Quando il presidente della Corte di Bologna gli ha chiesto se Valerio Fioravanti fosse legato ai servizi segreti, Vincenzo Vinciguerra, ex ordinovista responsabile, ha risposto: “A me bastava sapere che li avesse con Paolo Signorelli i rapporti… e li aveva”. Era l’udienza del 4 giugno 2021, processo per la strage del 2 agosto, e i famigliari del capo e stratega ordinovista, se la sono presa assai, querelando Vinciguerra. Questi ne esce oggi a testa alta, assolto dall’accusa di diffamazione ai danni di Signorelli, ex missino morto nel 2010.

Vinciguerra, condannato all’ergastolo da reo confesso per la strage di Peteano, ha impiegato la sua vita da detenuto a denunciare le commistioni tra le bande neofasciste – che lui ha conosciuto dall’interno – con gli apparati di sicurezza del nostro paese, protagonisti della grande destabilizzazione italiana. La sua battaglia Vinciguerra l’ha già vinta perché inchieste e documenti hanno fatto la loro parte nella descrizione analitica, ormai, dell’alleanza violenta tra neofascisti, apparati e pezzi della politica (presso l’Archivio Flamigni è consultabile in suo Fondo documentario).

Con questa sentenza, di cui sarà davvero molto interessante leggere le motivazioni, Vinciguerra segna un passo in avanti contro i tentativi di ridimensionare la storia repubblicana del dopoguerra con la pretesa di rispolverare i doppi estremisti: si sparava di qua e di là. Non è andata così: le strategie stragiste sono figlie di teorie e pratiche che in Italia hanno visto il loro principale palcoscenico di sperimentazione, potremmo dire cinicamente, con ‘gran successo’, avendo bloccato i processi democratici come in nessun altro paese dell’Occidente. In gioco, con la sentenza di oggi, c’è la libertà di poter scrivere quella storia anche in tempi di forzati e sgangherati revisionismi.

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