Il voto del giudizio è arrivato. Stasera la House of Commons (la Camera dei Comuni) voterà in terza lettura il controverso disegno di legge sui ricollocamenti degli immigrati illegali in Ruanda: il mattone centrale del governo di Rishi Sunak, che dunque in queste ore sta scricchiolando. Il Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill, torna a Westminster rimpolpato con nuove garanzie legali per la Corte Suprema britannica, che lo aveva già bocciato in appello giudicandolo illegale perché il Paese africano non sarebbe sicuro per i richiedenti asilo.
A dare l’idea dell’atmosfera, urla di scherno e risate hanno rimbombato tra le poltrone verdi della camera dei Comuni nella seduta settimanale del question time con il primo ministro, trasformata in un siparietto di parlamentari indisciplinati che non hanno perso l’occasione per scaldarsi prima delle sei ore di dibattito che precedono il voto. A partire dal leader laburista Keir Starmer, infervorato dalla ghiotta occasione che può farlo scivolare liscio verso Downing Street: “Il governo è stato forzato ad ammettere di aver perso contatti con l’85% degli immigrati che sarebbero dovuti essere mandati in Ruanda, sono stati ritrovati?”, chiede sornione quello che è dato come il prossimo primo ministro. La domanda grava su un disperato Sunak che per tutta risposta si attacca al mantra: “Abbiamo ridotto il numero di immigrati di un terzo, abbiamo respinto nei Paesi d’origine 20mila persone“.
“Sì, ma come si fa a perdere 4.250 persone?”, incalza Starmer tra il coro del suo partito “Dove sono? Dove sono?”. Senza fare a Sunak nessuno sconto: “Questo piano è già costato ai contribuenti 400 milioni di sterline e non è stato ancora in grado di inviare nessuno in Ruanda. È una farsa”. Sunak si difende inviando un velato messaggio anche ai suoi ribelli: “Il piano Ruanda è importante per avere un deterrente efficace che risolva il problema dei gommoni illegali sulla Manica, è senza dubbio la legislazione anti-immigrazione illegale più robusta che si sia vista a Westminster“.
Nervi tesi e sorriso torto, con una mannaia pronta a cadergli sul collo, il premier Sunak (che al voto in prima lettura sul disegno di legge aveva sventato il crollo del suo governo per il rotto della cuffia, con 313 voti favorevoli e 279 contrari) sta usando il pallottoliere: i possibili voti contrari di stasera e le mine politiche che i ribelli dell’ultradestra conservatrice potrebbero continuare a gettare sulla sua autorità, provocando l’implosione definitiva di un partito incancrenito dalle faide interne, oltre alla potenziale deflagrazione della sua stessa poltrona, innescherebbero elezioni che avverrebbero prima anche rispetto alla data prevista per quest’autunno.
La bomba, squisitamente politica, è già esplosa ieri sera, con le dimissioni di altri tre nomi chiave del partito, inclusi i vicepresidenti dei Conservatori Lee Anderson e Brendan Clarke-Smith, in testa alla rivolta di 60 conservatori, di stampo brexiteer, che hanno votato contro l’attuale disegno di legge del loro leader, reclamando una legge più intransigente verso le normative internazionali e che di fatto alzi il dito medio ai tribunali che potrebbero continuare a bloccare i voli per Kigali.
Cosa faranno stasera? rientreranno nei ranghi votando a favore della legge di Sunak per sbloccare l’estenuante impasse Ruanda? O resteranno fermi sulle loro posizioni dando scacco matto al loro premier? Come se non bastasse, oltre ai ribelli e alle opposizione su Sunak stringe ora anche un frustrato presidente ruandese, Paul Kagame, che poco fa ha annunciato che “non si può continuare a tirare l’implementazione del piano per le lunghe”, dicendosi pronto a mollare l’accordo con il Regno Unito restituendo al governo quanto ricevuto. L’autorità del premier fa acqua da tutte le parti, in un braccio di ferro legislativo e politico su una poltrona che ormai ha i giorni contati.