A dicembre aveva chiesto ai vertici Stellantis “parole chiare sui progetti del gruppo automobilistico”. E oggi si confronterà pubblicamente con il presidente della Regione e con il sindaco sul “bene per la città”. L’arcivescovo di Torino, monsignor Roberto Repole, si sta ritagliando un ruolo sempre più importante nel panorama dell’ex capitale dell’auto italiana. Il confronto a porte aperte è previsto per le 21 al teatro San Giuseppe per discutere dei problemi che sta vivendo la città.

“Si tratta di un corso di recupero sulla realtà per la classe dirigente – commenta a ilfattoquotidiano.it il segretario generale della Cgil Piemonte Giorgio Airaudo – la comunità politica regionale e cittadina ha provato a rimuovere i problemi per oltre vent’anni ma le parole del vescovo sono importanti perché la richiamano al senso della realtà”. Il tema principale sarà quello del lavoro. Soltanto nel torinese più di un migliaio di persone rischiano di rimanere a casa. “Viviamo in contesti in cui c’è gente che perde il lavoro, fabbriche che chiudono – aveva detto l’Arcivescovo nella conferenza stampa di Natale – e questo nella vita concreta e reale delle persone ha un impatto drammatico”. Ma non sempre “è avvertito come un problema di tutta la comunità” si legge nella nota delle Diocesi. E così l’Arcivescovo ha deciso di richiamare a rapporto Lo Russo e Cirio che si confronteranno di fronte a una platea variegata. Ci saranno alcuni degli operai della ex Embraco. Più di 350 sono rimasti a casa dopo essere stati illusi dalle promesse della politica nazionale e locale. “In questa città – racconta al fatto.it uno degli operai licenziati – sembra che le uniche parole chiare sul lavoro vengano dette dal vescovo e non dalla politica”.

Il riferimento è al messaggio inviato dall’Arcivescovo un mese fa: “A tutti i livelli delle istituzioni e della società civile, Torino sente il bisogno di parole chiare sui progetti del gruppo automobilistico: credo che sia giusto chiederle – aveva scritto mons. Repole – cosa significa la campagna di prepensionamenti, la chiusura della sede di Grugliasco (Maserati), la cassa integrazione nelle linee di Mirafiori? Poco inciderà, in termini di occupazione, l’apertura del nuovo hub per il riciclo delle vecchie auto. Per questo mi rivolgo con fiducia ai responsabili di Stellantis, perché partecipino alla vicenda di Torino offrendo innanzi tutto un chiarimento sui loro progetti: rilancio o ridimensionamento?”. L’Arcivescovo aveva poi sottolineato come “l’emergenza delle piccole e medie aziende torinesi rientra da decenni in una crisi di sistema, originata primariamente dalla contrazione del comparto automobilistico attorno alle fabbriche Stellantis (ex Fiat), che a cascata produce chiusure e ridimensionamenti nell’indotto. Anche il grande gruppo automobilistico si misura con i problemi del mercato e affronta sfide impegnative, ma la governance dell’azienda si sta sempre più trasferendo all’estero e Torino vive, per conseguenza, una particolare incertezza sui destini dello stabilimento di Mirafiori, ormai ridotto a piccoli numeri di occupazione”.

Parole che, secondo Airaudo, richiamano “al senso di realtà su quello che Torino sta vivendo. La classe dirigente si comporta ancora come dei nobili decaduti senza avere una visione sul futuro. Ma sappiamo che non è più così: Torino non è più il quartier generale del gruppo, ma è una sede decentrata di una multinazionale a controllo francese. Eppure la nostra classe dirigente pensa ancora che basti andare in collina alla villa degli Agnelli per far finta di parlare con loro”.

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