“Non si può pensare di tornare a una vita normale a Gaza, e non lo si potrà pensare per tanto tempo. Non è rimasto più niente, le persone non hanno più una casa, il Nord di Gaza è totalmente distrutto”. A parlare durante la conferenza stampa di Medici Senza Frontiere, tenutasi oggi pomeriggio a Il Cairo, è Enrico Vallaperta referente medico di Msf a Gaza che insieme a Helen Ottens-Patterson, coordinatrice di Msf per la Striscia di Gaza, hanno voluto aggiornare la comunità internazionale sulla pesante crisi umanitaria causata dalle bombe israeliane, che in questo momento tiene sotto scacco 1,8 milioni di sfollati palestinesi e che fino a oggi ha causato oltre 23mila morti e 60mila feriti tra i civili, di cui la maggior parte donne e bambini.

Stando ai dati dell’associazione, prima del 7 ottobre sull’intero territorio della Striscia erano attivi ben 36 ospedali, oggi di strutture sanitarie operative ne sono rimaste appena 13, 9 nelle zone sud e 4 al nord. “Noi come Msf siamo presenti a Gaza da oltre 20 anni, ma una situazione così non ci si era mai presentata, non spetta a noi dire se sia in corso un genocidio, quello sarà una corte internazionale a stabilirlo, ma siamo in grande difficoltà” riporta Helen Ottens-Patterson .

La stessa Medici senza frontiere recentemente ha riportato sui suoi canali web come nell’ultimo periodo sia stata direttamente “colpita” dalle bombe, episodi che hanno causato la morte di una bambina di 5 anni il 10 gennaio, figlia di un membro dello staff di Msf, uccisa a causa delle ferite riportate dall’esplosione di una granata l’8 gennaio mentre si trovava all’interno di un rifugio in uso all’associazione medica.

La bambina era stata operata d’urgenza presso l’European Hospital di Gaza. Prima dell’episodio Medici senza frontiere aveva notificato all’esercito israeliano che, in quell’area vicino l’ospedale c’era il rifugio che ospitava i medici, lo staff e le loro famiglie. L’associazione ha fatto sapere di non essere in grado di confermare l’origine della granata, ma che comunque sembrerebbe assomigliare a quelle in dotazione ai carri armati israeliani.

C’è rammarico nella voce di Enrico Vallaperta: “Noi del personale siamo stati costretti a evacuare l’ospedale di Al-Aqsa a inizio gennaio perché le bombe cadevano a 200mt dall’ospedale, e decidere di evacuare è sempre una situazione difficile perché non è possibile spostare i pazienti. L’ospedale Al-Aqsa di Gaza normalmente piò disporre di 240 posti letto. Oggi i pazienti sono più di 600”.

A chi gli chiede se durante la sua permanenza nell’ospedale avesse mai notato la presenza di membri di Hamas, il medico italiano risponde: “Io non ho mai chiesto a nessuno da che parte stesse, per me erano tutti pazienti”.

Vallaperta parla anche della crisi dei medicinali: “La mancanza di medicinali continua ad essere drammatica per molti colleghi medici. Mi hanno raccontato di un chirurgo che ha dovuto amputare l’arto di sua figlia, a casa, senza anestesia dopo un bombardamento. E ci sono moltissime testimonianze così”.

Gran parte dello staff di Medici senza frontiere in questo momento si è spostato a sud della Striscia dove ci sono migliaia di sfollati costretti a vivere per strada al freddo, senza cure e senza cibo. Il dottor Vallaperta conclude e manda un messaggio: “Stiamo iniziando a curare casi di malnutrizione, che sta aumentando a Gaza. Ma non c’è abbastanza cibo. Mancano le forniture necessarie. Come si può curare la malnutrizione se non c’è abbastanza cibo? Nessuno avrebbe potuto immaginare la malnutrizione a Gaza. A oggi non esistono più posti sicuri, l’unica cosa a cui si può pensare è il cessate il fuoco immediato”.

di Tommaso Panza

La raccolta fondi di Medici senza Frontiere per gli ospedali di Gaza, insieme alla Fondazione Fatto Quotidiano.

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