Dall'inizio della pandemia le fortune dei 5 più facoltosi al mondo - Musk, Arnault, Bezos, Ellison e Buffett - sono più che raddoppiate, a 869 miliardi di dollari. Il 60% più povero della popolazione mondiale ha continuato a perdere terreno. Ecco perché
Il potere economico delle grandi imprese, sempre più concentrato, favorisce le rendite di posizione e indebolisce al tempo stesso il potere contrattuale dei lavoratori. Così facendo genera e amplifica le disuguaglianze aprendo la strada a quella che è a tutti gli effetti una redistribuzione alla rovescia: risorse trasferite in senso regressivo da lavoratori e consumatori ad azionisti e manager delle corporation. La politica dà manforte, consentendo il mantenimento di posizioni monopolistiche e tutelando così i vertici della piramide. È il quadro disegnato da Oxfam nel nuovo rapporto sulle disuguaglianze pubblicato come ogni anno in occasione dell’apertura dei lavori del World economic forum di Davos, il meeting che riunisce nella cittadina delle Alpi svizzere l’èlite imprenditoriale e politica globale. Ora occorre scegliere: andare avanti così significa ritrovarsi, a breve, in balia di una “incontrollata supremazia oligarchica“, avverte la ong. L’alternativa? Un potere pubblico che rialza la testa, si smarca dalle pressioni delle élite economiche e mette in campo politiche di equità e inclusione, investendo in servizi pubblici e ridando valore al lavoro. Quest’anno andranno al voto nel mondo quasi 4 miliardi di persone: dalle urne qualche segnale arriverà.
Il potere che favorisce pochi – La chiave scelta per l’edizione 2024 è la dinamica del potere che sta dietro alla crescente divaricazione tra i super ricchi e le fasce socio-economiche più basse. Una tendenza accentuata, nei primi anni di questo decennio, da pandemia, nuove guerre, fiammata dell’inflazione e aggravamento della crisi climatica. Il report, intitolato Il potere al servizio di pochi, mette in fila una serie di evidenze schiaccianti. Tra marzo 2020 e novembre 2023 i miliardari globali hanno visto il valore dei propri patrimoni crescere di 3.300 miliardi di dollari in termini reali: +34%, un tasso di crescita tre volte superiore a quello dell’inflazione. Le fortune dei 5 più ricchi al mondo – Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett – nel frattempo sono più che raddoppiate, sempre in termini reali, a 869 miliardi di dollari. A questi ritmi, entro un decennio vedremo il primo trilionario – cioè possessore di oltre un miliardo di miliardi – della storia dell’umanità. Intanto i 4,8 miliardi di persone che costituiscono il 60% più povero dell’umanità hanno continuato a perdere terreno: la loro quota di ricchezza è lievemente calata (-0,2%). Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi i salari, nel biennio 2021-2022, sono scesi in termini reali di 1.500 miliardi di dollari. L’incidenza della povertà assoluta a livello globale ci metterà 230 anni a calare sotto l’1%.
Monopoli e maxi profitti dietro la concentrazione di ricchezza – Ma da dove ha origine il continuo allargamento della forbice e questa estrema concentrazione di ricchezza? Semplice: dalle performance delle aziende di cui i più ricchi sono azionisti, sostenute da un potere monopolistico che appare inarrestabile: basti dire che la sola Apple ha una capitalizzazione superiore al pil della Francia e i cinque maggiori gruppi globali valgono sul mercato più di tutte le economie di Africa, America Latina e
Caraibi messe insieme. Una concentrazione che consente, in alcuni settori, di “coordinarsi implicitamente per aumentare i prezzi e determinare un incremento dei propri margini”, sottolinea Oxfam. Il peso dei capitali mossi dalle società di private equity e dai maggiori fondi di investimento, BlackRock, State Street e Vanguard, che gestiscono 20mila miliardi di dollari di asset, fa il resto.
Con queste premesse, la crisi pandemica seguita dalla maxi inflazione è stata, per le grandi corporation, una manna. Tra 2021 e 2022 hanno visto i loro profitti crescere dell’89%. I primi dati sul 2023 fanno prevedere che si rivelerà l’anno più redditizio di sempre. Tra luglio 2022 e giugno 2023, per fare qualche esempio, 14 compagnie dell’oil&gas hanno registrato un aumento degli utili del 278% rispetto alla media del periodo 2018-21 per un totale di 144 miliardi di dollari di extraprofitti nel 2023 e 190 miliardi nel 2023. Per ventidue società del comparto finanziario i profitti sono saliti del 32% rispetto alla media del quadriennio precedente. Stesso aumento per 11 aziende farmaceutiche, che nel 2022 hanno registrato profitti in eccesso per 41,3 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo, ogni 100 dollari di profitto generati da 96 tra le imprese più grandi al mondo si sono trasformati in 82 dollari distribuiti attraverso dividendi o buyback azionari. Ecco spiegato l’arricchimento progressivo degli individui super ricchi, che sono i maggiori detentori di titoli finanziari. Nel 2022 il 75% della ricchezza dei primi 50 miliardari Usa consisteva in azioni delle loro società (la quota arriva al 99% per Buffet e al 95% per Mark Zuckerberg). Sette tra le dieci più grandi multinazionali, con un valore di Borsa pari a oltre 10mila miliardi di dollari, hanno un ad miliardario o un miliardario tra gli azionisti di riferimento. Anche per i grandi manager non esiste crisi: gli ad delle 350 maggiori imprese Usa hanno visto la propria retribuzione salire in media del 1200% tra 1978 e 2022, in parallelo con la finanziarizzazione dell’economia. Non occorre dire che la dinamica dei salari dei dipendenti non è stata nemmeno lontanamente paragonabile.
Così nasce la redistribuzione alla rovescia – Un potere di mercato così vasto consente una serie di comportamenti opportunistici a scapito della collettività. Vedi la compressione dei salari per allocare invece i profitti a dividendi o riacquisto di azioni proprie, il ricorso a pianificazioni fiscali aggressive e schemi di elusione attraverso paradisi fiscali o semplicemente l’ottenimento di una progressiva riduzione delle aliquote sui redditi societari e sugli utili redistribuiti, lo sfruttamento dei benefici della privatizzazione di beni pubblici, l’aggravamento della crisi climatica. Tutti tasselli della “redistribuzione alla rovescia”. “Il potere economico delle grandi aziende è oggi fuori controllo, una macchina che alimenta le disuguaglianze”, riassume Amitabh Behar, direttore esecutivo ad interim di Oxfam International. “Rendite monopolistiche, compressione dei costi e dei diritti dei lavoratori, elusione delle imposte che concorrono ad ampliare le fortune dei ricchi azionisti. L’estrema ricchezza è potere, spesso esercitato per condizionare le politiche pubbliche preservando le posizioni di privilegio di sparute minoranze a discapito dell’interesse collettivo e minando alla base l’essenza stessa della democrazia”. La via d’uscita è strettissima: “Ricondurre il potere economico a obiettivi che vadano a beneficio dell’intera collettività, spezzando i regimi monopolistici, tutelando la concorrenza, tassando gli enormi profitti aziendali, incoraggiando il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità sociale ed ambientale”. Per farlo servono governi forti. Votare aiuta.
Il Fatto è partner di Oxfam nella campagna di raccolta firme per chiedere l’introduzione nell’Unione Europea di un’imposta sui grandi patrimoni. Qui il link al sito La Grande Ricchezza da cui è possibile aderire.