Politica

Le strane convergenze tra il Piano casa di Salvini e quanto accade nella progressista Milano

Come è noto dallo scorso 19 dicembre 2023 e in ultimo il 16 gennaio 2024, sono in corso i lavori per definire quello che il ministro Salvini ha indicato come un imponente “Piano Casa” a partire dal 2025. A volte i titoli non dicono tutto, anzi, possono essere fuorvianti. Già nel comunicato della riunione del 19 dicembre 2023 il ministro Salvini alzava un polverone affermando che il Mit aveva già previsto di investire nei prossimi anni 100 milioni per finanziare alcune attività: il recupero del patrimonio immobiliare esistente e riconversione di edifici aventi altra destinazione pubblica; la destinazione ad edilizia residenziale pubblica sociale delle unità immobiliari private rimaste invendute. Obiettivi anche interessanti, peccato che quei 100 milioni di euro saranno disponibili, vedi ultima legge di bilancio, 50 milioni di euro nel 2027 e 50 milioni di euro nel 2028. Ma tant’è, il ministro Salvini ci ha abituato ad annunci roboanti.

Chi sono i soggetti chiamati a partecipare al tavolo del Mit che dovrebbero definire un imponente piano casa? Eccoli: Fondazione Cariplo, Unipol, Confindustria Assoimmobiliare, Monte dei Paschi di Siena, Intesa San Paolo; CDP – Real Estate, Agenzia del Demanio, INPS, INAIL, Fondazione Inarcassa, Federcasa, Associazione Professionisti Settore Immobiliare, Unione Immobiliare, Arpe Roma; Unioncasa, Associazione Bancaria Italiana, ANCE, Confedilizia, Confcooperative, Confabitare, Fondazione Enasarco, Ordine degli architetti, Ordine degli ingegneri, Legacoop, Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali, Associazione Nazionale Agenti e Mediatori d’Affari, Federazione Italiana Mediatori Agenti D’Affari, Associazione Agenti Immobiliari Riuniti, Confassociazione Real Estate, Nomisma, Associazione Piccoli Proprietari Case, e ovviamente Anci e Regioni.

Come si vede quasi tutti soggetti che della lotta alla esclusione sociale, della rinuncia al profitto, del contrasto alla rendita immobiliare, ne hanno fatto una bandiera e una iniziativa intransigente. A parte l’ironia. Quella composizione richiama ad una idea di casa che si fonda sul mercato, che sarebbe capace di rispondere a tutto, sia nell’offerta che nella riduzione degli affitti.
Una favoletta raccontata dal 1998 quando, con la legge 431 di riforma delle locazioni, si abbandonava l’equo canone, per dare sfogo al libero mercato. Ci dicevano che cosi sarebbe aumentata l’offerta in locazione e, aumentando l’offerta, sarebbero calati gli affitti. Con tutta evidenza, una fandonia, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti.

In realtà Salvini, che non a caso ha escluso tutti i sindacati inquilini, dal Tavolo ministeriale, vuole semplicemente varare un piano casa che non si rivolge agli sfrattati, non si rivolge alle 983.000 famiglie in affitto ma in povertà assoluta, né, tantomeno, alle centinaia di migliaia di famiglie nelle graduatorie, che del resto non nomina mai.

Il Piano casa che ha in mente Salvini è una operazione economica ed edilizia tutta a vantaggio di privati, ovvero immobiliaristi e soggetti economici che sono chiamati a mettere le mani sugli immobili inutilizzati, recuperarli e portarli a reddito. Il loro. Questa la “valorizzazione” di cui parla Salvini. Poi a seguire smantellamento degli enti gestori di case popolari per immetterli sempre più nel mercato, con la ciliegina finale della vendita delle case popolari.

Del resto questi desiderata si incrociano con le politiche abitative, per esempio, del Comune di Milano che con la Deliberazione della Giunta Comunale n. 15 del 11 gennaio 2024, ha definito le Linee di indirizzo per la sottoscrizione di lettera di intenti tra il Comune e Invimit SGR S.p.a finalizzata alla valutazione della possibilità per il Comune di partecipare alla strutturazione di operazioni funzionali alla istituzione di fondi di investimento alternativi italiani immobiliari riservati o di comparti di fondi di investimento, per, guarda caso, la “valorizzazione”, la gestione e l’implementazione del patrimonio abitativo comunale presente e futuro. Anche la deliberazione di Milano parla di incremento, entro il 2030, parziale di case popolari (2.000 alloggi) ma soprattutto di edilizia sociale (10.000), e parla di “valorizzazione” che nasconde sempre la vendita di edilizia pubblica, con il passaggio a fondi immobiliari e la supervisione di Invimit. Con, ovviamente, un approccio mercantile che contraddice un intervento pubblico, che dovrebbe rivolgersi, prioritariamente alle famiglie povere.

A grandi linee, culturalmente, non vedo un approccio diverso tra il Tavolo di Salvini, e, per esempio, le scelte del Comune di Milano. Del resto non è stato forse l’Assessore Maran che ha detto che i poveri possono anche andare a vivere oltre i confini di Milano? Il Pd condivide queste impostazioni?