Siamo arrivati al momento della verità per il bob olimpico. Dovessero riuscire a costruirla, come il ministro Matteo Salvini assicura di poter fare, la pista “Eugenio Monti” di Cortina diventerebbe a tutti gli effetti la “pista leghista” per gli sport di scivolamento. Da quattro anni la vuole fortissimamente il governatore Luca Zaia, contro ogni parere del Comitato Olimpico Internazionale, che ha consigliato l’utilizzo di impianti già esistenti in Europa per i Giochi di Milano-Cortina del febbraio 2026. Le “cattedrali nel deserto” non sono più ammesse dalle carte di sostenibilità economica ed ambientale firmate dall’organizzazione non governativa che ha sede a Losanna ed è presieduta dal tedesco Thomas Bach.

A fine estate Zaia si è trovato di fronte al baratro di un’asta pubblica e di una procedura negoziata andate deserte per trovare un’impresa disposta a costruire la nuova struttura ai piedi delle Tofane. A quel punto, per non incassare la più grave sconfitta della sua gestione pubblica cominciata nel lontano 2010, per non perdere visibilità internazionale e numero di gare da disputarsi in Veneto, al governatore non è rimasto che aggrapparsi al segretario di partito, nonché vicepresidente del consiglio e ministro alle Infrastrutture. È così che è maturato il colpo di teatro di Salvini che durante la cabina di regia del 5 dicembre ha annunciato: “Si è perso troppo tempo. Presenterò un progetto che non costerà un euro in più agli italiani”. In quel momento era in atto una feroce partita con Forza Italia, sostenuta dal ministro degli esteri Antonio Tajani, favorevole al ripristino della pista di Cesana Pariol, utilizzata per Torino 2006 e quasi subito dismessa. Se la discesa in campo di Salvini sia stato solo un bluff o il tentativo riuscito di un nuovo progetto capace di ingolosire le imprese, lo sapremo il 18 gennaio alle 12.

A quell’ora scade il termine del bando-lampo di Società Infrastrutture Milano Cortina (Simico), pubblicato il 29 dicembre. Le caratteristiche della pista sono state impoverite nelle finiture e opere di contorno (parcheggi, edifici delle partenze, strade interne, tribune e coperture), così da ridurre costi e monte-ore di lavoro, con maggiori margini di profitto. La spesa dell’appalto è rimasta di 81 milioni e 610mila euro, di cui 76,7 milioni di lavori e 4,9 milioni di oneri di sicurezza. Il costo complessivo è comunque di 118,4 milioni di euro, perché vanno aggiunti altri 36,8 milioni di spese. Le voci principali sono: spese amministrative 3,9 milioni, progettazione 8,9 milioni, Iva 12 milioni, esami di laboratorio 1,2 milioni.

Le aziende risponderanno questa volta alla chiamata? Se Salvini ci ha messo la faccia, probabilmente ha qualche certezza sul fatto che il nuovo bando sia appetibile. Non dimentichiamo che il ministero delle Infrastrutture ha in portafoglio lavori per miliardi, non solo olimpici, basti pensare al ponte sullo Stretto. Come può una grande azienda interessata ad altri appalti, sottrarsi a un appello così persuasivo come quello proveniente dal ministro?

Che ci sia un certo interesse lo dimostrano i 19 quesiti arrivati da possibili concorrenti al sito di gara. Alcuni riguardano la mancanza di documenti di gara, errori di calcolo o dati di non facile accessibilità. Una ditta chiede conto della disponibilità della mensa e degli alloggi per il personale. Si scopre così che sarà messa a disposizione da Simico, gratuitamente, un’area esterna e decentralizzata rispetto al cantiere, non pavimentata e quindi con costi di allestimento a carico delle imprese.

La grande incognita è costituita dai tempi di realizzazione. La pista dovrebbe essere pronta per metà novembre 2024, così da consentire la pre-omologazione, quindi i test di gara da effettuare nei primi due mesi del 2025, un anno prima delle Olimpiadi. La scadenza è una chimera, quindi il progetto ha spostato in avanti i tempi. Assicura l’avvio dei cantieri a metà febbraio 2024, la pre-omologazione per il 15 marzo 2025 (fra 13 mesi), l’omologazione a partire dal settembre 2025, i test event dal primo ottobre, la fine lavori per il 15 ottobre.

Il 18 gennaio mancano 749 giorni all’inizio delle Olimpiadi. Il bando di gara prevede 685 giorni di lavori, di cui 65 giorni nel periodo successivo ai Giochi. Sono quindi 620 i giorni indicati nel cronoprogramma per completare la pista. Ammesso che bastino, serve una deroga del Cio di almeno dieci mesi. Verrà concessa? L’incognita sarà sciolta entro il 31 gennaio, ma prima l’Italia deve trovare ditte disposte a costruire la pista. Giovanni Malagò, presidente del Coni, fautore della soluzione Sankt Moritz, ha detto alcuni giorni fa: “C’è stato un forte senso patriottico, direi partitico, nel voler fare la pista in Italia, ma nel mondo oggi le competizioni internazionali si fanno in più paesi. C’è stata poi una delibera del comitato esecutivo del Cio che ha preso atto di un dato di fatto, ovvero che la pista non si poteva fare. Non so se abbiamo la forza di far cambiare idea al Cio”. Per Malagò esiste anche un altro problema, un piano di sostenibilità post-olimpica. “In Piemonte (Cesana Pariol, ndr) c’è la certezza che verranno dati determinati contributi e c’è un piccolo appannaggio anche della Federazione Italiana. Al momento non mi risulta che questo ci sia a Cortina”.

Il sindaco Gianluca Lorenzi ha dichiarato durante il consiglio comunale di fine anno: “Non dormo alla notte pensando ai conti per mantenere la pista e al rischio di default del Comune”. Cortina dovrà spendere più di un milione di euro all’anno per far funzionare la pista, utilizzata da poche decine di atleti.

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