Botta e risposta a Otto e mezzo (La7) tra il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e Francesco Giubilei, presidente di Nazione Futura, movimento di destra vicino a Fratelli d’Italia. Tema della querelle è la stretta sulle intercettazioni voluta dal Guardiasigilli Carlo Nordio e dal governo Meloni.
Giubilei definisce le restrizioni “di buon senso” e dettate da un anelito “garantista”, aggiungendo: “In base alla nuova legge non si possono pubblicare i nomi di terze parti che finiscono nelle intercettazioni. Se due criminali sono intercettati telefonicamente e nel loro discorso mettono in mezzo me, Gruber o Travaglio, per quale motivo il mio nome, quello di Gruber o quello di Travaglio deve essere associato a quello di mafiosi che stanno parlando in generale?”.
Dipende da quello che diciamo nello specifico io, lei o Travaglio“, obietta la conduttrice Lilli Gruber che incalza Giubilei chiedendogli di fare esempi precisi.

Giubilei risponde che casi di nomi di persone non indagate spiattellati sui giornali si sono verificati “centinaia di volte” ma non ne menziona i nomi “per eleganza”.
“Sì, ma i telespettatori vogliono capire – ribadisce la giornalista – Ci faccia un esempio concreto”.
Il giovane presidente di Nazione Futura continua a glissare e non risponde nel merito. Travaglio dissente da Giubilei e racconta la sua recente esperienza personale: “Un boss milanese mi ha nominato in una intercettazione chiamandomi “cornuto” e dicendo che bisognava farmi del male perché continuavo a far scrivere della sua cosca e delle sue imprese. Io non mi sono minimamente offeso del fatto che il mio nome fosse finito nelle sue intercettazioni, perché finché un mafioso mi chiama “cornuto” e dice che vuole farmi del male, vuol dire che sto facendo bene”.
E aggiunge: “Se quel boss mafioso avesse detto che tal ministro era andato a cena tutte le sere con lui, allora quello mi sarebbe interessato, perché magari il fatto che un ministro vada a cena con un mafioso non è reato, ma io cittadino lo devo sapere, sia che sia reato, sia che non sia reato. Quindi, ha ragione Lilli quando dice che tutto dipende da cosa dicono i soggetti coinvolti nelle intercettazioni”.

Giubilei ribatte: “Talvolta anche i singoli cittadini che non hanno ruoli pubblici finiscono dentro queste intercettazioni pubblicate sui giornali e rischiano di avere la vita rovinata”.
“I cittadini comuni – replica Travaglio – non finiscono nelle intercettazioni, perché i giornali non hanno alcun interesse a pubblicare i loro nomi. Infatti ogni volta che vi chiedono di fare degli esempi di poveri cittadini anonimi finiti nelle intercettazioni, non riuscite mai a dire un caso, perché di casi non ce ne sono più da quando è stata approvata una riforma 4 anni fa”.
“Allora mi impegno pubblicamente a darle un bell’elenco così lo leggiamo insieme”, risponde Giubilei, mentre Travaglio annuisce sorridendo.

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