Matteo Messina Denaro faceva ironia sugli identikit elaborati dagli investigatori che gli davano la caccia. “Queste foto sono state fatte nel 2006. Nello stesso preciso periodo hanno fatto un identikit su me dove sembrava avessi 85 anni e 5 mesi. In verità in quel periodo ero come in queste foto”, scriveva l’ex superlatitante, arrestato esattamente un anno fa e poi deceduto a causa di un tumore.

Era il 2014 e Messina Denaro era ricercato già da più di vent’anni: la sua latitanza, infatti, risale al 1993. Il sarcasmo sugli identikit è contenuto in un libricino, ritrovato all’interno del suo covo a Campobello di Mazara, destinato alla figlia naturale Lorenza, riconosciuta solo poco prima di morire. In quel diario il boss di Cosa nostra tenta di narrare la sua vita. E, facendosi beffa degli investigatori, commentava i ritratti fatti dalle forze dell’ordine che gli davano la caccia. In realtà l’ex primula rossa di Cosa nostra – come racconta l’agenzia Ansa, riportando i contenuti dei diari – avrebbe avuto come base Campobello di Mazara, il paese in cui è stato trovato l’ultimo suo covo, fin dal 1996, spostandosi da lì in mezza Italia.


Negli scritti trovati al momento dell’arresto del capomafia, avvenuto un anno fa, frasi che denotano un atteggiamento di sfida e un ego ipertrofico si alternano a decine di pensieri sulla vita, citazioni di autori classici – da Lucrezio a Omero e Ovidio – e a racconti che avrebbero dovuto essere consegnati alla figlia Lorenza. “Nelle sue proprie mani quando le si riconoscerà una maturità intellettiva ed avulsa dal condizionamento di terze persone“, scriveva Messina Denaro. Il riferimento è al “condizionamento” della madre (la ragazza era figlia del capomafia e di Franca Alagna che negli appunti viene chiamata con disprezzo “quella”) che, secondo il boss, avrebbero allontanato da sé la giovane. I diari, che il boss chiama libricini, sono il racconto della sua vita destinato alla figlia. “Le volevo raccontare la mia vita… lo desideravo, per dirle senza filtri quel che mi era successo. Deciderà lei se leggerlo o bruciarlo”, appunta.

Negli scritti, il boss annotava anche frasi a lui inviate da altri come: “Non smettere mai e continua a osare, il tuo mondo appartiene agli eletti perchè tu sei un eletto (me lo disse Malvina nel 2001)”. Ma a emergere è soprattutto il difficile rapporto con Lorenza, fatto di rimorsi e rancori. “Vorrei che ti ricordassi di me. Se tu ti ricordassi di me non importerebbe nulla neanche se tutti gli altri mi dimesticassero”, annotava. E si susseguono frasi autocelebrative (“Perdonatemi se con nessuno di voi ho nulla in comune, ho sofferto ma vissuto con onore”), riflessioni amare, tributi a figure come quella del padre, il capomafia don Ciccio Messina Denaro (“Per sempre vivrai”, scriveva) e pensieri d’amore per Blu, il nome in codice dato alla maestra Laura Bonafede, arrestata poi per associazione mafiosa. In alcune pagine il boss svela anche che si sarebbe trovato accanto alla figlia in più occasioni. “Lorenza oggi ti ho conosciuta alle ore 18.40 di venerdì 8 aprile 2016- appuntava – Ti ho incontrata… non era mai accaduto che ti incontrassi così ho deciso di seguirti… Vedevo tutto ciò da posteggiato a 30 metri, sono sceso dall’auto per venirti a passare accanto, se allungavo il braccio ti toccavo. Tu non ti sei accorta di nulla il sangue non ti ha chiamata. Neanche ‘quellà mi ha riconosciuta, per quella intendo tua mamma. Io mi sono coperto il viso”.

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