Cinema

La Petite, l’immenso Fabrice Luchini nonno “surrogato” in un’opera profonda e intensa

Chi ci legge sa che qui, siamo del partito Fabrice Luchini. Un attore immenso che da quarant’anni matura e sorprende di film in film. Capita poi un’opera così tramortente e profonda come La Petite, scritta e diretta da Guillaume Nicloux (La religieuse, ma anche due film con protagonista Michel Houellebecq), un abito che Luchini si infila con grazia e che gli calza a pennello in ogni sua piega. E a quel punto capisci cosa significhi recitare, nonché scrivere un film che prevede questa intensità di presenza. Giusto il tempo di qualche titolo di testa che scorre sugli interni campagnoli della raffinata bottega da restauratore del 68enne Joseph (Luchini) e subito arriva lo squillo del telefono ad annunciare disgrazia.

Il figlio di Joseph risulta disperso in un incidente aereo assieme al suo compagno. La corsa in auto con la figlia presso l’unità di crisi istituzionale rivela sia che non ci sono speranze per la sopravvivenza dei due fidanzati, sia che la coppia aspettava un bambino tramite madre surrogata in Belgio. Scosso da cosa ne sarà del futuro bebè, come dal capire se ne è l’effettivo nonno, Joseph va alla ricerca della giovane burbera e scostante fiamminga che sta portando in grembo il nipote.

Ecco, La Petite è un film che procede nel grado emotivo e nelle svolte narrative attraverso le espressioni del viso e gli stati d’animo riprodotti da Joseph/Luchini: attonito, affranto, incuriosito, compassato, ostinato, infine disteso, fiero e probabilmente felice. Attorno alla magnetica, minuziosa e minimale immensità del protagonista si svelano sottili sottotrame familiari e umane (i genitori schivi, gelidi e conservatori del compagno del figlio), robusti sottotesti politici (la maternità surrogata è comunque una pratica perniciosa e criticabile) e il tira e molla pervicace tra il protagonista che si apre a un destino legalmente perfino di “padre”, e la mamma surrogata, già mamma di una bimba grande, ruvida ragazza borderline che preferisce riscuotere le somme pattuite che tenere in braccio la neonata.

Niente miele artificioso pennellato come in una fiction buonista, ma parecchie gravi e complesse asperità modulate tra tenerezza (l’inseguimento rallentato in bicicletta tra i canali di Gand, per dire) e durezza pratica (si contratta di soldi ovunque) del vivere. Nicloux gioca ad intervenire stilisticamente il meno possibile, concentrandosi con una regia piana e precisa su un testo compatto e impenetrabile trafitto infine da raggi di luce nel disgelo. Luchini, dicevamo. Guardatelo e ascoltatelo mentre si trascina barbuto con una giacchetta larga e lisa o appronta un gramelot franco-anglo-fiammingo tutto da ridere, quando scrive il nome della neonata tutto storto su un post-it o quando tenta l’elegante leggerezza da Tre uomini e una culla di annodare un pareo addosso per tenere al petto la neonata: non ce n’è semplicemente per nessuno. Distribuisce Movies Inspired.