Le giornaliste iraniane Niloufar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, rilasciate il 14 gennaio su cauzione dopo 17 mesi trascorsi nel carcere di Evin a Teheran – lo stesso in cui è detenuta la premio Nobel per la Pace 2023 Narges Mohammadi, condannata il 15 gennaio ad altri 15 mesi di carcere – sono ora indagate e sotto accusa per essere uscite dalla prigione a capo scoperto. Le reporter, che denunciarono la morte di Mahsa Amini, la giovane curda deceduta dopo essere stata arrestata perché non indossava il velo in modo corretto, sono colpevoli di aver violato le norme sull’abbigliamento in vigore nella Repubblica Islamica.
Delle due giornaliste – rilasciate provvisoriamente fino alla seduta della Corte d’appello – sui social media sono infatti stati diffusi foto e video che le mostrano a capo scoperto mentre incontrano amici e familiari davanti alla prigione di Evin. Hamedi e Mohammadi erano uscite grazie a una cauzione di 100 miliardi di rial (oltre 200mila euro). Hamedi, 36 anni, fotoreporter del quotidiano riformista Shargh, e Mohammadi, 31 anni, reporter del quotidiano riformista Ham-Mihan, sono state condannate a ottobre rispettivamente a 13 e 12 anni di carcere, ma secondo la legge Hamedi ne sconterà sette e Mohammadi sei. Erano accusate di “collegamento con uno Stato ostile (gli Stati Uniti), raccolta e collusione contro la sicurezza nazionale e propaganda contro il sistema”. Mohammadi aveva scritto del funerale di Amini e di come centinaia di persone in lutto avessero gridato “Donna, vita, libertà“, slogan usato poi nelle manifestazioni nazionali contro il regime degli ayatollah. Hamedi aveva diffuso sui social la fotografia del padre e della nonna della vittima abbracciati dopo aver saputo della morte di Mahsa con la didascalia: “L’abito nero del lutto è diventato la nostra bandiera nazionale“.
Intanto un tribunale dell’Iran ha condannato Narges Mohammadi a un’ulteriore pena di 15 mesi con l’accusa di aver fatto propaganda contro la Repubblica Islamica mentre era dietro le sbarre. Lo ha reso noto la famiglia che a dicembre aveva ritirato il Nobel 2023 a Oslo in suo nome. La Corte rivoluzionaria ha inoltre condannato Mohammadi a due anni di esilio fuori da Teheran, con il divieto di viaggiare e di utilizzare uno smartphone per la stessa durata di tempo quando sarà liberata. I parenti hanno sottolineato che questa è la quinta condanna per lei dal marzo 2021, con sentenze che ora ammontano a 12 anni e 3 mesi di carcere, 154 frustate e diverse misure sociali e politiche. Narges ha trascorso gran parte degli ultimi due decenni entrando e uscendo dal carcere e ha iniziato a scontare la sua ultima condanna nel novembre 2021. Ma dietro le sbarre della famigerata prigione di Evin non ha mai abbandonato le sue campagne per i diritti, anche affrontando numerose volte durissimi scioperi della fame.