Il reato corretto da contestare a chi si esibisce nel saluto romano è quello di cui all’articolo 5 della legge Scelba, “Manifestazioni fasciste”, che punisce “chiunque compie pubblicamente manifestazioni usuali al partito fascista” con “la pena della reclusione sino a tre anni e la multa da duecentomila a cinquecentomila lire”. Ma il braccio teso è penalmente rilevante solo se, “avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idoneo a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito“. Quindi, ad esempio, non se praticato in contesti privati o commemorativi. Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Corte di Cassazione – lo speciale collegio che risolve i contrasti interpretativi interni – annullando con rinvio la condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di otto militanti di CasaPound, che si erano prodotti nel saluto e nella “cerimonia del presente” il 29 aprile del 2016 durante la cerimonia in ricordo di Sergio Ramelli, il 19enne missino ucciso a Milano nel 1975 (video). La decisione arriva a pochi giorni dalla polemica politica innescata dalle centinaia di saluti romani alla commemorazione della strage di via Acca Larentia a Roma (video).
Il dilemma che le Sezioni unite erano state chiamate a sciogliere era il seguente: le braccia tese sono reato solo se alimentano “in concreto” il rischio di un ritorno del partito fascista? O basta il pericolo “astratto” insito nell’inneggiare a un’ideologia violenta e discriminatoria? Sul tema l’orientamento dei giudici finora era stato oscillante: a volte avevano escluso la rilevanza penale del gesto per l’inesistenza di un rischio concreto per lo Stato, in altri casi avevano valorizzato il peso simbolico del richiamo a un’ideologia antidemocratica. Anche il reato contestato era variabile: qualche volta l’accusa si basava sull’articolo 2 della legge Mancino, che vieta in pubblico “manifestazioni esteriori” tipiche di organizzazioni violente e discriminatorie, più spesso sull’articolo 5 della legge Scelba, che, come detto, punisce più nello specifico “chiunque compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista”. Il massimo collegio della Suprema Corte ha aderito a quest’ultima tesi, aggiungendo però che “a determinate condizioni” possono configurarsi entrambi i delitti allo stesso tempo.
In udienza il pubblico ministero, l’avvocato generale Pietro Gaeta, aveva espresso lo stesso ragionamento, pur chiedendo la conferma della sentenza: “Acca Larentia con cinquemila persone è una cosa diversa da quattro nostalgici che si vedono davanti ad una lapide di un cimitero di provincia ed uno di loro alza il braccio. La nostra democrazia giudiziaria è forte e sa distinguere”, aveva detto. “È ovvio che il saluto fascista sia una offesa alla sensibilità individuale”, ma diventa reato “quando realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico. Non possiamo avere sentenze a macchia di leopardo in cui lo stesso gruppo viene assolto da un tribunale e condannato da un altro”, sottolineava. Malcelata soddisfazione da parte del presidente del Senato Ignazio La Russa, cresciuto nel Movimento sociale, che all’indomani del caso Acca Larentia aveva detto di “attendere con interesse” il pronunciamento: dall’entourage della seconda carica dello Stato fanno sapere immediatamente che la decisione delle Sezioni unite non è passata inosservata e anzi “si commenta da sola“.
Esultano platealmente, invece, i militanti di Casapound, che d’ora in poi potranno sentirsi liberi di tendere le braccia a ogni cerimonia per le vittime nere degli anni di piombo. “La decisione della Cassazione che annulla la sentenza di condanna per le otto persone identificate che hanno partecipato alla commemorazione di Sergio Ramelli nel 2016 è una vittoria che finalmente mette fine a una serie di accuse che non avevano alcun senso, con buona pace di chi, ad ogni “presente”, invoca condanne e sentenze esemplari”, si legge in una nota del movimento. “Il saluto romano sarà reato solamente se c’è un effettivo pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, cosa assolutamente esclusa nel caso di commemorazioni. Questa vittoria mette la parola fine anche alle polemiche indegne che si sono scatenate dopo la commemorazione di Acca Larentia dove, invece di indignarsi perché dopo quarant’anni degli assassini sono ancora a piede libero, la sinistra democratica ha subito chiesto processi e condanne per chi ha deciso di ricordare”.