Il Mose è finito al 31 dicembre 2023? A vent’anni dalla prima pietra, ecco i problemi che ancora angustiano le dighe mobili di Venezia.
1 – CRONOPROGRAMMA CERCASI. Nel sito del Commissario straordinario per il Mose non c’è traccia di cronoprogramma anche se esso è citato genericamente nelle relazioni trimestrali inviate alla Direzione generale del ministero delle Infrastrutture “al fine di verificare il rispetto dei tempi previsti”. Per trovare il dettaglio del percorso bisogna ricorrere al 52. Atto attuativo, del 28 ottobre 2022. Evidenziava come la scadenza della fine del 2023 fosse limitata alle “attività strettamente funzionali all’operatività delle barriere del Mose”. Per altre opere si va al 2024 o 2025, in alcuni casi con l’avviso che la data di ultimazione è solo indicativa. Ad esempio, nel solo capitolo delle opere civili e marittime, il ripristino di aree ed edifici alle bocche di Malamocco e Chioggia. Per tutte le opere (anche quelle complementari) è stata calcolata una spesa di 250-300 milioni di euro, circa il 5 per cento di tutto il costo del Mose.
2 – PROROGHE ALLE IMPRESE. L’annuncio della commissaria Spitz poco prima di Natale: “Gli impianti sono ultimati alle bocche di porto di Lido e Chioggia, un po’ più indietro Malamocco, dove ora saranno concentrati gli sforzi per finire tutto entro febbraio”. Che non sia tutto così lo dimostra il cronoprogramma che indica i sollevamenti “in fase provvisoria” anche per la stagione 2023-24 (scadenza agosto 2024). Alle imprese impegnate nei lavori alle bocche di porto è stata concessa una proroga di due mesi. Solo dopo cominceranno le procedure per le chiusure dei cantieri.
3 – CONCA DI CHIOGGIA DA FINIRE. Le conche di navigazione servono per far transitare le navi dalle bocche di porto anche quando il Mose è alzato e per non paralizzare l’attività negli scali di Venezia e Marghera. Anche a Treporti la conca è “ormai conclusa” (ma non sono ultimati i test operativi). È invece in ritardo la conca di Chioggia, il tassello fondamentale del sistema, con previsione di fine lavori per febbraio.
4 – PONTE RADIO SENZA FIBRA. Manca ancora la fibra ottica perché il sistema di comunicazione per azionare le barriere sia completato. La fase provvisoria è avvenuta dal 2020 grazie a un ponte radio provvisorio dell’Esercito, che nel marzo 2023 è stato consegnato al Consorzio Venezia Nuova. In parallelo è stato avviato (luglio 2023) un accordo con Telespazio (società partecipata da Leonardo e Thales) per attivare le comunicazioni tra le bocche di porto e la control-room all’Arsenale per i prossimi due anni (fino a settembre 2025). Tecnologia satellitare e ponte radio in coppia, per ragioni di sicurezza, ma la soluzione definitiva non c’è ancora. Arriverà solo con la fibra ottica, con una spiacevole scoperta: la gara n. 58 pubblicata nell’ottobre 2022 per un importo di 4,8 milioni di euro è andata deserta (per la seconda volta). Prevedeva “l’attivazione del servizio di fibra ottica spenta e relativa manutenzione per 15 anni, con facoltà di riscatto”. Siamo fermi alla fase di progetto.
5 – CORROSIONE E CRITICITÀ. Il capitolo delle criticità non è risolto. Cominciamo dalla ruggine riscontrata nelle parti meccaniche. Ad agosto il commissario Spitz ha annunciato, sulla base di uno studio dell’Institut de la Corrosion di Brest: “Con il ciclo manutentivo ordinario e straordinario la modesta corrosione individuata sui tensionatori nella barriera di Treporti non inficia il funzionamento del Mose per i prossimi 100 anni”. Oltre all’aspetto positivo, c’è un lungo dossier relativo ad altre criticità che impegnerà i tecnici fino al dicembre 2025 e che (da cronoprogramma) riguarda: opere civili, paratoie e cerniere, impianti meccanici nelle gallerie, tubazioni, ripristino della lunata (piccola isola artificiale) del Lido.
6 – PANNELLI SOLARI, SOLO UN ANNUNCIO. Il Mose consuma molta energia. Ecco l’ipotesi di pannelli fotovoltaici (su un’area di 13 ettari) per produrre tra i 12 e i 14 mila Megawattora, comunque non sufficienti per la totale decarbonizzazione. L’idea del commissario Spitz è dal 2022 solo un sogno progettuale (con incarico esplorativo all’Eni) visto che non si sa ancora dove potrebbero essere collocati i pannelli (cantieri dismessi? tetti di edifici?).
7 – MANUTENZIONE, OH CARA. Che fosse costoso mantenere il Mose lo si sapeva. Adesso sappiamo quanto. Le 78 paratoie dovrebbero essere smontate, ripulite e aggiustate a rotazione. Per questo ne sono state costruite 4 in più. Il piano prevedeva inizialmente una verifica ogni 5 anni, ora sono diventati 10 anni, visto che le prime paratoie sono in acqua da 13 anni. Un appalto già affidato a Fincantieri riguarda solo Treporti. Chi si occuperà della fetta più consistente, tutta la manutenzione delle barriere di Lido, Malamocco e Chioggia? Fincantieri ha presentato una proposta per 11 anni, con costo di 57 milioni all’anno. Oltre 600 milioni di euro. Ne è nato un contenzioso perché Spitz spingeva per l’accoglimento della proposta, ma la politica aspetta la nuova Autorità per Venezia che deve entrare in funzione. Così la Commissione bilancio del Senato ha approvato un emendamento al decreto anticipi (della Lega, riformulato dal governo), per garantire la prosecuzione degli interventi di manutenzione. Solo le attività del primo ciclo (scadenza fine 2025) di manutenzione straordinaria saranno affidate dal Provveditorato Interregionale con procedura di evidenza pubblica. A quelle successive ci penserà la nuova Autorità.
8 – UN JACK UP DA 55 MILIONI. La nave speciale per agganciare e sganciare le paratoie a fini di manutenzione, costata 55 milioni di euro, ha presentato problemi. Appena stanziati 7 milioni di euro per riparazione e gestione del jack up nel 2024.
9 – L’AMBIENTE PUO’ ATTENDERE. In buona parte rimane da fare il “Piano Europa” che fu richieste dalla Ue per verifiche ambientali e interventi di mitigazione in Laguna. La maggior parte delle voci sfora nel 2024-25: la manutenzione dei litorali, i canali Cenesa, Boer e Siletto, recupero dei forti di San Pietro e di San Felice, waterfront del Cavallino, riqualificazione delle aree di cantiere, valorizzazione ambientale a San Nicolò e Alberoni.
10 – LA PIARDA E L’ARCHISTAR. L’enorme piattaforma usata per costruire i cassoni in cemento a Santa Maria del Mare (sull’isola di San Pietro in Volta) va smantellata. È un cantiere a cielo aperto da ripristinare, come chiedono Ue e ambientalisti. Finora i progetti del Consorzio Venezia Nuova non sono stati accettati dal commissario al Mose che ha lanciato l’idea di coinvolgere un’archistar, il portoghese Joao Nunes. Gli verrà chiesto un progetto di fattibilità per salvare una parte della piattaforma, forse per conservare le paratoie di riserva. Per questo siamo solo alla fase ideativa. Realizzazione a data da destinarsi.
11 – CANTIERE IN ARSENALE. La control room in Arsenale è in continua evoluzione. Le opere impiantistiche finiranno nel 2024, l’infrastrutturazione è in corso di esecuzione, si lavorerà ancora per un anno per sistemare bacino e aree esterne. C’è poi tutto il capitolo del settore informativo e dell’unificazione delle banche dati ambientali.
12 – COLLAUDO A FINE 2025. Il Mose sarà consegnato allo Stato solo dopo il collaudo funzionale integrato. Operazione laboriosa per un’opera complessa, che richiederà 22 mesi di tempo per arrivare a fine 2025, con esami approfonditi e stress test. La commissione è presieduta da Ferruccio Resta, ex rettore del Politecnico di Milano.
13 – UNA COMMISSARIA DALLA LUNGA VITA. Elisabetta Spitz, commissaria straordinario per il Mose è stata nominata nel 2019 con un elenco di dieci punti da rispettare. Soltanto alcuni sono già pienamente raggiunti e dovrà completarli tutti prima di ritenere finito il lavoro, il che sicuramente non avverrà se non dopo il collaudo funzionale e la consegna dell’opera allo Stato (nel 2025).
14 – SAN MARCO, IL MOSE NON BASTA. Il Mose viene messo in funzione soltanto quando si prevede una marea superiore ai 120 centimetri sul medio mare. A livelli più bassi non si alza, eppure una parte della città va sott’acqua. Piazza San Marco è la zona più bassa e con una marea di 82 centimetri comincia a zampillare. A 105 centimetri comincia ad allagarsi anche la zona del Ponte di Rialto. Inoltre, da 80 centimetri in su la Basilica viene allagata per l’acqua che viene dalla piazza. Per questo sono state realizzate le barriere in vetro (con paratie in metallo agli ingressi) entrate in funzione nel 2022 a protezione dei mosaici, che suscitarono polemiche perché il commissario Spitz aveva bloccato un primo progetto, coinvolgendo l’archistar Stefano Boeri. Si perse tempo prezioso e si tornò al primo progetto, che funziona anche se il 6 gennaio una mancata chiusura degli accessi ha fatto allagare il nartece e i mosaici. Gli interventi di salvaguardia del sistema Mose prevedono di proteggere tutta l’insula di San Marco. Il cronoprogramma indica il fine lavori il 28 maggio 2024, impossibile i lavori sono partiti, costeranno quasi 50 milioni di euro e richiederanno alcuni anni per l’esecuzione.
15 – UN’AUTORITÀ NON ANCORA NATA. È stata istituita nel 2020 dal governo Conte, ma non è ancora nata l’Autorità della Laguna che dovrà gestire non solo il Mose, ma tutti gli interventi che furono di competenza del Magistrato alle Acque, cancellato dopo gli arresti per tangenti del 2014. A novembre il ministro Matteo Salvini (d’accordo con il collega Pichetto Fratin e il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro) ha indicato quale presidente Roberto Rossetto, 71 anni, urbanista e paesaggista veneto. Servono però i passaggi parlamentari per rendere esecutiva la nomina, nonché il controllo della Corte di Conti (la scelta è stata contestata preventivamente da Verdi e Sinistra unita). Sarà lui l’uomo del Mose? Per il momento, Rossetto ha dichiarato in un’intervista: “L’opera ha un suo ciclo e verrà ‘assorbita’ nell’Autorità più avanti, penso ci vorranno un paio d’anni. Se ne parlerà nel 2025”.