È durata un’ora e mezza l’audizione di Giuseppe Conte davanti al Giurì d’onore della Camera. “È tutto secretato“, ha detto il leader del Movimento 5 stelle, uscendo dalla Biblioteca del Presidente a Montecitorio. L’organo giudiziario interno alla Camera è chiamato a giudicare la fondatezza delle accuse rivolte dalla premier Giorgia Meloni nei confronti di Conte a proposito della firma dell’accordo sul Mes ai tempi in cui sedeva ancora a Palazzo Chigi.
L’ex presidente del consiglio è arrivato portando con sé “una montagna di fascicoli e documenti”. Alla fine dell’audizione Conte ha solo ringraziato i cronisti che lo attendevano e si è limitato a confermare che non saranno convocati altri testimoni. Secondo il calendario stilato dalla Commissione d’indagine, domani alle 12 sarà audita la presidente del Consiglio. A presiedere la commissione speciale, che dovrà riferire alla Camera entro il 9 febbraio, è Giorgio Mulè, esponente di Forza Italia, mentre gli altri membri sono i deputati Fabrizio Cecchetti (Lega), Alessandro Colucci (Noi moderati), Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi Sinistra).
A invocare l’intervento del Giurì d’onore era stato Conte, dopo l’attacco lanciato da Meloni in aula contro l’ex ministro Luigi Di Maio e i 5 stelle a proposito della riforma del Mes, il fondo salva Stati. Alla Camera Meloni aveva sventolato platealmente un foglio con un fax del gennaio 2021 in cui Di Maio autorizzava a ratificare l’accordo di modifica del Mes. “Se negate che il Governo Conte, alla chetichella, abbia dato l’assenso alla riforma del trattato del Mes, vi ho portato un bel fax: ‘Per il rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea ambasciatore Maurizio Massari, la signoria vostra è autorizzata a firmare l’accordo recante modifica del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità’, firmato Luigi Di Maio. Questa firma è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando il governo Conte era dimissionato, in carica solamente per gli affari correnti, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani e con il favore delle tenebre”. In realtà non è corretto dire che il governo Conte agì col “favore delle tenebre“: il 9 dicembre 2020 una risoluzione approvata dall’allora maggioranza (M5s, Pd, Iv, Leu) approvata in entrambi i rami del Parlamento impegnò l’esecutivo “a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Eurosummit sulla riforma del trattato del Mes”. A quel punto Di Maio chiese di ratificare l’accordo il 20 gennaio, mentre Conte si sarebbe dimesso solo sei giorni dopo, il 26 gennaio.