Maggior trasparenza nelle spese del Vaticano e nel codice degli appalti interno, esclusione dai fornitori di chi ha sentenze di condanna, anche non definitive, non rispetta le norme di sicurezza del lavoro o è incriminato per evasione fiscale. E’ questo il senso delle due Lettere apostoliche in forma di Motu proprio varate ieri da Papa Francesco. Una deliberazione fatta nella forma autorevole e straordinaria del “motu proprio” quindi di iniziativa diretta del Pontefice a sottolineare l’urgenza e importanza del dossier prescelto.

L’obiettivo della Lettera 44 è quello di “meglio armonizzare l’esercizio odierno del servizio della Curia con il cammino di evangelizzazione, che
la Chiesa […] sta vivendo”, quindi una maggiore armonizzazione con la Praedicate Evangelium la nuova Costituzione della Curia romana varata nel 2022. Si tratta, si legge oggi nella Lettera apostolica, di proseguire il percorso intrapreso “per favorire la trasparenza, il controllo e la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici“. Colpisce, nella tempistica dell’annuncio, la vicinanza con il caso dello “scandalo Becciu” che, al di là del ruolo dell’ex sottosegretario di Stato, ha coinvolto il funzionamento degli uffici economici del Vaticano, la loro trasparenza e il controllo sul loro operato.

La Lettera apostolica riscrive, di fatto, le “Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano” varate nel giugno del 2020. Lo fa subito ridefinendo gli scopi generali che, si legge nel nuovo paragrafo 2 dell’articolo 1, “conformemente ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, dell’ordinamento canonico della Santa Sede e dell’ordinamento vaticano dello Stato della Città del Vaticano e della Lettera Enciclica Laudato si’” sono orientati a quattro grandi obiettivi: “a) l’impiego sostenibile dei fondi interni; b) la trasparenza della procedura di aggiudicazione; c) la parità di trattamento e la non discriminazione degli offerenti; d) la promozione di una concorrenza efficace tra gli offerenti, in particolare mediante misure in grado di contrastare gli accordi illeciti in materia di concorrenza e la corruzione“.

Con la Lettera numero 45 vengono invece definiti “i limiti e le modalità dell’ordinaria amministrazione” ponendo un tetto di spesa del “2% della cifra risultante dalla media calcolata sul totale dei costi dell’Ente richiedente così come esso risulta dai bilanci consuntivi approvati relativi agli ultimi tre anni” oltre il quale occorre l’approvazione del Prefetto della Segreteria per l’Economia. Si tratta della struttura economica che svolge la funzione di “Segreteria papale per le materie economiche e finanziarie”. Di fatto è l’organismo centrale con cui viene esercitato il controllo e la vigilanza sulle varie istituzioni curiali ed è retta da un laico, Maximino Caballero Ledo, salito all’incarico di Prefetto dopo le dimissioni, nel 2022, di padre Juan Antonio Guerrero Alves.

A conferma dell’intendimento di precisare e rafforzare le procedure di controllo interno l’articolo 2 della Lettera che ridefinisce le norme sugli appalti riscrive l’elenco dei soggetti coinvolti dalle norme stesse, non limitandosi, ad esempio, ai “Dicasteri e gli altri organismi o uffici della Curia Romana”, ma specificando “le Istituzioni curiali” e invece di riferirsi ai “soggetti individuati nell’elenco approvato dalla Superiore Autorità su proposta del Consiglio per l’Economia” lo stesso elenco è oggi quello “allegato allo Statuto del Consiglio per l’Economia, e il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano”.

Molto importanti, poi, i criteri di valutazione per assegnare appalti e committenze che tengono conto di eventuali affiliazioni a organizzazioni criminali e tengono conto della sicurezza di chi lavora. L’articolo 12 infatti specifica che non possono essere iscritti all’Albo unico della Santa Sede le persone fisiche, o, nel caso di società, i “soci di maggioranza e dei procuratori generali o speciali in materia di appalti, se società di capitali, o nei confronti dei soci, anche accomandatari, se società di persone” quando “siano intervenute sentenze o altri provvedimenti di condanna, anche non definitivi, o sia comunque pendente un procedimento penale in relazione a delitti dolosi puniti con una pena non inferiore nel minimo ad un anno di reclusione”. Inoltre vengono esclusi coloro nei confronti dei quali “vi sia fondato sospetto di affiliazione, anche esterna, con organizzazioni criminali, di cui si abbia conoscenza per il tramite degli Organismi di vigilanza e di controllo, ovvero siano pendenti indagini per reati di riciclaggio e autoriciclaggio, corruzione, frode, terrorismo e suo finanziamento e sfruttamento di persone“.

All’articolo 13 invece si specifica che “un operatore economico può essere escluso, altresì, dalla partecipazione a una procedura” se non è in regola con gli “obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali o di altre provvidenze a favore dei lavoratori, secondo la normativa del Paese in cui è stabilito”; ma anche se “ha commesso gravi violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse” e “se è stato inadempiente rispetto agli obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, secondo la legge o i contratti collettivi applicabili”. L’esclusione si estende poi a chi è residente in paradisi fiscali, cioè in “Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati”, se è un “professionista che ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, delle regole deontologiche stabilite dall’Ordine professionale di appartenenza” se ha “un conflitto di interessi“, se esiste pericolo di distorsione della concorrenza, “se ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale o di ottenere informazioni confidenziali in grado di conferirgli vantaggi indebiti” e poi anche “se ha commesso gravi violazioni degli obblighi in materia ambientale definitivamente accertate”.

Un giro di vite, insomma, ispirato ai principi di base del pontificato e che punta a mettere ordine all’economia interna del Vaticano, compito certamente complesso ma su cui papa Francesco sembra non voler abbassare la guardia.

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