di Fiore Isabella
A leggere la nota, riportata da Il lametino, del deputato calabrese Domenico Furgiuele sull’Agenda Sud, di cui al decreto 176 del 30 agosto 2023, ci sarebbe da fare salti di gioia per “…l’assunzione di nuovo personale docente fino alla fine dell’anno scolastico”. Precisa Furgiuele nella sua nota: “E questo in base ad un decreto attuativo di 8 milioni di euro complessivi per alcune regioni del Mezzogiorno, nell’ambito del progetto Agenda Sud che vuole combattere il divario territoriale tra le varie zone del Paese e, come sottolineato dal nostro Ministro dell’Istruzione e del Merito, dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità formative. Avanti così per il bene dei nostri ragazzi, il nostro futuro”.
Comprendo l’incontenibile gioia dell’onorevole Furgiuele ma sono, al contrario, estremamente preoccupato per il carattere di straordinarietà e di corto respiro che l’iniziativa assume e che, a mio sindacabile parere, scimmiotta, a fronte dell’assenza di una visione nazionale unitaria dei problemi dell’istruzione e della formazione, una sorta di nuova Cassa per il Mezzogiorno. Una specie di fac-simile di uno degli strumenti più controversi nella storia d’Italia per quanto riguarda la programmazione e progettazione pubblica per risanare il divario tra Sud e Nord del paese. Ingenti risorse del Pnrr per sostenere 123 istituzioni scolastiche secondarie di primo e secondo grado e 122 scuole primarie delle regioni meridionali individuate dall’istituto nazionale per la valutazione del servizio educativo di istruzione e formazione (Invalsi).
Un’operazione di incipriata contabile che non intacca le criticità dell’intera scuola italiana né incide, se non a mo’ di preventivo risarcimento, sull’assetto che l’attuale governo di destra prefigura con il progetto di autonomia differenziata. Per realizzare tale progetto, infatti, ciascuna regione, per effetto delle risorse derivanti dal gettito erariale maturato nel proprio territorio, gestirà autonomamente la propria scuola e anche l’Invalsi avrà una configurazione locale, diventando Irvalsi (Istituto Regionale per la valutazione del servizio educativo di istruzione e formazione), con – ovviamente – la cancellazione del carattere nazionale del sistema scolastico e formativo.
La rottura del carattere unitario del sistema scolastico italiano pone le basi per una ulteriore divaricazione della qualità dell’offerta formativa a scapito delle aree più in difficoltà, oggi provvisoriamente anestetizzate dalle risorse assegnate all’Agenda Sud. Sarà sufficiente nominare qualche unità di personale in più, e per un minimo di due anni, per far fronte ai rischi di insuccesso degli alunni in italiano, matematica e inglese? Io penso proprio di no. Baconianamente penso ad una fase construens che preveda per la scuola pubblica statale la riduzione drastica del numero di alunni per classe, perché solo in tal modo sarà possibile attivare la didattica personalizzata. Solo così sarà possibile favorire metodologie inclusive e anche, e non me ne voglia l’irrequieto ministro del Merito, un approccio educativo ai discenti inteso come attenzione all’alunno/persona, nelle classi pollaio condannato ad essere solo ed esclusivamente un numero.
Formare il cittadino di domani, come molti amano dire sottovalutando il presente, passa certo attraverso l’acquisizione delle competenze strumentali che gli serviranno per costruire il proprio futuro professionale. Ma per formare il cittadino consapevole, padrone del suo destino, occorre la relazione educativa, in cui cambia il ruolo dell’insegnante che da selezionatore e distributore di diseguaglianze diventa seminatore di opportunità e di democrazia.