L’innalzamento del livello del mare nel Regno Unito e in Europa potrebbe provocare seri danni a infrastrutture e settori economici che ammonterebbero a circa 872 miliardi di euro. In uno scenario del genere, le regioni costiere risulterebbero intuitivamente più a rischio, mentre nell’entroterra alcuni settori potrebbero addirittura sperimentare una significativa crescita economica. Questi, in sintesi, sono i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, condotto dagli scienziati dell’Università tecnica di Delft.
Il gruppo di ricerca, guidato da Ignasi Cortés Arbués, Theodoros Chatzivasileiadis e Tatiana Filatova, ha elaborato dei modelli per prevedere gli impatti associati all’innalzamento del livello del mare. Per l’indagine, sono state considerate le possibili conseguenze in 271 città europee, in un arco di tempo che riguarda i prossimi 76 anni, fino al 2100.
Nel primo scenario analizzato, gli studiosi hanno ipotizzato un futuro ad alte emissioni, in cui le coste non adopererebbero alcuna misura di protezione. Il modello economico è stato combinato con i dati relativi alle tendenze degli investimenti e alla distribuzione delle perdite economiche provocate da 155 eventi di inondazione verificatisi in tutta Europa tra il 1995 e il 2016. Stando a quanto emerge dall’indagine, i danni economici causati dalle inondazioni costerebbero all’Unione Europea e al Regno Unito circa 872 miliardi di euro.
In un altro scenario, gli esperti hanno invece considerato un innalzamento nullo del livello del mare e una crescita economica pari al due per cento per tutte le regioni analizzate. Anche in questo caso, riportano gli autori, le conseguenze economiche sarebbero importanti, anche se più contenute. Secondo il modello, spiegano gli scienziati, le perdite economiche più rilevanti potrebbero raggiungere il 21 per cento del Prodotto interno lordo (PIL) in alcune regioni costiere. Veneto, Emilia-Romagna e Zachodniopomorskie, in Polonia, potrebbero subire le conseguenze più serie. Allo stesso tempo, le regioni intorno al Mar Baltico, alla costa belga, alla Francia occidentale e alla Grecia potrebbero sperimentare effetti importanti.
Al contrario, riportano gli esperti, in alcune aree nell’entroterra, come Germania, Austria e Ungheria si potrebbe osservare un incremento potenziale del PIL fino all’1 per cento. Questo perché, ipotizzano gli autori, alcuni settori produttivi si sposterebbero dalle coste inondate alle regioni interne, provocando un aumento nella crescita economica.
Il team ha valutato anche l’eventuale effetto derivante dall’adozione di investimenti mirati nei vari settori economici considerati più a rischio. Questa prospettiva sembra associata a un impatto trascurabile sull’economia delle regioni considerate, ma a un rischio significativamente inferiore di perdite economiche legate ai danni da inondazione. In particolare, sottolineano gli scienziati, il Lincolnshire, l’East Yorkshire, il Kent, Brema, Weser-Ems e le Fiandre occidentali mostrerebbero i miglioramenti più importanti.
Questo lavoro, spiegano gli esperti, mostra l’importanza di adottare politiche di prevenzione specifiche per le varie regioni europee e britanniche. L’implementazione di misure mirate potrebbe infatti fornire gli strumenti adatti ad affrontare gli impatti disomogenei che deriverebbero dall’innalzamento del livello del mare.
“Il nostro lavoro – ha spiegato Filatova durante una conferenza stampa di presentazione dello studio – ha diverse implicazioni sulle possibilità degli investimenti. Sapere quali potrebbero essere i punti deboli e gli hotspot di interesse associati al rischio di inondazione potrebbe infatti aiutare i decisori e i responsabili a dirottare i fondi e gli investimenti necessari a proteggere determinate infrastrutture. Per questo la definizione e il riallineamento dei settori dovrebbe tenere conto delle possibili conseguenze che l’innalzamento del livello del mare avrebbe non solo sulle coste, ma anche nell’entroterra”.
“Lo scopo della nostra ricerca – concludono gli scienziati – non voleva essere quello di spaventare il lettore con numeri inquietanti, ma volevamo fornire uno strumento in grado di ipotizzare un potenziale quadro della situazione nei prossimi decenni. Speriamo che questi risultati possano contribuire alla definizione di obiettivi chiave orientati alla protezione delle coste, ove possibile, e al riallineamento mirato dei settori e delle infrastrutture che non possono essere protetti”.
di Valentina Di Paola