A quasi 62 anni Carlos Sainz è diventato i più anziano vincitore della Dakar. Sul traguardo di Yanbu, sulle sponda saudita del mar Rosso, lo spagnolo ha conquistato assieme al connazionale Lucas Cruz la quarta affermazione, con case automobilistiche diverse: Volkswagen (2010), Peugeot (2018), Mini (2020) e, quest’anno, con Audi. È un successo storico perché mai prima d’ora il rally raid più duro al mondo (46 edizioni dal 1979 in poi, 5 in Arabia) era stato vinto da un veicolo ad alimentazione alternativa, il prototipo elettrico ad autonomia estesa Rs Q e-tron.
Nella generale assoluta el Matador ha preceduto il sorprendente rallista belga non certo di “prima fascia” Guillaume de Mevius, al volante di un Toyota Hilux della scuderia Overdrive: un podio estremamente significativo alla sua terza apparizione. Sébastien Loeb, il “cannibale”, che fino a mercoledì sera era secondo e inseguiva Sainz a una manciata di minuti, giovedì ha rotto la sospensione ed è rimasto in gara solo grazie al supporto di un equipaggio cinese con lo stesso Hunter della Prodrive (la scuderia che nel 2025 supporterà Dacia nella sua “avventura” desertica), ha chiuso terzo assoluto. Venerdì ha conquistato la sua ventottesima tappa alla Dakar, la quarta del 2024, ma è riuscito “solo” a confermare la terza posizione assoluta.
Quarto e quinto due piloti che hanno ottenuto il loro miglior piazzamento: Guerlain Chicherit (Overdrive) e Martin Prokop con un Ford Raptor. Il primo fra i piloti del team ufficiale di Toyota, il Gazoo Racing, è stato il debuttante sudafricano Guy David Botteril, sesto. Il primo italiano è stato Maurizio Gerini, navigatore della spagnola Laia Sanz (Astara), 15° della generale. Da segnalare un quarto posto di tappa per Eugenio Amos e Paolo Ceci (Overdrive): sono rimasti ai piedi del podio per 5” dopo aver dovuto subito una penalità.
Le soddisfazioni “azzurre” sono arrivate dalla Classic, riservata ai veicoli d’epoca, che l’anno scorso era stata archiviata con un equipaggio italiano sul podio: Paolo Bedeschi e Daniele Bottallo, terzi con una Toyota BJ71. Nel 2024 è andata anche meglio: i due si sono confermati sul podio (non male per due apparizioni al rally raid), ma davanti a loro si sono inseriti Lorenzo Traglio e Rudy Briani (Tecnosport Rally). La coppia della scuderia comasca al volante di un Nissan Pathfinder ha vinto tre tappe e alla partenza della frazione conclusiva aveva appena una lunghezza da recuperare a Carlos Santaolalla Milla e Jan Rosa I Viñas. Traglio e Briani non sono riusciti a superare gli spagnoli, che si sono così imposti dopo essere arrivati secondi un anno fa. Nella Top 10 anche Marco Ernesto Leva e Alexia Giugni (R Team) con un Mitsubishi Pajero.
Il californiano Ricky Brabec ha vinto la gara delle moto e Honda ha quasi assediato al podio perché oltre al primo, ha occupato anche il terzo gradino con il francese Adrien van Beveren. Secondo posto per il centauro del Botswana Ross Branch, in sella all’indiana Hero. Fuori dal podio la tradizionale protagonista della Dakar, la Ktm, che fra gli altri schierava il vincitore della passata edizione, l’argentino Kevin Benavides, quarto alla fine. Il primo italiano ha un cognome importante: Gioele Meoni (47°) è il figlio dell’ultimo pilota azzurro ad essersi aggiudicato una Dakar, Fabrizio, morto tragicamente in gara nel 2005. Paolo Lucci (Bas World Ktm) era quindicesimo assoluto quando è stato costretto al ritiro. Buono anche l’esordio del costruttore italiano Fantic, che soprattutto grazie a Tommaso Montanari ha ottenuto piazzamenti nella Top 20.
L’argentino Manuel Andujar (Yamaha) ha vinto a gara dei quad e il ceco Martin Macik (MM Technology) ha portato al successo un Iveco Powerstar fra i truck. Con lo stesso autocarro della medesima scuderia Claudio Bellina (miglior piazzamento come pilota finora), Bruno Gotti e Marco Arnoletti hanno chiuso ottavi.
Anche quest’anno la prova è stata funestata da un decesso, quello del 45enne centauro spagnolo Carles Falcon: dal 1979 in poi le vittime fra i partecipanti sono state 28 (78 con il pubblico: l’anno scorso era morto un tifoso italiano che si era fatto sorprendere dietro una duna da un camion).