 chilometri nei dodici mesi – è sostenibile per tutto il 2024 a costo di dare fondo alle scorte e usare per intero le forniture coreane, ma non oltre. Poi, anche ipotizzando di reperire un milione e mezzo di munizioni e di produrne altrettante, mancheranno all’appello un terzo dei proiettili necessari e quindi dovrà essere ridotta di un terzo o della metà la portata degli attacchi.
Esaurite le scorte e in mancanza di forniture dall’estero, la Russia può fare affidamento solo sulla sua – sia pure notevole – capacità produttiva, tra 1 e 1,5 milioni di munizioni all’anno. Quando parliamo dei 10-12mila proiettili attualmente sparati dalla Russia, dobbiamo tenere presente che si tratta di un numero dalle 4 alle 6 volte inferiore a un anno e mezzo fa: per tenere il passo e nonostante l’economia russa abbia le stesse dimensioni di quella italiana (ma una popolazione più che doppia), il Cremlino sta investendo enormi risorse per mantenere la produzione di proiettili a un livello superiore a quella di tutta la Nato. Esisterebbero piani russi per aumentare la produzione annuale di munizioni per artiglieria a due milioni, con una tempistica che rimane però non specificata.
Questo consentirebbe a Mosca di sparare per appena due o tre mesi in più, ma secondo un rapporto parlamentare francese del febbraio 2023 i proiettili standard da 155 mm richiedono fino a 20 mesi per essere consegnati, passando da 24 a 36 mesi per i modelli guidati più avanzati. Insomma, la produzione interna di ulteriori munizioni non avverrà né domani né dopodomani. Per capirsi, la società tedesca di armi Rheinmetall afferma che la sua produzione per le artiglierie doveva raggiungere le 400mila unità nel 2023, con l’obiettivo di 600mila per il 2024. Quasi mezzo milione di proiettili in più è quindi un aumento impressionante rispetto alla produzione di meno di 100mila all’anno prima del 2022, ma ha richiesto quasi due anni per essere implementata. La stessa azienda sostiene di avere un arretrato di 10 miliardi di euro nella produzione di munizioni per le quali sono già stati conclusi i contratti. La situazione è simile Oltreoceano, dove, secondo William LaPlante, sottosegretario alla Difesa, l’esercito statunitense ordina munizioni “20-30 mesi” prima della consegna. Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell’Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026.
Nel febbraio 2023, la produzione europea di munizioni per artiglieria aveva una capacità massima di 300mila proiettili all’anno, secondo le stime dei funzionari della difesa estoni. Lo scenario migliore di un aumento della produzione di 2,1 milioni di proiettili all’anno è quindi ben lontano dalla realizzazione.
Kiev e gli alleati, per non lasciare le forze ucraine ad aspettare le munizioni europee, hanno fatto ricorso al Pakistan. Islamabad, a corto di soldi, nel 2023 avrebbe guadagnato 364 milioni di dollari da un accordo di fornitura di proiettili da 155 mm, tramite due società private statunitensi, all’Ucraina nella sua guerra con la Russia. Un aereo cargo militare britannico ha fatto la spola dalla base dell’aeronautica pakistana Nur Khan a Rawalpindi alla base militare britannica a Cipro, Akrotiri.
In Ucraina, questo contributo è servito solo a prendere tempo. Kiev spara 2,5 volte meno rispetto al 2022, tuttavia, dopo la breve esperienza della controffensiva estiva “stoppata” dal generale Valery Zaluzhny per evitare di logorare eccessivamente uomini e mezzi, i generali ucraini hanno capito che la superiorità nell’artiglieria – oltre a quella nei cieli – permetterebbe di ridurre non poco la pressione russa. Dopo tutto, fanno notare fonti militari ucraine, quando in estate Kiev sparava 7-8 mila colpi al giorno, i russi sulle difensive non ne avevano lanciate più di 5-6 mila ed erano sembrati in grandi difficoltà.