Sono tre i nuovi anticorpi neutralizzanti che potrebbero proteggere i primati di grandi dimensioni e gli esseri umani dal virus dell’immunodeficienza. Descritti in un articolo pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, questi potenziali approcci sono stati sviluppati dagli scienziati del Centro di ricerca sui vaccini, Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive e dell’Università della Pennsylvania.
Il gruppo di ricerca, guidato da Amarendra Pegu, ha utilizzato SHIV, un virus ibrido creato dalla fusione di HIV e SIV, i virus dell’immunodeficienza che colpiscono rispettivamente l’essere umano e i primati. Gli esperti hanno quindi sintetizzato tre anticorpi neutralizzanti, VRC34.01, ricavato dal sistema immunitario umano, e due derivati da macachi rhesus. Le tre alternative sembravano in grado di neutralizzare l’SHIV, con l’anticorpo umano che risultava circa quattro volte più potente degli altri due.
Per valutare le proprietà antivirali dell’opzione più promettente, il team ha infuso VRC34.01 in otto esemplari di macaco. Dopo cinque giorni dal trattamento, gli animali sono stati esposti al virus. Sette sono rimasti immuni e la protezione è rimasta efficace per la maggior parte degli animali anche in caso di esposizione all’agente virale con concentrazioni più elevate.
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, attualmente circa 38,4 milioni di persone sono affette da HIV, con circa 5,9 milioni di infetti inconsapevoli. Le statistiche attuali suggeriscono inoltre che ben 1,7 milioni di bambini con meno di 15 anni siano positivi all’immunodeficienza umana. Fortunatamente, il numero di decessi associati a questo virus continua a diminuire, grazie anche all’effetto delle terapie antiretrovirali combinate, ma l’HIV e l’AIDS rappresentano comunque minacce importanti alla salute pubblica. Nel 2021 sono stati registrati 650mila decessi.
I ricercatori hanno scoperto che gli anticorpi diretti contro il peptide di fusione dell’HIV potevano fornire una protezione efficace contro le infezioni da SHIV. Questi risultati si aggiungono alle evidenze scientifiche esistenti che dimostrano il potenziale dei peptidi di fusione come bersagli di terapie mirate e farmaci di prevenzione contro il virus di immunodeficienza umana.
Sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti, sottolineano gli autori, in modo da comprendere appieno l’effetto degli anticorpi neutralizzanti contro il peptide e la loro abilità nel neutralizzare il virus dell’HIV. “Nel nostro lavoro – sostiene in un Focus correlato PJ Klasse, della Weill Cornell Medicine – abbiamo ampliato le opzioni di trattamento per l’immunizzazione passiva preventiva e terapeutica e rafforzato la possibilità di suscitare gli anticorpi mediante immunizzazione attiva”.
di Valentina Di Paola