Donald Trump vince in Iowa e fa un passo importante nella conquista della nomination repubblicana. L’impresa dell’ex presidente è storica: questa potrebbe essere la sua terza nomination – 2016, 2020, 2024 – e la premessa a un nuovo scontro con Joe Biden per la Casa Bianca. Non c’è stato niente in grado di affossare la sua candidatura. Non i 91 capi d’accusa che pendono sulla sua testa in quattro diversi processi. Non il meteo che ha fatto di questi caucuses i più freddi della storia e consigliato a molti elettori di restare a casa. Non le accuse di essere populista, razzista, fomentatore di caos e una minaccia per la democrazia americana. Trump ha superato tutto, liquidato gli avversari, messo a tacere le critiche. Dietro di lui, ad arrancare per la conquista del secondo posto, si sono ritrovati Ron DeSantis e Nikki Haley. L’ha spuntata DeSantis, ma senza molte prospettive. Quanto a Haley, l’entusiasmo che ha circondato gli ultimi giorni della sua campagna si è rivelato un fuoco di paglia. Ha bruciato con forza, ma si è spento velocemente.

C’era una soglia psicologica che Trump doveva superare: il 50 per cento dei consensi. Quella soglia è stata superata. L’ex presidente ha conquistato il 51 per cento circa dei voti. DeSantis è lontano secondo, con il 21 per cento. Terza Nikki Haley, che si ferma al 19. Vivek Ramaswamy, un miliardario del biotech che ha investito parte della sua fortuna in questa campagna repubblicana, si piazza quarto, annuncia il ritiro e dichiara il suo sostegno a Trump (oggi sarà al suo fianco in un comizio in New Hampshire). Fin dall’inizio, il voto in Iowa è stato incentrato non tanto sul chi, ma sul come. Tutti i sondaggi degli ultimi mesi davano infatti per certa la vittoria di Trump. L’incognita riguardava i margini della vittoria. Per questo, negli ultimi giorni di campagna, l’ex presidente si è mostrato nervoso e preoccupato per condizioni atmosferiche quasi proibitive, tali da bloccare a casa soprattutto gli elettori più anziani (il cuore del suo elettorato). “Andate a votare, anche se siete malati”, “Andate a votare, anche se dopo aver votato crepate”, ha ripetuto Trump nei comizi delle ultime ore, alternando gli appelli al voto con insulti come “Delinquenti” e “Imbroglioni”, rivolti a non meglio identificate entità che avrebbero cercato di rubargli la vittoria.

Il meteo si è rivelato brutale. Nel nord-est dello Stato si è scesi a meno 40. Nella zona di Des Moines si è arrivati a -36. Molti, come previsto, sono rimasti a casa. Alla fine, a votare, sono state circa 110mila persone, molte meno delle 185mila che si erano recate ai seggi nel 2016. Il crollo nell’affluenza non ha comunque toccato negativamente Trump, che vince in Iowa con una percentuale di voti che nessun candidato – non presidente in carica – ha mai raggiunto. Le buone notizie per Trump non vengono solo dalle percentuali di voto. L’ex presidente si aggiudica 98 contee dello Stato su 99 (una, quella di Johnson, dove si trova Iowa City, va a Nikki Haley). Questo significa che Trump ha sì vinto nelle aree rurali e tradizionalmente più conservatrici, ma che è riuscito a imporsi anche in quelle urbane più moderate, da Des Moines a Davenport a Cedar Rapids, che sembravano territorio di conquista proprio di Haley, una candidata che ha fatto dell’appello ai centristi il fulcro della sua campagna. A una prima lettura dei dati, appare un altro elemento che sembra un buon viatico per la campagna di Trump. A votarlo, non è stato soltanto il suo tradizionale elettorato senza diploma di laurea. Lo ha scelto, infatti, anche la maggioranza dei laureati. E lo ha scelto la maggioranza delle donne repubblicane, che non si sono alla fine raccolte nel sostegno della candidatura di Haley.

Nel trionfo di Trump rientrano elementi diversi. Da un lato, in uno Stato conservatore come l’Iowa, è piaciuta la durezza dell’appello anti-immigrati lanciato in queste settimane. Trump ha parlato di “invasione di illegali”, di migranti che “avvelenano il sangue dell’America”, promettendo di avviare la più radicale azione di deportazione di illegali nella storia americana. La classe media dello Stato è stata convinta dai buoni risultati dell’economia USA nei quattro anni del suo primo mandato. Bassa inflazione, bassa disoccupazione, aumento del potere d’acquisto per le famiglie. Gli evangelici hanno ripagato Trump per la nomina di tre giudici conservatori alla Corte Suprema e la conseguente cancellazione del diritto all’aborto su base federale. Trump, insomma, è riuscito a mettere insieme una coalizione di forze e gruppi che gli ha consegnato una vittoria potente. Si sono rivelate importanti anche alcune scelte tecniche. Trump ha sempre rifiutato il confronto diretto con i rivali, lasciando che questi si facessero politicamente a pezzi nei dibattiti televisivi e tracciando una linea molto netta tra se stesso, il suo prestigio, la sua popolarità, e il ruolo di secondo piano di tutti gli altri. Ha funzionato anche un’altra scelta. A differenza dei suoi avversari, che hanno battuto in lungo e in largo l’Iowa, Trump si è fatto vedere relativamente poco nello Stato, dove ha tenuto meno di 30 comizi. L’organizzazione è stata però affidata a una rete capillare di supporter, diretti da un repubblicano con ampia esperienza in Iowa, Alez Latcham. La campagna di Trump ha poi contattato sostenitori e finanziatori delle passate elezioni, 2016 e 2020, cui è stato offerto un ruolo organizzativo sul territorio. In particolare, il team Trump ha introdotta la figura del “capitano”. Ogni “capitano” doveva conquistare il voto di almeno dieci elettori. Ai più bravi e solerti, sono arrivati in dono cappellini autografati e ad alcuni è stata anche data la possibilità di un tête-à- tête con il candidato.

Se nei giorni precedenti il voto si era mostrato nervoso, Trump è stato insolitamente olimpico e rilassato nel discorso della vittoria. Il tycoon ha anzitutto ringraziato “Ron e Nikki” – fino a qualche ora prima, nei comizi, li copriva d’insulti e deformava i loro nomi. Soprattutto, ha chiesto al suo partito di superare le divisioni e all’America di finirla con la polarizzazione tra liberal e conservatori. È stato un discorso singolare, per un politico che in questi anni ha alimentato, come nessun altro, scontri e polemiche. Il discorso va interpretato soprattutto in un modo. Dopo il trionfo in Iowa, Trump chiede ai suoi rivali di ritirarsi e al G.O.P. di riunirsi sotto la sua guida. In effetti, al momento, le prospettive degli altri due candidati non appaiono rosee. Ron DeSantis ottiene un risultato particolarmente deludente. Lui, conservatore, aveva investito tempo e centinaia di migliaia di dollari nel conservatore Iowa. Il governatore della Florida finisce quasi trenta punti dietro Trump. Il prossimo Stato dove si vota, il New Hampshire, è di matrice politica più moderata e DeSantis non ha possibilità di emergere. La sua candidatura, al momento, manca di qualsiasi prospettiva. Non va meglio per Nikki Haley. Diversi sondaggi davano l’ex ambasciatrice all’ONU in ascesa. Non è stato così. Haley spera ora di ottenere un buon risultato in New Hampshire, sicuramente più vicino al suo profilo di candidata. Ma la distanza che la divide da Trump, quanto a finanziamenti, attenzione mediatica, endorsement da parte della nomenclatura repubblicana, appare difficile da colmare.

Il circo delle primarie si trasferisce per l’appunto in New Hampshire, dove si voterà martedì prossimo. Prima di riprendere con la campagna elettorale, Trump si presenterà però oggi in un tribunale di New York, per ascoltare la sentenza nel processo che ha per protagonista E. Jean Carroll, la donna che lo accusa di averla stuprata negli anni Novanta e che ha ora intentato una causa per diffamazione contro l’ex presidente. Non sembra, comunque, che i processi abbiano toccato in modo particolarmente negativo l’ex presidente. Un sondaggio di CNN, reso pubblico subito dopo il voto di ieri, mostra che oltre il 50 per cento dei repubblicani è pronto a votare per Trump, anche nel caso questi fosse condannato.

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