Nessuna parte civile per il procedimento contro la sorella del boss. Oggi, a un anno esatto dalla cattura dell’ex primula rossa di Castelvetrano, si celebrava l’udienza preliminare per Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, accusata di associazione mafiosa dalla procura di Palermo rappresentata in aula dal sostituto Gianluca De Leo e Pierangelo Padova. E, cosa mai successa negli ultimi anni in procedimenti per mafia, non si è registrata alcuna costituzione di parte civile. Dunque nessuno, tra enti locali e associazioni antimafia, si considera parte lesa nel processo alla sorella di Messina Denaro. Una situazione praticamente inedita che non si era mai verificata nei vari procedimenti a carico delle persone finora individuate dalla procura guidata da Maurizio De Lucia, tutte accusate di aver sostenuto il boss durante la latitanza.

Solo la scorsa settimana, infatti, Lorena Lancieri ed Emanuele Bonafede sono stati condannati, in primo grado, per concorso esterno in associazione mafiosa rispettivamente a 13 anni e 4 mesi e a 6 anni e 8 mesi, ma anche al pagamento dei danni nei confronti del comune di Campobello di Mazara e dell’associazione antimafia Antonino Caponnetto. Le due parti civili riceveranno – qualora la condanna fosse confermata in tutti i gradi di giudizio – rispettivamente 50 mila euro il comune in provincia di Trapani (45 da lei e 5 da lui) e 8 mila l’associazione antimafia (5 da lei e 3 da lui).

I due erano stati arrestati con l’accusa di avere favorito la latitanza di Messina Denaro. L’approfondimento di indagine svolto dalla procura ha poi portato alla luce un legame molto più complesso: un rapporto intimo tra il boss e Lanceri, che faceva anche da tramite per le comunicazioni esterne di Messina Denaro. Secondo le indagini dell’ufficio inquirente siciliano c’era un legame che sicuramente durava da anni con entrambi, dal momento che il boss aveva fatto un regalo per la cresima del figlio della coppia già nel 2017.

Stavolta, invece, sul banco degli imputati sedeva la sorella dell’ex latitante. E proprio a casa sua i carabinieri del Ros erano entrati per piazzare una microspia: in questo modo, il 6 dicembre del 2022, avevano trovato l’indizio chiave che ha poi portato alla cattura di Messina Denaro. I militari volevano, infatti, sistemare la spia nel tubulare della sedia in cucina e proprio in quell’intercapedine hanno trovato il pizzino che ha dato la svolta alle indagini. Si trattava di un foglio di carta dove Rosalia aveva annotato tutte gli esami fatti dal fratello e gli esiti sul suo stato di salute. Una vera e propria cartella clinica – che i carabinieri hanno fotografato e rimesso al suo posto – che ha permesso agli investigatori di risalire alla patologia di Messina Denaro e di tracciarlo fino alla seduta di chemio alla clinica privata La Maddalena di Palermo il 16 gennaio del 2023, dove poi sono riusciti a catturarlo, mettendo fine a 30 anni di latitanza.

Ma per la sorella del boss, arrestata un mese e mezzo dopo il fratello e per la quale oggi il giudice delle indagini preliminare avrebbe dovuto decidere sul rinvio a giudizio, nessuno si è presentato per chiedere gli eventuali danni. Il tempo per farlo, tuttavia, c’è ancora: nell’udienza di oggi sono state illustrate dalla difesa della donna una serie di eccezioni preliminari ed è stato tutto rinviato al prossimo 29 gennaio, data ancora utile per prendere parte ad un eventuale processo a carico della sorella dell’ultimo boss delle stragi.

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