La cancel culture è considerata l’emergenza nazionale dal governo Meloni. Per questo va combattuta per decreto. È questo il significato della nuova norma che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha fatto inserire alla chetichella nel nuovo Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar), il provvedimento che regola il funzionamento di tv, radio e piattaforme in Italia. Il Testo è stato approvato in via preliminare sotto forma di decreto legislativo nel Consiglio dei ministri del 19 dicembre ma oggi è in discussione nella commissione Cultura della Camera che dovrà votare il relativo parere prima di tornare a Palazzo Chigi per l’approvazione definitiva.

La maggioranza di destra si è fatta promotrice di una nuova norma voluta da Sangiuliano. All’articolo 4 che elenca i principi generali a cui si devono attenere tv, radio e anche piattaforme streaming è stato inserito un comma secondo cui i media devono impegnarsi nel “contrasto alla tendenza contemporanea di distruggere o comunque ridimensionare gli elementi o simboli della storia e della tradizione della Nazione (cancel culture)”. La relazione tecnica al decreto legislativo spiega più nello specifico quale sarà l’obiettivo del provvedimento: “Contrastare la tendenza odierna di distruggere o ridimensionare i simboli della storia e della tradizione della Nazione e, quindi, mantenere memoria del passato e della cultura storica”.

Con l’inserimento della norma sotto forma di principio nel nuovo Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici viene anche dato potere all’Agcom di sanzionare tutte quelle tv o piattaforme streaming che proveranno ad applicare la cosiddetta “cancel culture” ai propri servizi. Il ministro Sangiuliano parla di un provvedimento contro la “barbarie della cancel culture”, mentre Fratelli d’Italia rivendica addirittura una norma “salva identità” contro “l’ideologia woke”, dice il responsabile organizzazione del partito Giovanni Donzelli.

Nessuno dei proponenti però specifica quale sia il pericolo di “cancel culture” in Italia ma nel dubbio, e alla vigilia di una campagna elettorale per le elezioni europee che si giocherà molto sui temi identitari, il governo ha pensato di inserire in un decreto un principio da rivendicare per salvare “l’identità nazionale”.

Se nel parere che sarà votato oggi dalla commissione Cultura la maggioranza sosterrà convintamente il nuovo articolo 4, l’opposizione protesta. Anche per il metodo con cui è nata la norma. “Quello sulla ‘cancel culture’ è un dibattito molto serio che andrebbe valutato nel suo complesso e non in chiave ideologica – premette al Fatto la presidente della commissione di Vigilanza Rai del M5S Barbara Floridia – Deprechiamo nella maniera più assoluta la messa al bando di capolavori della letteratura, dell’arte o del cinema in nome di una visione distorta di valori e standard morali del mondo di oggi. Allo stesso modo contrastiamo ogni forma di revisionismo ideologico della cultura e della storia”.

Però poi Floridia attacca la maggioranza: “Ci chiediamo però se tutta questa complessità possa essere affrontata con due righe in un decreto che modifica il Tusmar. È questo un modo serio di affrontare un fenomeno del genere che coinvolge la sfera pubblica, le piattaforme online e le dinamiche sociali, oltre che soprattutto la libertà di espressione e la capacità delle persone di esprimere le proprie opinioni? Non pensa il governo che la possibilità addirittura di erogare sanzioni, in questo campo forse può condurre proprio a quel conformismo ideologico che a parole vorrebbero contrastare? La vera forza delle nostre democrazie sta nella ricchezza del confronto e del dibattito pubblico. Pensare di sanzionare il reato di ‘politicamente corretto’ è l’ennesimo tentativo goffo di agire in campo culturale che rischia di creare solo distorsioni e nulla di più. L’identità nazionale non si salva per decreto”.

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