Il passaggio più duro dell’ordinanza del Riesame di Salerno, secondo cui il resort extralusso dell’isolotto “Li Galli” di Positano è la fotografia di una clamorosa lottizzazione abusiva e dunque va confiscato, si legge a pagina 38. I giudici censurano “la tracotanza” dell’attuale proprietà (la società “Li Galli di Giovanni Russo & C. snc” amministrata da Elsa Russo, ndr) “che, nonostante il vincolo di inedificabilità assoluto gravante sull’isola; le ingiunzioni di demolizione; i dinieghi di condono; l’ordine di sospensione dell’attività lottizzatoria, prosegue imperterrita nella propria attività di stravolgimento del territorio”. È un richiamo a lavori recenti, recentissimi. Non appurati nemmeno nel sopralluogo congiunto Finanza-Utc di luglio scorso, ma riscontrati in un sopralluogo successivo, a dicembre, e in particolare la merlatura di una delle ville del resort. Poco prima che il giudice per le indagini preliminari di Salerno disponesse il primo sequestro, sanzionando gli abusi ma rigettando l’ipotesi di una lottizzazione abusiva.
Le 41 pagine dell’ordinanza che accoglie il ricorso della Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli – un documento che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare – sono la sintesi della storia di una trasformazione completa, e per certi versi violenta, dell’isola e delle sue peculiarità. Nel 1936 c’erano solo una torre di guardia, i ruderi dell’antica villa romana, della cisterna, dell’approdo e una casetta rifugio dei pescatori (forse la casa padronale registrata sulla planimetria).
Ora è diventata di fatto un complesso alberghiero piccolo nelle dimensioni ma grande nel lusso e nel confort, che produce fatture da 700.000 euro alla volta (come quella rilasciata a un avventore americano che ha soggiornato qui un mese tra giugno e luglio del 2019). E può chiederle alla sua selezionata, rinomata e ricchissima clientela perché, si legge nel provvedimento, siamo di fronte a “plurime suite di lusso dotate di bagno; percorsi pedonali e carrabili attraverso mini cars; sedute in muratura; zone esterne destinate al pranzo; piscine a sfioro a servizio di ogni immobile; una zona benessere (così modificato il locale “Approdo e ormeggio barche”); una struttura centrale (Villa Lunga) costituita da depositi, sala ristorante e ricevimento clienti; una chiesa (così modificato un locale deposito); di una elisuperficie per consentire il raggiungimento dell’isola con elicottero”.
Insomma, un resort di enorme pregio, frutto di lavori “non soltanto senza alcun permesso di costruire ma in violazione di tutti i vincoli esistenti sull’isola per i quali non risultano rilasciati e nemmeno richiesti pareri, nulla osta, autorizzazioni da parte degli organi di vigilanza competenti”. Che hanno “completamente stravolto l’assetto territoriale dell’isola, qualificato, dal piano urbano del traffico adottato nel 1987 e dal vigente piano regolatore comunale adottato con delibera del Commissario ad acta del 04.02.1999 quale “area 7a, tutela naturale di primo grado” e “Area naturale di inedificabilità sia pubblica che privata”.
Fino “a fra perdere allo stesso, completamente, la sua destinazione di: bene naturale (anche per la presenza, su di esso, del mito omerico secondo il quale, nelle sue acque, vi abiterebbero le sirene); bene archeologico (per la presenza dei resti della villa romana); bene storico (per la presenza della torre trecentesca), vincolo di riserva marina, al fine di renderlo un resort di lusso a disposizione di pochi ricchi, disposti a spendere centinaia di migliaia di euro per soggiornarvi ovvero per festeggiarvi compleanni o matrimoni da favola come risulta dalla consultazione di siti ufficiali come Facebook o Instagram”. Il cui funzionamento ha comportato “opere di urbanizzazione sia primaria che secondaria”. Un prerequisito della contestazione della lottizzazione. Anche l’attività recettiva sarebbe per certi versi abusiva. Gli investigatori e il pm hanno documentato che tutto è iniziato con una domanda da b&b e poi proseguito con una da affittacamere con denominazione “La Torre dei Galli”. Nell’ordinanza non c’è traccia di altro.